ventuno

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Era la sera prima. La sera prima della giornata che avrebbe passato da Yoongi.

Jimin prese uno zaino grigio chiaro, buttandolo sul freddo pavimento. Era da tutta la vacanza che non toccava materiale scolastico.

Sfiorare le copertine e i caratteri stampati gli regalò, suo malgrado, una sensazione estremamente sfiancante.

Come se si fosse appena stancato semplicemente toccandoli.

Così è dura per tutti immagino, pensò, notando di non essersi mai chiesto cosa i suoi compagni pensassero. Fu abbastanza sicuro, però, che in un modo o nell'altro tutti stavano facendo del loro meglio.

Nel bene e nel male. Tra una bestemmia e l'altra.

La luce che illuminava camera sua era particolarmente fioca, non gli piacque l'atmosfera che creava.

Era vagamente triste. Il petto divenne improvvisamente più pesante, i movimenti più lenti e lo sguardo alla realtà scolorita, più cupo.

Si diceva che non poteva esserlo, perché sapeva il giorno seguente avrebbe visto il suo hyung e questo, in teoria, avrebbe dovuto renderlo molto felice.

Qual era perciò il senso, la ragione, di quella sensazione? Probabilmente nessuna, niente.

Prese il quaderno, due penne ed un evidenziatore, buttandoli dentro allo zaino, senza fare particolare attenzione alla mira.

Meglio non pensarci più.

[...]

Jimin si guardò velocemente allo specchio, sistemandosi i capelli e correndo verso la porta di casa.

Era dannatamente in ritardo, bere una tazza abbondante di caffè prima di andare a dormire doveva essere stata una di quelle scelte che si fanno senza scegliere.

Voglio dire: le stronzate.

Nemmeno contare poi le pecore per rimediare al danno.

Quel mattino era in procinto di uscire da casa quando la suoneria del cellulare fermò la sua marcia verso casa Min.

Sullo schermo appariva "Bastardissimo".

«Pronto, Yoongi?» rispose.

Uno sbadiglio. Quattro parole.

«Vengo dopo da te.»

«Ma non dovevamo vederci da te?» contestò Jimin, confuso.

✧ tsundere;yoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora