CAPITOLO TREDICESIMO

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-Per iniziare, posso spiegarti le regole della Corte. Vivi. Ruba. Aiuta. Probabilmente non sarai d'accordo con questo motto, ma, se vuoi vivere qui, devi accettarlo. Non ho inventato io tutto questo, l'ho solamente ereditato e non posso evitare di seguirlo. Dunque, rimanendo qui, dovrai contribuire al mantenimento della corte. Sì, ti ho strappata da una vita orribile per dartene una altrettanto brutta, ma questo è l'unico modo in cui posso aiutarti, fidati-.
Non gli credevo, ovviamente. Aveva già abbastanza denaro per mantenere la corte da solo, ci sfruttava solamente per avere di più di quello che già possedeva. Non serviva questo sistema per mantenerci. Noi con la Maledizione del Deserto eravamo già odiati e se ci fossimo fatti riconoscere durante queste incursioni, avremmo ottenuto solamente altro disprezzo. -E l'aiuto? Cosa c'entra con tutto questo?- chiesi, mantenendo il mento sollevato. Non dovevo mostrarmi timorosa, né tantomeno debole, sarei stata una preda più facile. -Ha due significati. Il primo è l'aiuto qui alla Corte del Deserto. La cucina e le pulizie-. Mi trattenni dal ribattere. Come se non facessimo già abbastanza. E probabilmente aveva i soldi per poter pagare delle domestiche. -E il secondo?-. Lui sorrise -Quando uscirete da questo pesto, come presto farà Marven, voglio che vi facciate riconoscere come persone buone. Questo odio verso quelli come voi deve finire. E l'unico modo è aiutarli, mostratevi gentili e sarete integrati nella società-. Lo guardai cercando di capire il suo ragionamento. -E come dovremmo aiutarli, se ci disprezzano? Non vogliono nemmeno che ci avviciniamo a loro, figurati se lasciano che li aiuti-. Vandervaal fece spallucce -Sarà un vostro compito capirlo. Quando voi ve ne andrete io sarò ancora qui a badare ai Maledetti-. Abbassai il volto per nascondere l'accenno di sorriso che si era formato sul mio volto. Non poteva minimamente pensare al fatto che la Corte del Deserto sarebbe stata distrutta in meno di un anno. -Penso che il resto te l'abbiano già spiegato i ragazzi-. Tornai seria e tornai a guardarlo dritto negli occhi -Se parli della corte, sì, ma non so nulla delle incursioni-. Vandervaal iniziò a cercare qualcosa nei cassetti, mentre iniziava a spiegarmi il tutto. -Ogni mese dovrete andare in spedizione, che potrebbe durare più di due o tre giorni. Il luogo dell'attacco lo sceglieranno Calliope e Roshan, loro lavorano sempre con le cartine. Le regole sono due: non fatevi uccidere e non spingetevi oltre le Terre del Khalahari. Mai-. Era tutto qui?  -E come dovremmo spostarci?-. Lui mi guardò sbalordito, come se la risposta fosse ovvia -Avete una forma animale, potete usarla. E no, la carrozza di Beliorn non è un'alternativa, non ci stareste mai tutti. Per quanto riguarda l'abbigliamento, dovrete utilizzare dei vestiti particolari, prodotti dalla magia di Beliorn. Fanno sì che il calore del deserto non passi nella stoffa e che il sole non vi bruci la pelle. Invece, gli oggetti rubati vanno messi in una sacca che dovrete legarvi dietro la schiena. Anche questa è di un tessuto molto particolare e fa sì che non si senta il peso di tutto quello che viene posto all'interno-. Infondo Vandervaal pensava anche alla salute dei ragazzi. Mi porse un foglio che aveva estratto da uno dei cassetti nei quali stava frugando. -Ora devi solo firmare questo documento e sarai un membro della Corte del Deserto-. Presi una penna e iniziai a scrivere il mio nome. Fino a un mese fa non sapevo nemmeno tracciare una linea con una penna, ma, con l'aiuto di Marven, avevo imparato a scrivere molte cose, ma, prima di tutto, il mio nome. Mi fermai a metà parola. -Un'ultima domanda. Quando inizierò a partecipare alle incursioni?-. -Oh giusto, me n'ero quasi dimenticato. Avrai ancora un mese per fare gli allenamenti e poi avrai due prove, una come battaglia e un'altra come incursione. Di solito do tre mesi e non due, ma Marven mi ha riferito che impari in fretta-. Sorrisi, pensando a Marven un'altra volta, ma poi ricordai la discussione che avevamo avuto in corridoio, prima che entrassi. Finii di scrivere il mio nome e gli diedi il foglio. Lui mi sorrise e mi porse una mano. Io la presi e la strinsi. -Benvenuta nella Corte del Deserto, Faiza-.

Uscii dalla porta e mi diressi verso il giardino, dove poco fa mi stavo allenando. Il tessuto del mio vestito mi accarezzava la pelle mentre camminavo con passi svelti lungo i corridoi. Durante gli allenamenti ero solita usare dei pantaloni leggeri e larghi, che mi permettevano di muovermi agilmente. Senza dubbio anche quelli erano stati prodotti da Beliorn. Infatti, nonostante il movimento, il mio corpo era sempre al fresco. Aprii le porte e vidi i ragazzi raggruppati al centro del giardino. Aspettavano ansiosi, bisbigliando tra di loro. Marven se ne stava in disparte, seduto su uno degli scalini del soppalco, con il volto tra le mani e la schiena arcuata. Mi avvicinai silenziosamente e poggiai una mano sulla sua spalla. Lui si girò di scatto. Mi squadrò e si alzò in piedi. I ragazzi avevano alzato lo sguardo su di me, aspettando che gli dessi la notizia. Sorrisi e lo annunciai -Sono una di voi, ora. Sono un membro della Corte del Deserto-. Marven indietreggiò, guardandomi dritta negli occhi. I suoi pieni di rabbia e umiliazione. I miei di preoccupazione e ardore. Voglia di distruggere tutto. -Benvenuta- mi disse con un tono distaccato e si allontanò. -Marven!-. Tentai di scendere le scale per raggiungerlo, ma i ragazzi mi raggiunsero in massa, per abbracciarmi. Vana mi raggiunse sorridendo, ma poi notò il mio sguardo preoccupato e subito dopo l'assenza di Marven. -Dopo mi spiegherai tutto, ora dobbiamo festeggiare-.

Quando Lana finì di truccarmi, mi osservai nello specchio. Mi ero lavata da poco e profumavo di pulito. Indossavo un abito che Lana mi aveva portato dal suo armadio. Era rosso, con le bordature in oro e risaltava la mia pelle olivastra. I miei capelli erano raccolti in due trecce decorate con dei fili rossi e i miei occhi erano ricoperti di un ombretto di egual colore. Nonostante il trucco leggero, ero completamente diversa da prima. Non sembravo più la Faiza che avrebbe ucciso pur di ottenere ciò che voleva. E non potevo nemmeno mostrare il mio velo verde acqua, siccome non si abbinava al rosso del mio abito. -Insisto, dovresti farti disegnare quelle linee dorate, Faiza. Calzerebbero a pennello con tutto il resto- disse Vana, che si era seduta sul bordo della vasca per guardare Lana all'opera. Loro due si erano già preparate e portavano tutte e due un abito del mio stesso modello, con le maniche e le gambe larghe, ma le parti rosse del mio erano sostituite da quelle oro e viceversa. -Non ne sono sicura. Tutto questo mi fa sembrare una principessa, non una guerriera- contestai, inclinando la testa e osservandomi insicura attraverso lo specchio. Lana prese un pennellino e lo intinse nell'oro -Una guerriera può essere bella e truccata, non devi seguire nessuna moda-. Sorrisi e lasciai che finisse di tracciare la linea lungo l'occhio, poi mi girai e chiesi -Allora? Come sto?-. Vana si alzò dal bordo della vasca e mi prese le mani -Aspetta che ti vedano i ragazzi-. Lana ci condusse fuori dalla stanza e si sedette sul letto -Soprattutto Marven. Passerà tutta la serata a guardarti, fidati-. Per colpa dei preparativi mi ero completamente dimenticata della nostra discussione e non ne avevo ancora parlato con nessuno. -A proposito- Vana guardò fuori dalla finestra e mi indicò il giardino. Seguii il suo sguardo e vidi Marven. Prendeva a pugni un sacco da pugilato e indossava solo i pantaloni. Era fradicio di sudore e capii subito che non si era tolto la maglia per mettere in mostra il suo fisico. I vestiti erano stati fabbricati per evitare che il calore vi passasse attraverso, evitando così la sudorazione e l'affaticamento. Lana mi aveva spiegato poco prima che il sudore, alla Corte del Deserto, era considerato una debolezza. Era come lasciarsi andare e farsi sopraffare dal deserto e i suoi aspetti negativi. Vana l'aveva definita una metafora che Vandervaal utilizzava per dire ai ragazzi di non farsi sottomettere da nessuno. E Marven aveva tolto la maglia per quel motivo, per punirsi, per sentire il vero Marven, quello debole. Anche Vana, nonostante non sapesse cosa fosse successo tra me e lui, lo capì e mi lanciò uno sguardo preoccupato. -Vai a parlargli. Ora-. Annuii e uscii di corsa dalla stanza, mentre Lana si avvicinava alla finestra per assistere alla scena. Dovevo salvarlo da se stesso.

Quando raggiunsi Marven respiravo a fatica. Avevo corso lungo i corridoi e le scale per raggiungerlo il più in fretta possibile. Riuscii a stento a pronunciare il suo nome, senza fiato. Lui si girò, con uno sguardo confuso dipinto sul volto. Appena mi vide affaticata la sua faccia si deformò per assumere un'espressione preoccupata. Mi prese per le spalle e mi chiesi se stessi bene. Gli posai una mano sul braccio e presi una boccata d'aria. -Marven. Non ho parole per farti capire quanto sono dispiaciuta-. Lui incrociò le braccia sul petto e inarcò un sopracciglio -Vedo che non hai nemmeno il fiato. Senti, Faiza. Mi hai già umiliato abbastanza, le tue scuse servirebbero solo a peggiorare la tua situazione, quindi vattene, per favore-. Si girò per riprendere il suo allenamento, ma non fece in tempo a tirare un altro pugno al sacco, perché gridai, mentre sentivo i miei occhi cambiare, diventare rossi. -No, Marven, ti stai umiliando da solo, con questo comportamento. Non devi vergognarti di quello che sei, ma soprattutto, non devi affligerti queste punizioni-. Tesi le braccia lungo il mio corpo, tenendo i pugni stretti, mentre gli artigli, che avevano preso il posto delle unghie, scavavano nella mia pelle. -Io sono una persona sfacciata, diretta e troppo decisa. Non sempre mi accorgo di quello che dico e non voglio che la nostra amicizia venga rovinata per colpa mia. Non volevo darti del debole, perché non lo sei. Tu combatti le tue battaglie e io le mie. Ma, cosa più importante, le combattiamo in modo diverso. Non tutti i guerrieri sono coraggiosi-. Lui si rimise la maglia e mi abbracciò. Il calore delle sue lacrime mi raggiunse attraverso il vestito. Lo strinsi con tutta la mia forza e poi, staccandomi, presi il suo volto tra le mie mani -Non farlo mai più. Tu non sei debole-. Lui si asciugò le lacrime e mi guardò mentre un sorriso compariva sul suo volto -Ma tu hai dei difetti, Faiza?-. Ridacchiai con lui e poi gli presi la mano, mentre i miei occhi da lupo tornavano ad essere verdi, come al solito. -Ne ho così tanti che se mi pagassero per averli potrei gestire io la Corte. Ora andiamo, ti devi preparare per la festa di questa sera-.

OF BLOOD AND SANDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora