Capitolo 4 - "Chiedi perdono a Dio, te ne darò tutto il tempo."

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Luigi Matonti scalciava contro le pareti della cabina, l'ascensore bloccato e lui sollevato da terra.
Il collo era intrappolato in una morsa di ferro, prima di perdere il fiato riuscì a distinguere l'odore della giacca di pelle del suo aggressore.
Lo avevano dimesso, e stava scendendo al pian terreno dell'ospedale dove ad attenderlo c'era sua moglie.
Matonti sentì il tocco umido di un panno che gli fu premuto su naso e bocca mentre alla sua gola veniva concessa una breve tregua, costringendolo ad inalare il cloroformio che bagnava quel grottesco bavaglio.
Le forze lasciarono Matonti con un esilio forzato,  e lui cadde in un sonno ammaliatore che era impossibile non assecondare.

"Dormi, bimbo."

***

Matonti si risvegliò in un luogo che i suoi sensi gli fecero percepire freddo e umido.
Si ritrovò incatenato mani e piedi ad un telaio che doveva essere di ferro battuto, una lampadina sopra la sua testa era l'unica fonte di un cono di luce.

- Finalmente! -

La fredda profondità di quella voce lo fece sobbalzare.
Non riusciva a ricordare di chi fosse, eppure il suo istinto gli diceva di doverla temere.

- Quando ti ho lasciato a strisciare nel tuo vomito non ti reggevi neppure in piedi.  -
Matonti riconobbe la voce del suo aggressore, e alla paura sopraggiunsero rabbia e disprezzo.
- Dove mi hai portato? Come ti sei azzardato a mettermi le mani addosso? Scioglimi se hai le palle!-

Urlava e strattonava convulsamente le catene che gli tenevano braccia e gambe tese, come una mosca imprigionata tra i fili di una ragnatela.
- Sai solo abbaiare come il cane di merda che sei! - il Predatore gli chiuse la bocca dalle spalle, con un bavaglio improvvisato - "Se hai le palle ?!?"  Matonti, Matonti, Matonti... tu sei la persona meno adatta a parlare di palle. Pensi di averle ogni volta che maltratti tua moglie? Pensavi di averle ogni volta che rompevi il cazzo a gente troppo debole per risponderti o che era impossibilitata a farlo?-
Il Predatore uscì dall'ombra e gli si parò davanti.
La sua figura era completamente nera, un cappuccio ed un fazzoletto sulle labbra ne rendevano visibili solo gli occhi.

- Chiedi perdono a Dio, ti darò tutto il tempo per farlo. Inizierò da dove mi ero interrotto.-

Una precisa testata fracassò nuovamente il setto nasale di Matonti, la cartilagine ancora ancora troppo fragile.

Il Predatore scomparve nell'ombra per poi riemergerne quasi subito, reggendo un manico di cuoio da cui si diramavano delle cinghie lunghe quanto un avambraccio,  alle estremità avevano delle palle di piombo poco più grandi di una noce.

- Ti presento il Gatto a Nove Code, un famoso strumento di tortura di origine orientale. L'ho fatto io, vediamo insieme se funziona!-

Il Predatore tirò un primo colpo all'addome di Matonti, un sordo gemito assorbito dal bavaglio compresse un boato di dolore.
Poi il Predatore ne tirò un altro, un altro ancora e un altro di nuovo.
Il Predatore si chiese quando sarebbe riuscito a fermarsi.

***

Il Capitano Montefeltro scese dall'auto di servizio con la solennità di chi deve affrontare tutte e sette le fatiche di Ercole senza la possibilità di potervisi tirare indietro.

Lo scenario è sempre lo stesso per ogni occasione simile: capannelli di persone che cercano di sbirciare oltre la zona delimitata dal nastro rosso e bianco, il pischello in divisa di turno che cerca di allontanarli, gente in camice e mascherina che traffica piegata sulle ginocchia,  l'ambulanza con i lampeggianti accesi ma la sirena spenta, gli inservienti in giubbotto catarifrangente che hanno già tirato fuori la barella e attendono con aria annoiata.

Stefano Montefeltro, ufficiale del Corpo dei Carabinieri, quel venerdì era stato sottratto in piena notte dal suo sonno senza sogni dal Maresciallo Baudi.

Il sottufficiale gli aveva detto di correre subito a San Valerio, perché quello che c'era da vedere era "...da non credere se non lo si vede con i propri occhi."

Il Capitano Montefeltro scavalcò il nastro, due appuntati scattarono sull'attenti.
-Riposo, signori... state comodi. Cosa è stato?-
-Una nostra vecchia conoscenza,  Capitano. Uno che passava la sua esistenza attaccato alla bottiglia e che quasi sempre ci faceva chiamare quando si agitava troppo.-
-Dov'è il Maresciallo Baudi?-
-Buongiorno, Capitano.-
Rispose una voce pastosa alle sue spalle, appartenente al paffuto e rubicondo Maresciallo Fulvio Baudi.
Il Capitano rispose al saluto e chiese di nuovo cosa fosse successo.
-Venga a vedere...-

Montefeltro seguì il suo subordinato per una decina di metri, di certo il Maresciallo lo attendeva con ansia, ma per quale motivo?

Baudi diede ordine di rimuovere il telo bianco che copriva la vittima e Montefeltro ne acquisì il colore in modo camaleontico non appena vide cosa nascondeva.

La salma presentava ecchimosi su tutto l'addome, sparpagliate come delle mele nero-bluastre; il cuoio capelluto era scuro come il carbone, una fiamma ossidrica doveva avergli procurato quella grottesca corona; il lato sinistro del petto ospitava un buco che si presentava preciso come il cerchio circoncinciso da un compasso.

Gli avevano asportato il cuore.

Paura e dolore erano dipinti sulla improvvisata tela del volto dell'infelice con la maestria del pennello di Caravaggio. 

-Chi era?-
-Non è tutto, Capitano. Il corpo è stato trovato con appeso al collo un cartello di cartone su cui è stato scritto con il sangue.-
Uno degli appuntati porse un tablet al Capitano, su cenno di Baudi.

Una foto scattata poco prima mostrava il corpo con ancora il cartello appeso alla gola, la scritta ben visibile:

"Queste sono le nauseabonde spoglie  di Luigi Matonti, essere ripugnante, assolutamente indegno del dono della vita, ingrato e debole rovinò la pace e la serenità di quanti lo conobbero.
Incapace e stupido, sciupò il tempo concessogli in vita credendosi uomo di mondo e vivendo da parassita.
Ha ricevuto per mia mano la retribuzione che gli spettava prima di comparire davanti al Tribunale di Cristo, per ciò che ha fatto (e che non ha fatto!) in vita."

Montefeltro notò subito la chiarezza e la definizione del tratto delle lettere, tanto da sembrare stampate.

-Ma... questo schifoso sadico gli ha pure scritto l'epitaffio?!?-

Il Maresciallo Baudi diede una risposta che il Capitano non potè ascoltare, perché la sua mente si era già chiusa in modo ermetico, per elaborare i dettagli di quel disgustoso avvenimento.

Predator Dei - Il Predatore di DioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora