Capitolo 3 - Nella psiche del Predatore

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Nessun essere umano al mondo accetta mai la solitudine.

Anche quando si commette qualcosa di contrario ai dogmi morali ed etici che ci hanno somministrato come una medicina sin da piccoli, anche quando osserviamo e pratichiamo quello che siamo stati educati a credere che sia il bene,  più per consuetudine che non perché siamo noi a ritenerlo giusto e legittimo, anche quando questo perseguire la rettitudine di precetti predicati da tutti ma praticati da pochi ci disgusta, anche quando un essere umano vede in una società meschina e perversa il ribrezzo  in ciò che per essa è il bene.

Confini presuntamente intangibili,  leggi morali tramandate da secoli, l'insegnare alla prole a reprimere i propri istinti, la rabbia che cova nei cuori umani come uova di un uccellaccio maligno... tutte parole al vento, soltanto cretinate da scolaretti, tutto questo è soltanto una pozzanghera di limiti in cui l'umanità si è tuffata impantanandosi, per eludere la vera e giusta punizione per la propria pochezza ed arroganza.

La punizione è sempre in agguato.

Ogni essere umano paga sempre il conto per le proprie azioni, per il suo modo di aver vissuto la vita, per come ha trattato chi si è trovato ad avere bisogno di lui.

Ed il proprio conto ognuno lo paga prima in questa vita, poi nell'altra.

Sì, nell'altra vita.

Il conto lo si paga a quel Dio di cui gli uomini si sono dimenticati, di cui hanno travisato a proprio comodo la Parola; a cui tanti, troppi, si rifiutano addirittura di credere per giustificare la propria nullità e sentirsi svincolati da tutto ciò che possa impedirgli di sguazzare nel fango della propria estrema miseria interiore, della propria intollerabile superficialità.

Il Predatore provava un senso di irrefrenabile rancore ogni volta che pensava queste cose; rancore che provava contro chiunque si comportasse come un porco senza temere la punizione che ne deriva, ramcore che provava contro chiunque turbasse ed ammorbasse la vita di anime troppo buone per ribaltare la propria oppressione, o che non avevano la possibilità di farlo.

A quel punto ci avrebbe pensato lui.


***

Angela e Italo camminavano lungo il corso salernitano, ogni tanto fermandosi a vedere le vetrine dei negozi.
La ragazza stavolta trovò Italo ad aspettarla nel punto esatto in cui lui l'aveva avvicinata il giorno prima e lui si accorse subito di come Angela emanasse una maggiore serenità rispetto al loro primo incontro.

D'altronde, anche Angela si era resa conto di come con Italo riuscisse ad essere completamente spensierata, come se con lui riuscisse ad essere del tutto sè stessa, anche perché si era accorta di come con Italo fosse impossibile avere segreti. Andarono a spulciare sugli scaffali di un negozio di dischi e si sorpresero ad avere gli stessi gusti, così parlarono per un'ora buona di musica scambiandosi opinioni su artisti, gruppi e quant'altro riguardasse l'argomento.

Angela guardava sognante un doppio CD con i migliori pezzi dei Pink Floyd, sua band preferita, e Italo si accorse delvelo di tristezza che adombrò il volto della ragazza quando lei si costrinse a riporlo sullo scaffale.
In tarda mattinata andarono sul lungomare e si sedettero su una panchina più appartata delle altre.
La formalità e l'barazzo tra loro erano svaniti del tutto, entrambi si sentivano a proprio agio l'una con l'altro.

Angela disse che sarebbe tornata con il treno prima rispetto a quello che aveva preso gli altri giorni, voleva approfittare di quell'ora per passare del tempo con sua madre, che aveva cambiato iturno in fabbrica e quindi si trovava a casa per ora di pranzo. Italo la accompagnò alla stazione e si salutarono quando videro avvicinarsi il treno, questo perché volevano farlo con calma e non nel marasma di passeggeri che salivano e scendevano.
Italo si era già allontanato quando le porte scorrevoli del vagone si stavano aprendo, e ad Angela arrivò un messaggio.

"Fossi in te vedrei cosa c'è in borsa..."

Impalata dalla curiosità, Angela si ritrovò al centro di quella fiumana di passeggeri che si accalcavano sulla banchina per entrare sul vagone o che vi scendevano impazientemente, e frugava nella borsa.

Trovò la doppia confezione CD con gli evergreen dei Pink Floyd... e il suo cuore perse un palpito.

Come aveva fatto a comprarlo senza farsi notare da lei?
Come aveva fatto a nasconderlo nella sua borsa?

"Oh, al diavolo!"

Lasciò perdere il treno e corse nella direzione in cui si era allontanato Italo, lo trovò alla fine del sotopassaggio, mimetizzato tra i viaggiatori.
Quando lo raggiunse alle spalle gli afferrò la mano destra per attirare la sua attenzione.

Italo sorrise sorpreso, i due si guardarono per qualche secondo.
Poi lui le tolse lentamente gli occhiali da sole.

- Sono stufo di guardarti negli occhi attraverso questi cosi. -

Angela vinse il suo iniziale imbarazzo per l'occhio ancora ammaccato e lo lasciò fare, poi si strinse ad Italo.
Mai si era sentita tanto compresa e protetta come in quel momento.
- Ma che potere hai? -
Disse lei senza accorgersene.
- Quello di uno bravo a capire come può sentirsi una persona del tuo valore che si vede sprecata.-
- E cosa hai lettoper impararlo? Freud? O magari "Le memorie di Giacomo Casanova"? -
Italo sorrise alla battuta e prese ad accarezzarla.
- Ho letto dentro di te... e questo non te lo insegna nessun libro.-

Angela baciò Italo con la naturalezza di chi compie un gesto dopo avere atteso per troppo tempo, lui la assecondò subito cpn la stessa, ingenua, passione.

- Dove diavolo eri? Dovevo marinare la scuola per trovarti?-
- Non importa, è l'avvenire che conta. Ah, per la cronaca: sono un rompipalle epico, non so se ti conviene.-

Uscirono dalla stazione di nuovo insieme, l'una sotto braccio dell'altra.

Predator Dei - Il Predatore di DioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora