Capitolo 3: Stoltezza

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I poliziotti avevano cercato impronte su portone e finestre, ma come temevano, l'intruso aveva indosso dei guanti - Sakura stessa ricordava quel particolare - ed avevano ricevuto un'altra chiamata, lasciando a Sasuke l'onere di interrogarla e decidere come procedere, dopotutto era un loro superiore. 
Lui le aveva fatto raccontare nei dettagli tutta la vicenda, registrando la conversazione, e avevano controllato ogni angolo della casa per vedere se qualcosa mancava all'appello, tuttavia sembrava non mancasse nulla, nemmeno il portafogli della donna che si trovava nella borsa lasciata all'ingresso, accanto all'appendiabiti. 
Quattro ore dopo che un estraneo si era introdotto in casa sua, Sakura crollò per il sonno sul divano di casa sua, avvolta da una coperta fatta all'uncinetto, sotto lo sguardo pacato di Sasuke che ancora rifletteva sugli accadimenti della nottata, mentre scriveva sul suo portatile il rapporto da inviare alla centrale.
La sera precedente, riflettendo sugli oggetti che la donna assassinata aveva addosso, lui aveva notato la mancanza del bigliettino in cui la vittima aveva scritto il nome di Sakura e quello del suo parrucchiere e dato che lei si era detta sicura che la vittima l'avesse messo in tasca e non nella borsetta che risultava scomparsa, doveva per forza averlo l'assassino. 
Certo, avrebbe potuto cambiargli posto in un attimo, ma secondo la ricostruzione dell'accaduto, l'aggressione era avvenuta un paio di minuti dopo che lei aveva lasciato l'edificio. Perché prendersi il disturbo di sottrarre il biglietto? Era questa la domanda che l'aveva tormentato.
L'Uchiha aveva supposto che nello scontro avvenuto tra le due donne, la vittima avesse lasciato scivolare qualcosa nella tasca della Haruno e con la scusa del taglio avesse voluto prendere il suo nome e cognome in modo da poterla rintracciare. E questo lo aveva allarmato non poco. Se l'assassino aveva preso il foglio, probabilmente la vittima gli aveva detto che qualunque cosa lui/lei stesse cercando ce l'aveva la Haruno.
Era per questo che quando lei lo aveva chiamato in preda al panico per l'intrusione in casa lui era già in auto, aveva avuto quel dubbio e non era più riuscito a toglierselo dalla mente.
I progressi tecnologici erano utili per la polizia ma anche per i criminali e trovare l'indirizzo di una persona era ormai facile se si sapeva dove cercare. 
Ritrovarsela davanti in preda ad un crollo nervoso ma incolume gli aveva fatto tirare un sospiro di sollievo. Si era così stupido nell'essere arrivato alla conclusione che poteva essere in pericolo solo quando era successo l'irreparabile!
Salvando il documento, spense il pc e, stropicciandosi gli occhi con due dita, si lasciò andare contro la spalliera della poltrona, ormai esausto.

§  §

Dalla forte luce che filtrava dagli scuri della finestra, Sakura dedusse che doveva essere presto e guardando l'orologio appeso alla parete, si rese conto di aver dormito solo un paio d'ore. 
Il suo sguardo si posò su Sasuke, addormentatosi anch'egli: la testa leggermente all'indietro, i lunghi capelli scuri a coprirgli un occhio, le braccia abbandonate sui braccioli, il respiro pesante e regolare.
In quello stato di abbandono sembrava davvero vulnerabile, ma quando cercò di alzarsi, badando a non far rumore, il lieve cigolio del divano lo svegliò e si trovò subito i suoi occhi addosso. Era di nuovo in guardia. 
"Scusa" gli disse, dispiaciuta di averlo svegliato. 
"Scusa per cosa?" le rispose lui, interrogativo.
Sakura avrebbe voluto coprirsi; la sera prima, troppo spaventata per essere lucida, non si era preoccupata del suo abbigliamento, ma adesso si sentiva in imbarazzo a causa della corta vestaglia da notte che la copriva fino a metà coscia. 
Intanto l'Uchiha si era strofinato gli occhi e stiracchiato - la poltrona era un giaciglio un po' scomodo per dormire, ma durante gli appostamenti gli era capitato di dormire pure all'aperto.
"Per averti svegliato... Per averti chiamato in piena notte... e per essermi addormentata prima di firmare la mia dichiarazione" gli rispose. 
"Invece hai fatto bene a chiamarmi, anche se era meglio fare subito il 911."
Come spiegargli che lì per lì aveva seguito l'istinto, componendo il numero su quel biglietto che aveva tenuto sul comodino?
"Vuoi del caffè? Ti preparo anche delle uova? Come le preferisci?" gli chiese, dirigendosi in cucina per sfuggire al suo sguardo. 
"Strapazzate" le rispose, seguendola e standosene appoggiato allo stipite della porta, rendendo vaga la sua fuga e fissandola con quegli occhi a cui sembrava con sfuggire nulla. 
"Il caffè sarà pronto in un attimo; nel frattempo vado a cambiarmi. Poi preparerò uova e pancetta e potrai andartene."
"Andare dove?" le chiese in tono serio, per poi farle cenno di andare in camera. 
Sakura cominciò a preoccuparsi, pensava di avergli ormai detto tutto e che non gli servisse altro da lei. In ogni caso si lavò, cambiò e finalmente l'immagine allo specchio le rimandò l'immagine della vecchia se stessa. 
Tornata in cucina, gli passò una tazza di caffè e mise a rosolare il bacon in modo che si sciogliesse il grasso e poi, tolta la padella dal fuoco, mise le fettine sulla carta assorbente e ruppe le uova, rimettendo tutto a cuocere. 
Quei gesti che ormai erano semplice routine, la aiutarono a tranquillizzarsi. Negli ultimi due giorni aveva avuto emozioni a sufficienza, e pensare che fino a quel momento la sua vita era sembrata viaggiare su binari sicuri! Da quando si era trasferita, aveva trovato la stabilità tanto desiderata... e adesso invece il suo treno era deragliato e lei si trovava incastrata tra i vagoni in cerca di un'uscita. 
Appena fu tutto pronto, mise su due piatti uova, pancetta e pane tostato, lasciandone uno davanti a Sasuke che si era seduto a tavola e parlava al cellulare coi colleghi, poi si sedette a sua volta, cominciando a mangiare. 

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