capitolo 3.

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"Da grande farò
Il guardiano di un faro
Di trentasei colori.
Il pilota di un'automobile
Con le ruote girandola.
L'avvocato dei ladri
Che rubano fiori.
Il vigile cowboy
A un incrocio di mucche.
Il maestro di nuoto
Dei delfini d'argento.
Il sarto delle vele
Che strappò il vento.
Accompagnerò al mare
Ogni piccolo fiume.
Farò
Il sollevatore di piume."

Mia madre non mi hai mai posto questa fatidica domanda, cosa voglio fare da grande? Adesso sono grande e non so ancora cosa vorrei fare o meno, quale sia il lavoro che dovrei intraprendere, non ne ho idea. Da grande avrei voluto scegliere un futuro adatto a me e non uno per uscire dalla vita in cui sono, da grande sarei dovuta essere grande e basta, invece adesso sono una donna e vorrei essere un bambina, vorrei tornare alla spensieratezza, ai sorrisi casuali e alle risate spontanee.
Il futuro è tanto caro, è ciò che ti porta o a sprecare il passato e il presente o a rigirarlo a tuo favore al fine di dimenticare il passato e di farne buon uso e consumo. È stato orribile quando mamma iniziò a prendersi meno cura di me, mi affidava a una baby-sitter e a centri estivi, il tempo che passavamo insieme si era fatto piccolo; il peggio arrivò quando lei iniziò a frequentarsi con un uomo, non sembrava un ragazzo a posto, era misterioso e cercava di ammiccare eccessivamente con me e mamma. Divenne un intruso, il letto che io e mamma avevamo condiviso fino ad allora non reggeva più il peso e io dovetti trasferirmi in salotto. Ebbe facilmente accesso alla nostra vita dopo aver dimostrato a mamma di essere uno in grado di mantenere famiglia, ma la sua violenza non fù indifferente a nessuna delle due; mamma aveva continui crolli e il giorno in cui zia ci aveva invitate a casa sua, mentre saltellando avanzavo davanti a lei, mi urlò di smetterla, mi diceva di sentirsi male, fino a quando non la vidi ai miei piedi e la mia paura salì alle stelle. 

Sveniva  di continuo e più lei sveniva, più lui cercava di mostrarsi disponibile e comprensivo nei nostri confronti; chiese a mamma di sposarlo e pur senza amore lei accetto, ci trasferimmo da lui.

La casa era fredda, orripilante, polverosa, piena di muffa, sporca e strutturata peggio che mai; inoltre cambiare scuola, amici e città non mi fece stare affatto bene. Eravamo in una casa molto piccola dove lui conviveva con alcuni suoi compatrioti, dovevamo accontentarci di una sola stanza  per tutte e tre, un bagno con metà tetto e le urla e la baldoria che ogni notte quei ragazzi ubriachi venivano a creare.

 Fù un disastro vivere per anni in una stanzetta dove spesso e volentieri si presentavano ratti, grilli e animaletti di ogni tipo e nonostante i ragazzi se ne fossero andati le cose non andarono meglio, anzi. Venne il fratello con tutta la famiglia appresso e convivere dividendo spese e pasti non fù una gioia; tanto che a volte finirono con spade e martelli tra le dita delle mani distruggendo metà casa per fatti personali. Era violento, tanto violento e non risparmiava nessuno, era una bestia a cui ogni volta ero costretta a rivolgermi con l'appellativo "papà", le volte in cui mise le mani addosso a mia madre non si possono contare infatti, le volte in cui l'ha presa per i capelli, le ha tirato stoviglie addosso, erano troppe. Se nonna aveva fatto passare le pene dell'inferno a mamma, la madre del mio patrigno era l'inferno fatto in persona, non mi dimenticherò mai la volta in cui mamma era gravida e per un piccolo commento che lei non aveva gradito, venne portata in un cortile vuoto che apparteneva a quella bruttissima fattoria e le tirò violentemente sassi sul ventre. Iniziai ad odiarlo più che mai, mi vergognavo ogni volta che cercava di partecipare alla mia vita scolastica e iniziai ad avere problemi psicologici che mi portarono ad isolarmi dai miei compagni delle elementari e a sentirmi sminuita da tutti dopo essere stata etichettata come "la sfigata anormale che non riesce ad avere una vita sociale e tanto meno riuscirebbe ad averla".

"Sui rami
indecisi
andava una fanciulla
ed era la vita.
Sui rami
indecisi.
Con uno specchietto
rifletteva il giorno
che era lo splendore
della sua fronte pura.
Sui rami
indecisi.
Sulle tenebre
andava sperduta,
piangendo rugiada,
prigioniera del tempo.
Sui rami
indecisi. "

F.G. Lorca

ci sono cose che non si possono perdonare, quello che vi sto per raccontare è una di quelle cose.

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