"Quando, come un coperchio, il cielo pesa greve
Sull'anima gemente in preda a lunghi affanni,
E in un unico cerchio stringendo l'orizzonte
Riversa un giorno nero più triste dell notti;Quando la terra cambia in un'umida cella,
Entro cui la Speranza va, come un pipistrello,
Sbattendo la sua timida ala contro i muri
E picchiando la testa sul fradicio soffitto;Quando la pioggia stende le sue immense strisce
Imitando le sbarre di una vasta prigione,
E, muto e ripugnante, un popolo di ragni
Tende le proprie reti dentro i nostri cervelli;Delle campane a un tratto esplodono con furia
Lanciando verso il cielo un urlo spaventoso,
Che fa pensare a spiriti erranti e senza patria
Che si mettano a gemere in maniera ostinata.- E lunghi funerali, senza tamburi o musica,
Sfilano lentamente nel cuore; la Speranza,
Vinta, piange, e l'Angoscia, dispotica ed atroce,
Infilza sul mio cranio la sua bandiera nera... "...
C. Baudelaire
Non ho idea di cosa abbia in serbo per me il futuro, ma ne sono realmente impaurita, vorrei che tutto il dolore cessasse in un secondo per dar spazio alla felicità. È difficile rimarginare le ferite e a volte quasi impossibile, le cicatrici continuano a segnare il tuo corpo per sempre.
Quello che iniziò non finì, fino a quando non scoprì l'amore. Passarono anni e niente di quello che successe cambiò, ci trasferimmo per l'ennesima volta ma la casa era alquanto carina con un giardinetto. La famiglia iniziava a crescere, mia sorella ormai aveva cinque anni e in arrivo era il mio fratellino; succesero molte cose in quella casa, in quei primi anni mi regalarono un computer portatile e un telefono. Scoprì il mondo dei social e tutto ciò che lo riguardava, capì finalmente che all'infuori di casa mia c'era qualcosa di bello che i miei genitori cercavano di oscurare completamente attraverso le loro futili paure. Conobbi molta gente, per la prima volta venni accettata e non importava chi, non importava come, ero felice. Imparai a guardare il mondo con meraviglia e ad amare quelle piccolezze che non amava nessuno, non c'era spazio per me, non c'era spazio per una vita diversa da quella che avevo e dovevo solo imparare a indossare il velo dell'ombra e a tacere. Inizio la mia crescita e la mia scoperta, non credevo ci volesse così tanto per riscoprirsi e amarsi come ho fatto in tutti questi anni. Conobbi Enrico, un ragazzo qualunque, su un social qualunque; lo conobbi e iniziai a desiderarlo e a desiderare le sue continue attenzioni, le sue semplici spiegazioni, le minimizzazioni, i suoi sogni e soprattutto il suo grande cuore. Divenne tutto l'amore e l'appoggio del quale una ragazza sofferente e sola come me avesse bisogno. Le gioie non durano per sempre e così fù, non so che giornata era ma in quel giorno mi venne controllato il telefono, venni perquisita per la prima volta e i miei genitori vennero a scoprire di quest'amicizia che si venne a creare durante quei mesi. L'amaro contenuto in quella delusione che si venne a creare non sarà mai dimenticato, mia madre si gettò su di me e mi prese per il collo strattonandomi violentemente, il mio patrigno mi colpì con i piedi allo stomaco e si gettò in soffitta per prendere il martello che mi tirò ripetutamente sulle costole. Ero distesa per terra e piangevo, ero immobile e pensavo di morire, ma non era quella la mia paura, era invece tutto ciò che potessi desiderare in quel momento; forse non era il miglior momento per pensare ma mi chiesi se era ciò che mi meritavo, mi sono chiesta perché succedesse a me e soprattutto mi sono chiesta dove cazzo era questo veneratissimo Dio mentre io venivo torturata senza che nessuno mi sentisse. Non credo e non penso che ci sia dolore più grande di quello che provai in quel giorno, quella settimana in cui veramente riuscì a capire che razza di persone erano quelle con cui vivevo e che mi facevano ripugnare e desiderare la morte. Fù un periodo travagliato della mia vita, non sapevo come comportarmi, non mi sentivo più me stessa, a volte avrei voluto perfino scappare di casa ma non avevo dove andare. In quelle settimane passate senza parlare con loro mi avevano appellata in tutti i modi possibili e immaginabili, cose che non mi sarei mai aspettata di sentirmi dire da loro. Iniziai a chiudermi in me più di quanto lo fossi precedentemente, una forma d'isolamento estremo che di conseguenza mi portò a diventare autolesionista; scoprì il dolore fisico, quello che ci si provoca da soli e cominciai a la lacerarmi la pelle delle braccia con una lametta di acciaio che avevo rimediato in un cassetto di casa. Non provavo niente di niente, non provavo alcun dolore che poteva trovare luogo di quello precedente, continuavo e davo sempre meno importanza al cibo fino a non riconoscermi più. Ero sola e lo ammetto, certe notte ho avuto freddo, mi sentivo gelare. Divenne tutto quotidianità e per ogni nonnulla venivo picchiata, di punto in bianco smisi di tagliarmi e iniziai a dare considerazione a me stessa, a sentirmi troppo, troppo bella, troppo forte, troppo intelligente per la catasta di gente che mi circondava. Mi sentivo tutto, mi sentivo il mondo intero, ero piena di vita, di idee e di cose da fare. Decisi di essere come mi volevano, un cagnolino, e ripresi a coltivare le mie passioni, una ad una così che si possa colmare il vuoto che si era presentato in me.
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La Mia Prima Vita.
General Fiction"Perfino il silenzio ha una storia da raccontarti" JACQUELINE WOODSON Questa è la mia.