Chapter 2

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Era una giornata come un'altra nella sede dell'associazione di Volontariato della città.

Le ambulanze entravano ed uscivano accompagnando malati alle visite mediche e gli equipaggi che attendevano erano seduti all'entrata del parcheggio della sede parlando tra di loro, fumando e bevendo caffè. Era una giornata calda, estiva, una delle tante.

Quel giorno Antonio si era alzato con un pensiero fisso in testa. Una persona che era da tanto tempo che non sentiva e vedeva. Una persona a cui teneva molto. Ma non le scrisse. Non lo fece perché lei gli aveva detto di non farlo. Che era tutto finito. Di andare a fare in culo. Proprio il giorno in cui compiva gli anni. 46. Sedici mesi prima. Non si era più fatta sentire, ma perché mai avrebbe dovuto? In fondo era stata lei a finire la storia, era stata lei quella a soffrire di più e Antonio lo sapeva. Sapeva che l'avrebbe fatta soffrire ma non riusciva a starle lontano. E lei sapeva che non avrebbe potuto darle quello che voleva, perché lui era impegnato con un'altra donna con la quale stava ormai da anni. Non poteva lasciarla. Lei lo sapeva. Poteva smetterla quando voleva ma lei continuava a stare con lui e Antonio di certo non le suggeriva di allontanarsi e non l'allontanava. Due anni avevano trascorso insieme, nell'ombra fino a che lei ha deciso di andarsene e infine di mollarlo per messaggio il giorno del suo compleanno. Aveva provato a riscriverle successivamente ma gli aveva risposto molto male e quindi aveva smesso. Aveva provato a dimenticarla ma quasi ogni giorno il suo ricordo tornava a tormentarlo. Una vera tortura, per lui.

Ma quel giorno sentiva davvero una irrefrenabile voglia di scriverle o sentirla.

Andò su Whatsapp, cercò il suo numero, quello inglese che aveva detto che avrebbe cancellato ma non riusciva a farlo e, titubante, le scrisse un semplice 'ehi'. Solo dopo notò che l'ultimo accesso risaliva a più di un anno prima. Che avesse cambiato numero? Be, allora non aveva più possibilità di contattarla. Si mise l'anima in pace, o almeno ci provò, e continuò con la sua routine giornaliera.

Quando uscì di casa, dopo pranzo, per andare al lavoro, vide che nella villetta a schiera affianco stavano trasportando un sacco di mobili. Molti dei quali neri. Avrebbero avuto un nuovo vicino. Passò oltre e non si preoccupò di sapere chi fosse, poco gli importava. Si faceva gli affari suoi.

E così passarono alcune ore. Ebbe solo un codice verde di poca importanza.

Fu un paio d'ore prima della fine del turno che si fermò un'Harley Davidson davanti alla sede. Era completamente nera, bellissima e molto costosa. Si avvicinò pensando che la persona che la cavalcava avesse bisogno di indicazioni stradali; succedeva abbastanza spesso d'estate. Ma quando questa persona spense la moto e scese in modo elegante, capì che non si era fermata lì per caso.

Dalla forma del corpo stretto in una tuta da motociclista nera di pelle si capiva che era una donna e la cosa fu più chiara quando si tolse il casco integrale nero.

Aveva lunghi capelli argentei, carnagione abbronzata e freddi occhi argento. Portava un forte rossetto viola.

Il suo viso era tremendamente familiare.

« Deanna.» la salutò Antonio.

Lei lo guardò alzando un sopracciglio: « Scusi? » chiese.

« Non fare la scema, lo so che sei tu. Ti riconosco nonostante ti sia tinta i capelli e messa le lenti a contatto colorate. » rispose lui sorridendo.

« Mi dispiace ma temo di non capirla signor... » attese che l'uomo si presentasse a lei spegnendo il suo sorriso.

« Vuoi davvero comportarti come se non mi conoscessi? » era arrabbiato.

« Mi dispiace deluderla signor 'mi incazzo ma non ne ho il diritto' ma io non la conosco. È la prima volta che vengo in questo squallido posto quindi veda di darsi una calmata.» fece lei pacata.

La strega dagli occhi d'argentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora