mi sveglio
con gli occhi iniettati di sangue,
le dita ricoperte di lividi bluastri
e la tristezza
fra le lenzuola di cotone
del mio letto singolo.
sono cosciente del fatto che
tu mi abbia abbandonata.
nella mia mente ti vedo spesso
in bianco e nero
fra milioni di anime
variopinte.
mi hai derubata
della mia fantasia
e dei miei colori
senza mai restituirmi nulla.
le ossa che mi compongono
sono consapevoli
di ciò che sono diventata a causa tua
e non me ne compiaccio.
guardo il mio riflesso
nei pezzi rimanenti
dello specchio che ho rotto
cercando di prendermi a pugni
per tutte le volte
che ho tentato
di raggiungerti,
rendendomi ridicola
ai tuoi occhi
e ai miei.
forse se ti rincorressi
gridando il tuo nome
ti gireresti
e daresti peso all'idea
di avermi lasciata
con queste cicatrici profonde.
ora i miei occhi
sono come stelle
prive di una galassia,
vagabonde mentre cercano luce
nell'infinita oscurità
della mezzanotte.
prima una goccia,
poi un'altra,
un'altra ancora
e mi ritrovo fradicia.
mentre aspetto
so che non mi vedi.
l'unica cosa con cui rimango
è la sensazione di freddo
che mi hai lasciato.
tu eri l'inverno
e io ero l'estate.
"gli opposti si attraggono"
è solo una favola.
pensiamo che la nostra felicità
si basi su trovare qualcuno
che ci fa sentire completi
nonostante lo siamo già,
ma adesso basta.
per la prima volta,
al posto di implorarti di restare,
rimango qui
a guardare la tua sagoma
mentre si confonde
con l'infinita strada
a quattro corsie di Seattle
e i tuoi muscoli
che s'intravvedono
sotto la maglietta fradicia
quasi tralucente.
sento sempre meno il rumore
dei tuoi anfibi cosparsi di borchie
mentre si allontanano
da me.
urlando,
sbraitando,
ti dico di andare.
mi convinco di doverti liberare.
mi trafiggi con lo sguardo,
penetrandomi,
arrivando in profondità,
spezzandomi le ossa:
"ero già scappato."