1.2 - Ibnago

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  Fu un paio d'anni fa, dopo aver frequentato la cella di Isacco per qualche tempo, che una sera mi chiese se volevo accompagnarlo in una 'piccola missione interessante e pericolosa'

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  Fu un paio d'anni fa, dopo aver frequentato la cella di Isacco per qualche tempo, che una sera mi chiese se volevo accompagnarlo in una 'piccola missione interessante e pericolosa'.  

  Io avevo già assistito a qualche suo esorcismo e sapevo che la maggior parte delle volte erano più che altro interventi psicologici per calmare donne isteriche o tipi schizofrenici; raramente erano eventi con odore di vero paranormale, quindi accettai senza farmi troppi dubbi.

  Accanto ad Isacco respiro una buona aria, per così dire: quando si hanno contatti con il male si avverte sempre una repulsione, spesso sotto forma di leggera avversione per una persona o oggetto, qualche volta lo avverti come un vero senso di nausea o peggio come una zaffata di maleodorante fetore.

  Con Isacco, specialmente quando stiamo in preghiera o studiamo assieme, avverto esattamente la sensazione contraria: la voglia di respirare, di vivere, di cantare le lodi a Dio è padrona di me.

  Fu così che ammaliato dalla sua persona, e chiaramente lui dice la stessa cosa di me, ci trovammo un pomeriggio dalle parti di Ibnago, appena fuori dal paesino già di per sé lontano dalle grandi vie di comunicazione.

  Andammo subito dopo pranzo, allora io ero senza auto e quindi giungemmo con il treno e dopo facemmo a piedi un paio di chilometri verso nord, verso la campagna costellata di macchie d'alberi antichi e vissuti. Percorremmo la strada asfaltata fra le casette, poi dopo l'ultima cascina del paese, dove si trova il vecchio pozzo, girammo sulla stradina sterrata che s'infila sotto la ferrovia in un ponticello strettissimo.

   Dopo il ponte non parlammo più, anche perché la stradina s'inerpica rapidamente spezzando il fiato, su una bassa collina, fra due file di rovi; in cima si trova una grossa porcilaia che appesta tutta la zona di un odore ripugnante che cala dall'alto senza tregua, notte e giorno.

  Comunque proseguimmo sulla stradina, silenziosi, e ancora non avevo chiesto nulla della nostra destinazione, aspettando che parlasse lui. Dietro la collina trovammo finalmente quello che Isacco cercava: una chiesetta col tetto un po' malmesso, ma intero, con annesso una specie di cupo casotto, che deve essere stata la canonica o la sagrestia.

  Tutt'intorno si vedeva il fronte verde scuro di un po' di alberi, che rappresenta l'inizio del Boschetto dei Sussurri, credo che si chiami così, devo controllare.

  Non è che sia un brutto posto, sembra tutto ridente se lo vedi di giorno con un bel sole luminoso, come se fosse una cartolina. Ma se ci stai in mezzo, stordito dal puzzo dei maiali, in una notte scura e ventosa, con il bosco sempre un po' tetro davanti e una chiesetta sconsacrata al centro, ti assicuro che tranquillo non stai.

  Mi girai per dire qualcosa a Isacco, ma lui mi bloccò alzando un dito in un cenno di silenzio. Facemmo il giro della chiesa, che ha un portone ben messo e i vetri delle finestre intatti, ma non ha più nessuna croce sul piccolo campanile. Fra l'altro da sotto non si riesce neanche a vedere se c'è ancora un'ultima superstite campana.

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