La creaturina era riuscita a salvarsi, alla fine: l'Imperatore dei Serpenti la usava come ostaggio per incatenare a sé la Regina dei Draghi. Era un espediente vile – esattamente come colui che lo utilizzava –, ma funzionava perfettamente al suo scopo, lo sapevano entrambi.
La Regina non si sarebbe mai azzardata a scappare senza l'ultimo superstite del suo popolo e l'Imperatore teneva sempre sotto stretta sorveglianza quella povera creaturina.
Poteva sembrare un piano perfetto, in effetti; anzi, lo era – sotto ogni punto di vista.
Ma l'Imperatore dei Serpenti aveva sottovalutato l'amore di una Regina per il suo Regno, per la sua stirpe. E, ovviamente, quella dei Draghi non faceva eccezione.
Emma spalancò gli occhi, quando l'unica cosa che voleva fare era chiuderli. Faceva quasi più male rendersi conto che si stava lentamente abituando al dolore piuttosto che le percosse stesse. Quasi.
C'era una parte di lei che si spegneva completamente, mentre lui si sfogava. Probabilmente, era un forma di protezione – o, almeno, era sicura che l'avrebbero chiamata così: per proteggere la sua sanità mentale, chiudeva tutto fuori, oltre dei muri invalicabili.
Tranne Elia. Il suo bambino era costantemente nei suoi pensieri; era impossibile che non fosse così, in realtà: quel suo piccolo sorriso, a volte leggermente sdentato, era come una boccata d'aria fresca in mezzo a tutte le scorie radioattive che aleggiavano in quella casa. Peccato che Elia avesse preso anche quella peculiarità da lei: era estremamente raro vederlo sorridere con sincerità, con una genuina felicità – tutta colpa sua.
I bambini sono versatili, si abituano facilmente, e quello di Emma era particolarmente sveglio. Se solo non ci fosse... erano aperte, quelle tende?
Il respiro le si mozzò in gola, provocandole dei leggeri spasmi alla cassa toracica già stremata. Se prima non provava assolutamente nulla, la paura si aprì la sua viscida strada dentro di lei. Emma sapeva perfettamente dove Elia si andava a rintanare tutte le volte che non doveva rimanere a casa, glielo aveva detto lei stessa – così come il gesto segreto, che conoscevano solo loro due, che significava "esci alla prima occasione utile".
Ma quelle maledettissime tende erano aperte e lei già poteva vedere la maglietta rossa in cotone caldo del figlio avvicinarsi alla panchina di fronte alla fontanella, quella da cui si poteva vedere anche la finestra senza tende. Solo che non poteva andare a chiuderle: la testa le scoppiava e girava forte, senza pietà, il braccio sinistro leggermente addormentato. Le uniche cose che riusciva a sentire erano lo scorrere forte del suo sangue nelle vene e i passi pesanti di lui che si avvicinavano lentamente e inesorabilmente.
Aveva appena iniziato.
Sentì i capelli tirati all'indietro e le scappò un gemito – non era la cosa migliore per le sue tempie provate. Per un secondo, Elia passò completamente in secondo piano, i suoi neuroni troppo impegnati a non aver un crollo emotivo devastante. Ma, passato quell'attimo di completa chiusura, il senso di colpa si fece sentire più prepotente di qualsiasi altra cosa: Emma ingoiò le lacrime che avrebbe tanto voluto lasciare scorrere libere sulle sue guance – guance che presto sarebbero state un tripudio di gialli, verdi, viola e nero.
Il suo bambino stava per assistere a una scena che una mente così giovane non avrebbe dovuto nemmeno contemplare, e lei non poteva permetterlo. Elia non doveva preoccuparsi di tutti quei problemi; Elia doveva continuare a vivere la sua vita tranquillamente; Elia doveva essere tagliato fuori da quella oscura parte della relazione dei genitori.
Elia era tutto, per lei.
Era tutto e di più ed Emma, semplicemente, non poteva pensare ad un modo migliore per proteggere il suo bambino. Lui non faceva distinzioni, quando si parlava di farle male.
Quella mano teneva ancora i suoi capelli, ciocche castane che si aggrovigliavano attorno alle dita. Le ci sarebbe voluta un'eternità per sistemarli e renderli di nuovo lisci com'era normale che fossero – non che servisse a qualcosa, comunque: tanto, tutto sarebbe di nuovo cominciato daccapo.
Emma, tra i dolori al collo e al cuoio capelluto, cercò di sbirciare oltre la finestra dalla tende aperte, vedendo chiaramente come Elia fosse seduto sulla panchina e la guardava.
La stava guardando, gli occhi sgranati per il terrore.
Il suo bambino la stava fissando dritto negli occhi elei non poteva fare nulla per impedirglielo.
STAI LEGGENDO
La Regina dei Draghi
Short Story[Storia partecipante al Concorso "Ricorda che l'Amore non colpisce in faccia mai" di @writherITA] A volte, il confine tra l'immaginazione e ciò che è reale non è così nitido come, invece, si pensa: alla fin fine, niente è indubitabile e nulla deve e...