trenta.

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置いていかないでください。

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置いていかないでください。

«Ah, ciao» mi saluta Levi mentre entro a passo spedito in camera sua «Non mi aspettavo di trovarti qua.»
Gli afferro il colletto della camicia con tutta la forza di cui dispongo. «Quando avevi intenzione di informarmi della tua partenza?!» grido senza nemmeno salutarlo.

Vengo strattonato via in mezzo secondo, non devo dimenticarmi che ho a che fare con un militare. Riacquisto l'equilibrio giusto un attimo prima di sbattere il fondoschiena a terra.

«Mai, esattamente per colpa di queste scenate» risponde, sospirando e passandosi una mano tra i capelli.
«Se me l'avessi detto non avrei reagito in questo modo!» continuo a urlare, incurante di chi possa sentirmi e di risultare uno psico labile.

«Eren» rimane a distanza debita da me, sedendosi sul davanzale della finestra e accendendosi una sigaretta «Non muoio mica, datti una calmata.»

Stringo i pugni e mi si attorciglia lo stomaco. È difficile tenermelo stretto anche quando siamo insieme, figuriamoci se se ne va chissà dove per nove mesi. È chiaro che non è mai stato qualcosa di mio, e per quanto io ci abbia provato non mi ha mai considerato suo: lo perderò senza ombra di dubbio.

A causa di queste riflessioni comincio a piangere dalla frustrazione. «Tu mi abbandonerai per sempre! Nove mesi sono troppi!»
Levi scuote la testa esasperato, poi si alza e si piazza davanti a me, incrociando le braccia al petto.
«Non sono io a prendere queste decisioni» dice «Piantala di fare i capricci.»

Non mi guarda negli occhi, non mi accarezza la testa, non mi prende le mani: sembra non rimanere niente di tutto quello che è stato.

«Ti prego, non andartene» farfuglio, incapace di pensare con lucidità «Non puoi lasciarmi dopo tutto quello che è successo.»
In questo momento non riesco proprio ad agire con coerenza e maturità, sono troppo spaventato.

Levi avvicina con un piede la sedia accanto all'armadio, la gira e si siede poggiando le braccia sullo schienale. «Eren, lo sapevi che prima o poi sarei ripartito» piega la testa di lato «Mi hai assicurato che ti bastava che ti lasciassi passare del tempo con me» sospira ancora «E che ti permettessi di comportarti da innamorato.»

La sua naturalezza, la distanza che sembra avere da me, non mi fa altro che un male insopportabile. «Mi hai solo preso in giro!» grido alzandomi, voglio addossargli la colpa di qualcosa «Sei uno stronzo, ti sei approfittato dei miei sentimenti per fare il pervertito!»

Seppure ho toccato questo delicato tasto, di cui comunque abbiamo già discusso, Levi non reagisce in alcun modo: non mi crede, sa che lo sto solo cercando di provocare; e il fallimento delle mie intenzioni mi fa infuriare ancora di più.

L'uomo davanti a me si alza a sua volta, porgendomi una mano in segno di resa, ma la allontano con uno schiaffo.
«Mi fai schifo, sei solo un pezzo di merda!»
continuo a provocarlo «Vorrei picchiarti e levarti quell'espressione del cazzo dalla faccia!»

Al che Levi sembra perdere la pazienza, stufo dei miei comportamenti infantili. «Vuoi picchiarmi?» domanda retoricamente, alzando il tono della voce «Allora se ti fa sentire meglio fallo» e allarga le braccia, esponendosi totalmente.

Stringo i denti e comincio a tirargli dei cazzotti sul petto, gridando gli insulti peggiori che conosco. Voglio fargli male almeno la metà di quanto lui lo abbia fatto a me, ma per quanti pugni io possa dargli, non accadrà mai. Sembro solo un bambino il cui padre si è rifiutato di comprargli delle caramelle.

Mi stanco dopo nemmeno un minuto, nascondendo il viso sul suo petto e ricominciando a singhiozzare. Ancora una volta, non mi sfiora neanche per sbaglio.

«Sai che ho sempre fatto quello che desideravi portandoti il massimo rispetto e comprensione» dice, calmo «È stato piacevole finché è durato, ora entrambi torniamo normalmente alle nostre vite, okay?»

«T-tu ormai f-fai parte della mia vita» balbetto inciampando sulle mie stesse parole «Non puoi pretendere che io vada avanti come se niente fosse!» proclamo con tutta la convinzione di questo mondo.

«Vedrai che fra qualche tempo tornerai alla tua vita di due mesi fa senza problemi» risponde Levi poco impressionato, probabilmente non ha mai creduto del tutto alla forza dei miei sentimenti.

Mi prende la mano, e per questo semplice ma ardentemente desiderato contatto quasi dimentico tutto. Capisco le sue reali intenzioni soltanto quando apre la porta.
«Eren» sospira, portandomi delicatamente fuori da essa, come se fossi una marionetta «Buona fortuna per tutto.»

E la chiude.

YOUNG - ERERIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora