Capitolo otto.
Quando apro gli occhi noto che non sono nel solito letto nel quale dormo da più o meno due settimane e nemmeno nella solita camera. Qui è tutto bianco: il letto, le lenzuola, le pareti, il comodino al mio fianco, la luce e tutto questo mi fa venire male agli occhi.
Quando mi guardo il braccio mi accorgo che ho un ago infilato nelle vene, che tra l'altro mi procura anche un tremendo fastidio. Cerco di alzarmi, ma lo stomaco mi fa malissimo. Sono in una stanza d'ospedale? Come ci sono finita qui? Poi inizio a ricordare... Ricordo Naomi, il volo che mi ha fatto fare per poi essermi schiantata con la testa al suolo. I calci, i pugni, le gomitate nello stomaco, il respiro che cominciava a mancarmi, la vista che si offuscava piano piano, quel ragazzo dagli occhi azzurri che sembrava un angelo. Sono... svenuta? Quel ragazzo è stato solo frutto della mia immaginazione o era reale? E se è reale, adesso dov'è?
Ritorno alla realtà quando sento la maniglia della porta aprirsi e mi volto in quella direzione. Jon fa capolino nella stanza e non appena nota che sono sveglia mi sorride. In modo forzato, ma lo fa. È in divisa, ha i capelli un po' spettinati e suoi occhi nocciola mi scrutano bene. Sono felice di vederlo.
«Ti sei svegliata.» Si avvicina al letto e si siede su una sedia che poco prima non avevo notato.
«A quanto pare. Cos'è successo? Dove sono?»
«Non lo ricordi?»
«Ricordo solamente che Naomi mi ha presa a botte, poi niente più.»«Dopo ciò sei svenuta, ti hanno portata in infermeria e sei rimasta incosciente per un giorno intero. La dottoressa Phillips ha detto che i lavaggi ti avrebbero aiutata e che non appena ti saresti svegliata ti avrebbe dato qualcosa per il dolore allo stomaco.»
«Oh... in effetti mi fa ancora molto male.» Perché avverto una strana tensione tra di noi?
«Senti, Amaya, i-io... ho cercato di venire da te, ma alcuni militari mi hanno trattenuto e non sono riuscito a liberarmi, per quanto ci abbia provato. Ho urlato il tuo nome, ho urlato a Carl che se Naomi avesse continuato così ti avrebbe uccisa, ma non mi ha degnato di uno sguardo. Lo so» Abbassa gli occhi «Che ti ho promesso che ti avrei sempre protetta, ma questa volta non ce l'ho fatta e mi dispiace. Sono così incazzato con me stesso.»
«Jon, non hai nessuna colpa, davvero.» Cerco di rassicurarlo. Perché è vero, non ha nessuna colpa per quanto mi riguarda. Ricordo di aver pensato: "Perché non viene a salvarmi, dov'è?" e adesso che mi ha spiegato come sono andate le cose non potrei mai, e dico mai, avercela con lui, per niente al mondo. Ha cercato di venire da me e questo, almeno per me, è già sufficiente.
«Dio!» Si alza in piedi e sferra un pugno al muro con la mano buona. Faccio un salto, con gli occhi spalancati per la paura. Non l'ho mai visto così, cosa gli prende? «È colpa mia, invece. Avrei dovuto salvarti dalle sue grinfie e invece non ho fatto altro che urlare il tuo nome per tutto il tempo, sono così patetico!»
«No!» Provo ad alzarmi e seppur mi faccia un male cane ci riesco «Non sei patetico, Jon! Hai cercato di salvarmi e solo questo non sai quanto mi renda felice, te lo giuro.»
«Mi dispiace, mi dispiace tanto.»Si avvicina al letto e mi allungo per stringerlo forte a me. Non m'interessa del dolore, Jon ha bisogno di me, ha bisogno di sapere che non è affatto patetico, anzi. Non potevo chiedere persona migliore al mio fianco. Capisco cosa stia provando; si sente in dovere di proteggermi, di tenermi al sicuro, perché è lo stesso per me. Non sopporterei di vederlo ferito, di vedere qualcuno che gli fa del male e di non poter fare nulla per salvarlo.
«Ascoltami e ascoltami bene» Gli prendo il viso tra le mani «Tu non sei patetico, non dirlo mai più. Sei magnifico e sono così felice di avere una persona come te nella mia vita. Ti voglio bene, Jonathan. Te ne voglio da morire.»
«Non si tratta solo di questo, Amaya.» Si tortura le mani e all'improvviso provo una strana sensazione.
«E di cos'altro?»«Mi sono sentito una merda perché qualcuno ti ha salvata e quel qualcuno non sono stato io, da come ti ho già detto.»
Mi batte forte il cuore al pensiero che quel ragazzo possa essere reale. «E chi è stato, allora?»
«Un ragazzo, ti ha presa e portata qui. Poi non l'ho più visto.»«Non gli hai chiesto come si chiamava? Non lo hai nemmeno ringraziato?»
«Quando sono venuto qui se n'era già andato.»
«Aveva gli occhi azzurri, vero?»«Credo di sì, non l'ho guardato bene. Sinceramente pensavo di più a te, Ariel.»
Lo sapevo. Sapevo che era reale. Non l'ho sognato, mi ha salvata davvero.
«Jon... Penso di aver trovato il mio Eric.» Sorrido.
🌻 🌻🌻
Il giorno seguente la dottoressa Phillips, una donna alta, snella, con i capelli biondi e gli occhi verdi, mi fa ingoiare delle pillole per il dolore allo stomaco, dopodiché mi mette fra le mani la scatola, ordinandomi di assumerne una al giorno per altri tre giorni e poi mi manda via. Non ho affatto intenzione di ingerirne altre, non so di cosa si tratti e il solo averne presa una mi fa pensare: "Cosa mi succederà adesso?".
Mentre cammino nell'enorme corridoio, diretta nella mia camera, vado a sbattere contro qualcosa, o per meglio dire qualcuno. Alzo lo sguardo, ritrovandomi faccia a faccia con il mio presunto Eric. Oh mio dio! Calma, calma!, mi ripeto, mentre vado in iperventilazione. Essendo così vicina a lui mi soffermo a guardarlo meglio: occhi azzurri, capelli scuri, sguardo freddo.
Sembra il tipico bad boy di cui si innamorano tutte e io, purtroppo, non sono immune al suo fascino.
«I-Io, m-mi dispiace, ero distratta.» Perché balbetto? Non ho mai balbettato in presenza di un ragazzo, perché devo farlo proprio ora?
«Nessun problema. Hey, ma io ti conosco!» Sorride e devo ammettere che anche il suo sorriso è meraviglioso quanto lui. Okay, sto per morire.«Sei stato tu a salvarmi da Naomi, vero? Sei stato l'ultima persona che ho visto prima di svenire. Se non fosse stato per te chissà dove sarei adesso, quindi grazie mille per avermi salvata. Ti ringrazio tanto.» Sto parlando decisamente troppo e troppo velocemente, vero?
«Calma» Ride «Non devi ringraziarmi. Ho visto che il tuo amico era in difficoltà e così sono venuto io in tuo soccorso.»
«Beh, ti ringrazio lo stesso.» Sorrido, con il cuore a mille.«Sono Travis, piacere.» Mi tende la mano.
«Amaya.» Gliela stringo con decisione.
«Come va lo stomaco?»
«Meglio, per fortuna.»«Sono felice. Senti, ora devo andare, ma se ti va potremmo vederci... stasera?»
«Per fare cosa?» Chiedo. Ma davvero, Amaya?
«Non so, facciamo un giro, anche se non c'è molto da vedere qui.» Ride ancora una volta. Quanto può essere bello?
«Non credo ci sia permesso.»
«A me sì, sono speciale.»
«Ah sì?» Domando, pensando che stia solo scherzando.«Ti svelo un segreto, ma non dirlo a nessuno: sono il figlio di Jensen, il capo dell'intera organizzazione.»
Mi viene una fitta al cuore. «Il... Il figlio di Jensen? Colui che ci ha "reclutati" e rinchiusi qui dentro senza poter indossare i nostri abiti e poter chiamare i nostri familiari? Quel Jensen?»
«Sì, proprio lui.» Conferma.🥀 🥀🥀
Spazio autrice.
Hola! Per prima cosa mi scuso con voi se il capitolo è corto, ma è solo di passaggio e avevo bisogno di introdurre il nuovo personaggio: Travis. Nel prossimo capitolo lo conoscerete meglio, promesso!
Ieri sono andata al cinema a vedere "American Assassin", film in cui recita mio marito (Dylan O'Brien) e, oltre ad essere un bellissimo film, mio marito è stato F E N O M E N A L E. Sono sempre più fiera di lui, il mio piccolo è cresciuto così tanto. *No, non piangerò, non piangerò. Forse.*
Anyway, ve lo stra consiglio (ma non sbavate su mio marito, grazie!).
Come sempre, fatemi sapere se c'è qualcosa da modificare/cancellare/correggere, o se fa proprio cagare, non mi offendo, HAHAHAH.
Alla prossima,
-Mar.
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Nightmare. [COMPLETA]
AdventureLe vite di Amaya Harington e Jonathan Rivers, migliori amici fin dall'infanzia, vengono scombussolate da un annuncio da parte del governo, il quale gli comunica che l'indomani dovranno partire per un progetto segreto che, a detta loro, salverà l'uma...