Capitolo 2

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Essere un professore di Harvard comportava avere più vantaggi che obblighi. Uno di questi, era la possibilità di alloggiare presso luoghi di lusso come l' Hotel Danieli, in un mini appartamento con vista sul Canale, in quel momento illuminato dalle sfavillanti luci della sera. Ciò che lo ammaliava di più era la storia di quel Palazzo chiamato Dandolo, succeduto nel corso dei secoli a varie eredi di sesso femminile. La sontuosità e l'architettura neogotica facevano solo da cornice alla meraviglia delle luci notturne che avvolgevano la serata veneziana. Voltò lo sguardo sul dipinto posato sul letto, staccandolo dal paesaggio sfavillante che si godeva dal balcone privato della suite. Lo osservò, fantasticando sulla mano che l'aveva creato e alla mente che aveva trasformato i pensieri in arte, l'immaginazione in realtà. Valutare un dipinto semplicemente per il nome del suo creatore o per il talento dell'autore stesso? Entrambe le cose o nessuna e, cercare di capire la sottile differenza tra i due pensieri, risultava impresa impossibile. Lo squillo del telefono lo riportò alla realtà; posò sul tavolo lo scotch che stava sorseggiando e rispose. Era Carlo, il consierge, che con un ottimo inglese lo avvertiva che qualcuno lo desiderava in reception. Josh Finnes s'infilò la giacca, inserì la busta nella sua tasca interna, ripose il quadro nell'armadio e scese.

Francesca Menin si era trovata in difficoltà davanti alla proposta di raggiungere il professore presso il suo hotel. Il messaggio che fosse pronto il certificato di autenticità, seguito da un invito a cena, erano stati sufficienti a convincerla a passare una serata con un tipo tanto stravagante quanto affascinante come Josh Finnes. Per incoraggiare la sua decisione, si era ripetuta la scusa che il professore sarebbe dovuto partire l'indomani mattina presto e che poi sarebbe stato costretto a mandare il certificato per posta, una via che Francesca non reputava molto sicura. E poi c'era la sua innata curiosità verso l'hotel più famoso di Venezia, set di numerosi film tra cui " The Tourist".
Francesca si era accomodata da qualche minuto su una delle poltrone del salottino ammirando il panorama all'esterno, quando venne distratta dal tocco leggero di una mano sulla spalla. Riconobbe nel gesto una certa azzardata familiarità, ma non fu necessario voltarsi per conoscere a chi appartenesse quella mano, delicatamente poggiata sulla porzione di pelle che le spalline di seta del vestito non coprivano.
<<Buonasera Francesca, è molto bella stasera >> disse la voce sicura alle sue spalle. Josh Finnes era lì, in piedi, con un mezzo sorriso sulle labbra.
Francesca rimase qualche secondo interdetta.
<<Grazie, direi che a questo punto possiamo darci del tu>> riuscì a dire, mentre lo seguiva con lo sguardo accomodarsi nella poltrona davanti a lei.
<<Grazie per aver accettato l'invito, sai...per un momento ho creduto che avrei dovuto mandarti l'autenticazione via mail>>
<<Scherzi vero?>> obbiettò lei contrariata. <<Voglio pensare che ti diverta prendermi in giro>>
Lui certamente sapeva che la certificazione doveva essere originale, firmata e timbrata dall'istituto di arte di Harvard.
<<Spero che questo non sia l'unico motivo per il quale hai accettato >> sorrise sornione formando sui lati delle guance due fossette che lei trovò irresistibili. Francesca lo osservò con approvazione; Josh indossava una camicia bianca su un pantalone trendy e l'assenza del cappello che aveva portato per tutto il tempo al Palazzo, metteva in luce il taglio sbarazzino dei capelli di un particolare tono di castano, portati pettinati all'indietro.
<<Ad essere sincera non era mai stata qui volevo e sono curiosa di assaggiare i piatti dello chef>> rispose chinandosi verso di lui come se fosse una confidenza importante.
<<Allora Danieli batte Carpacccio>>
<<Per il momento è in vantaggio, poi dipende dal resto della serata>> insinuò lei.
Josh si alzò porgendole la mano.
<<Prometto di non deluderti>> le disse, guardandola negli occhi. Un lieve rossore comparve a tradire i pensieri di lei. Non riusciva proprio ad essere distaccata da quell'uomo, sopratutto quando non smetteva di fissarla con quello sguardo penetrante. La sensazione che provava era che volesse scavare a fondo la sua personalità per trovarvi i punti deboli e usarli.
Francesca si alzò cercando di sostenere lo sguardo, ma il duello in quel momento era impari e dovette distoglierlo, concentrandosi sul panorama attorno.
<<Hai pensato anche come fare?>>
<<Ho tutto sotto controllo>> la rassicurò, cingendole la spalla con il braccio. Francesca non si oppose. Il suo carisma concedeva poco spazio alla ribellione, e lei, in fondo, quel contatto così intimo lo desiderava quanto lui.
<<Mr Finnes, le ha mai detto nessuna donna che lei è oltremodo sfacciato?>>
<<Miss Menin, le ha mai detto nessun uomo che lei è molto intrigante?>>
<< Diciamo che non è un aggettivo che propriamente si confà con il mio modo di essere>>
<<Io in realtà mi sono fatto un'idea di come sei>> ammise serio.
Lei scoppiò a ridere.
<< Ma davvero?>> ribatté divertita << Ma se mi conosci da qualche ora!>>
<< Vorrà dire che avrai tempo....>> cominciò, sospendendo la frase per concentrarsi a guardare il suo orologio. In quel momento Francesca attese curiosa, cercando di dare nel frattempo un ordine alle mille domande che le si affastellavano nella testa, prima tra le quali: dove volesse arrivare, e seconda: qual era il campo di gioco sul quale avrebbero dovuto misurarsi << ...qualche ora prima della mia partenza per farmi cambiare idea o lasciare che si confermi ciò che penso>> sentenziò convinto.
Sfacciato oltre che spregiudicato,  ma la situazione l'intrigava sempre di più.
<<Non so se sei estremamente intelligente o stupidamente presuntuoso>> affermò lei anticipandolo nella sala del ristorante.
Lui rispose con un sorriso.
<<Sei fuori strada, semplicemente mi piace il gioco>>
Francesca sorrise tra se, cominciava a venire fuori la pasta con cui era fatto.
<<Però ogni gioco comprende un rischio>> lo provocò.
<<È proprio questo che mi piace, Miss Menin>>
<<Non sai quanto!>> disse in tono sarcastico.

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