Capitolo due.

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Capitolo due.

Mi giro e rigiro fra le coperte in cerca di una posizione giusta per riuscire finalmente a dormire, ma quando mi volto a guardare la sveglia sul comodino che indica le cinque del mattino sbuffo e sposto le coperte da un lato. Mi alzo e invio un messaggio a Jonathan:


"A: Jon Snow 💕

Sei sveglio? Non riesco proprio a dormire".


Ieri sera, dopo aver fatto le valigie, mi sono messa subito a letto sperando di poter dormire, ma purtroppo non sono riuscita a chiudere occhio. Non riesco a non pensare al fatto che dovrò lasciare mia madre e Thomas da soli, per chissà quanto tempo, per giunta.

Controllo di nuovo il cellulare, in attesa di una risposta da Jon, ma non arriva nulla. Un abbozzo di sorriso mi spunta sul viso quando noto il nome col quale l'ho salvato: Jon Snow è il mio personaggio preferito della serie TV "Il Trono di Spade" e dato che continuavo a chiamare Jonathan con l'abbreviazione "Jon", decisi di mettergli tale nickname.

Sussulto quando la vibrazione del cellulare mi riporta alla realtà. Leggo il suo nome sul display e premo subito sulla cornetta verde, per poi portarmi il cellulare all'orecchio.

«Nemmeno io riesco a dormire. Fra cinque minuti al nostro albero, sirenetta

Odio quando mi chiama in questo modo, mi ha persino salvata col nickname "Ariel" sul suo cellulare perché dice che gliela ricordo. Colpa dei miei lunghi capelli rossi e del fatto che da bambina era uno dei miei cartoni Disney preferito. Oltre ai capelli, però, io e la sirenetta non abbiamo molto in comune, dal carattere all'aspetto fisico: io ho gli occhi verdi, mentre lei invece li ha azzurri.

Indosso le prime cose che mi capitano a tiro ed esco di casa facendo il minor rumore possibile, dopodiché prendo a camminare a passo svelto. Fa un freddo cane e mentre avanzo mi stringo ancora di più nel cappotto per cercare di trarne calore. Non posso credere che questa sarà l'ultima volta che percorrerò questa strada per chissà quanto tempo, perché nessuno sa per quanto tempo rimarremo... ovunque ci porteranno. Nessuno sa nulla, solo quello che il governo ci ha detto ieri, cioè pochissime cose. Perché dobbiamo imparare a combattere, a difenderci? E perché tutto questo dovrebbe essere per il bene dell'umanità? Non ci capisco nulla.

Arrivo al nostro albero, notando che Jonathan è già qui. Mi avvicino a lui, che non appena si accorge della mia presenza mi avvolge in un abbraccio. Sospiro sulla sua spalla e cerco di trattenermi dal piangere. Devo essere forte.

«Stai bene?» Mi domanda quando ci stacchiamo.
«Sì, e tu?» So che non mi crederà, mi conosce troppo bene.
«Sai che non ti credo, vero? Comunque io sto bene, penso.»
«Come "pensi"?»
«Beh... almeno non vedrò mio padre per un po', no?»

Jonathan e suo padre non vanno esattamente d'accordo, anzi, il suo vecchio lo odia perché pensa che Jon sia responsabile del decesso della madre, la quale è morta per emorragia dopo averlo partorito in casa.

Mia madre, tempo fa, mi raccontò che il marito avrebbe voluto portarla in ospedale, la supplicò, ma lei, cocciuta com'era, gli disse che avrebbe potuto farcela anche da sola. Per suo padre è stato Jon a ucciderla, guai se cerchi di farlo ragionare. Ora che Jon ha compiuto finalmente diciotto anni sta pensando di trasferirsi, ma le cose purtroppo non stanno andando come dovrebbero. Fra un po' è anche il mio diciottesimo compleanno e probabilmente non potrò festeggiarlo con Thomas e mia madre. Probabilmente potrò sentirli solo al telefono e questa cosa mi rattrista molto. Speravo di festeggiarli in un altro modo, ma almeno ci sarà Jonathan con me.

Questo sarebbe stato anche il nostro ultimo anno di scuola e sembra stupido, ma quest'oggi preferirei mille volte andare a scuola, cosa che probabilmente odio più di tutte, piuttosto che andare in un posto che non conosco e del quale non so praticamente nulla.

Nightmare. [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora