trentadue.

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LEGGERE L'ANGOLO AUTRICE, PER FAVORE.

È passata una settimana, e nessuno ha più aperto bocca riguardo questa faccenda. A scuola ho aspettato che fossero Mikasa e Armin a cercarmi: questione di neanche due giorni e sembrava tutto tornato alla normalità. Non ho provato ad aprire il discorso, sia perché abbiamo ancora tensioni da allentare fra di noi, sia perché ho l'impressione che ci sia qualcosa che non va, di cui non vogliono parlare.

Forse la mia denuncia non ha avuto nessun effetto? Forse Levi ha delle buone conoscenze in ambito giuridico? Dev'essere così, non è la prima volta che si ritrova in una situazione del genere; e ovviamente non vuole più vedere il ragazzino problematico, e pronto a tutto per puro egocentrismo, che sono.

Ieri ho sentito parlare di sfuggita i miei amici di un incontro a casa di Mikasa, e questa volta è chiaro perché non sono stato invitato. Tuttavia, sono stufo dell'influenza che la mia relazione ha sulla nostra amicizia, così ora mi sto per suonare il campanello di casa della mia amica.

Deglutisco rumorosamente, ho questa tormentosa sensazione di estraneità addosso.
«Ci avrei scommesso che eri tu» dice, con un sorriso molto forzato «Mi dispiace che non te-»

«Non è importante che mi abbiate invitato o meno» lo interrompo «O almeno, non ora» mi correggo, con l'amaro in bocca «Avevo bisogno di venire qui per sapere come stanno davvero le cose» concludo, rivelando la ragione della mia visita inaspettata.

Armin annuisce, come se l'avesse già capito da un pezzo, e mi fa cenno con la mano di entrare. C'è un che di ambiguo nel suo tono a modo e nei gesti così amichevoli, come se provasse pena nei miei confronti. «Io e Mikasa stavamo giocando ai videogiochi» m'informa, invitandomi indirettamente a salire.

Le possibilità d'interpretazione di questa situazione sono talmente tante che non riesco a fare ordine nella testa, finendo per seguire il mio amico come un burattino. Appena entro nella camera, Mikasa mi sorride per la prima volta dopo quasi un mese. Qual è stato il senso di questo implicito e curato allontanamento, se ora sembra che sia tutto così ovattato e normale?

Seguono dei secondi di silenzio che mi bruciano particolarmente, poi Armin sospira con una pesantezza che non gli avevo mai visto addosso.
«Penso sia il momento giusto, che ne dici?» domanda a Mikasa.

Lei annuisce in silenzio, nascondendo la bocca e il naso nella sua sciarpa rossa ed espirandone a fondo il profumo.
«Il momento per cosa?» chiedo impaziente, con un presentimento orribile.

La mora mi tende una mano, che afferro. Mi siedo accanto a lei, mentre stringe le sue dita nelle mie; ed è questione di un secondo per accorgermi che è tutto finito.

«Levi è partito quattro giorni fa.»

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ci tengo davvero a chiarire qualcosa, e vorrei che mi prestaste attenzione per qualche secondo: non ho scritto questa storia solo per sfogare le mie fantasie perverse da fujoshi.
voglio dire, la trama non è un contorno agli amplessi poco casti di eren e levi, non è buttata a caso.
è ovvio che eren per tutta la durata della storia non capisce un cazzo e fa uno sbaglio dietro l'altro: è un ragazzino impacciato e impulsivo alle prese con i suoi primi sentimenti "forti", per di più rivolti un adulto come levi.
i vostri commenti mi fanno piacere, mi fanno capire che la storia vi coinvolge, ma a volte quando vedo cose tipo: "dio, che stupido eren", "muori *personaggio*", "mi fa schifo *personaggio*" mi infastidisco un po'.
è okay che stia antipatico un personaggio, e non pretendo nemmeno che mi illustriate perché nei commenti (non voglio le recensioni stile tripadvisor, per carità), ma... potreste essere più gentil*? educat*? rispettos*?
forse sono io che esagero, ma mi capita di leggere alcuni commenti e rimanerci male.
comunque, se sei arrivat* qui grazie per l'attenzione.

p.s. manca un capitolo alla fine, ma ripeto di non disperarvi. giuro che non è così brutto come sembra.

YOUNG - ERERIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora