Assassination Istitute

Prologo

DISCLAIM: QUANTO CREATRICE ED IDEATRICE DELLA STORIA DETENGO TUTTI I DIRITTI DELLA TRAMA, DEI LUOGHI E DEI PERSONAGGI; NOMI, EVENTI E LUOGHI SONO PURAMENTE CASUALI. IL PLAGIO DELLA STORIA È PENALMENTE PERSEGUIBILE (e l'autrice vi spedirebbe a calci nel culo nel Tartaro)

Piccolo appunto prima che cominci la storia: questo racconto si svolge nel futuro. Ve lo contestualizzo meglio.

Dopo la crisi economica che occupò la prima metà del primo secolo degli anni 2000, ci furono due secoli di ripresa economica e di grande prosperità. Nel campo medico-farmaceutico ci furono dei grandi traguardi: malattie come l'ebola, la sifilide, l'HIV e il vaiolo vennero definitivamente debellate dall'intero pianeta; venne trovata una cura sicura all'85% a malattie come il cancro, la disfunzione renale e altre malattie terminali. Vennero arginati la maggior parte degli attentati terroristici e le guerre cessarono del tutto. Nel 2650 si riuscì ad eliminare la fame del mondo. Nella storia dell'umanità mai l'economia era giunta a picchi così alti, florida e prosperosa, ma questa crescita venne stroncata velocemente come era nata. Le basi di quella costruzione in legno vennero attaccate dalle termiti, poco alla volta, e la torre crollò. La situazione era precipitata in modo catastrofico e vertiginoso, sprofondando ancora più in basso di quanto fossero negli anni del 2000: il tasso di criminalità e di povertà dilagarono così tanto che, tranne per qualche agiato ed egoista eletto, gli adolescenti erano costreti a fare qualsiasi cosa per guadagnare qualche centesimo e la popolazione viveva in scarsissime condizioni igenico-sanitarie e aveva difficoltà a curare anche una banalissima influenza. Le prigioni vennero riaperte per le persone che avevano almeno diciotto anni e per i minorenni vennero costruiti degli Istituti che fungevano come casa-prigione; una volta compiuta la maggiore età gli assassini venivano costretti l'ergastolo, gli altri bivaccavano in prigione per una quantità di tempo proporzionale al reato commesso.

*                                *                            *  

"Buongiorno, sono la signorina Miller"

"Buongiorno signorina Miller, ha qualche amico o parente che vuole vedere?"

"Sì, sono qui per vedere mia sorella, Loren Miller"

"Mi segua allora"

*                               *                               *

Appena salgo sull'autobus sbuffo e l'uomo che mi scorta mi rifila un'occhiata annoiata, come se prelevare dei ragazzi e portarli in una specie di carcere minorile fosse il suo pane quotidiano. Mi affaccio al finestrino e vedo mia sorella che mi ppcorre incontro vestita solo dal pigiama, probabilmente per salutarmi un ultima volta. Le rivolgo un sorriso d'addio mentre l'autobus accende il motore per partire.
"Apecca!"grida lei con la sua vocina acuta e sottile, con la "c" appena accennata, e il pulman si ferma sotto lo sguardo commosso del conducente. Mi alzo dal sedile sdrucito e, accompagnato da Peter, raggiungo le scale:"Che c'è, Annie?" Mi fingo burbero, mentre dento di me sento che probabilmente mi mancherà. Lei fa un sorriso sdentato anche se ha le lacrime agli occhi e dalla tasca dei pantaloni tira fuori un pezzo di carta piegato molte volte su se stesso; poi tende le sue esili manine verso di me. La mia piccola donnina di casa che cerca di nascondere la sua tristezza dietro ad un sorriso...
"Baccio" sussurra con gli occhi lucidi e supplicanti, le rivolgo uno sguardo piú dolce e le dico:"Non posso". Non sono mai stato un grande fan del contatto fisico, tranne che con lei. Anche se davanti agli altri rimango la solita lastra di ghiaccio, anche davanti a lei. Mi sbilancio mettendole una mano sulla testa scompigliandole i capelli:"Stammi bene, nanerottola." E le do le spalle, mentre la sento scoppiare in un pianto disperato.
Una volta seduto, seguo con lo sguardo la figura di mia sorella, che viene goffamente presa per mano in e accompagnata in casa. Quella piccola nanerottola sarà l'unico membro della mia famiglia che mi mancherá e sono sicurissimo che per lei sarà altrettanto. Rivolgo la mia attenzione all'ambiente circostante per scacciare questi pensieri troppo smielati.