Capitolo 4.

20 2 0
                                    

Mio caro Stevy,

ho così tante cose da raccontarti che nemmeno io so da dove iniziare. Penso che partirò col dirti che è stata la giornata più strana di tutta la mia vita. Ti descrivo brevemente la mattinata. Tommy era in cucina a fare colazione, mi ha chiesto scusa. Ha detto che non era sua intenzione spaventarmi o altro, aveva semplicemente interpretato male il mio atteggiamento. Mi ha chiesto che cosa ci facesse Jake in casa e io ho negato di sapere della sua presenza finché non è piombato nella sua camera da letto. Prima bugia della giornata. Speravo di uscire di casa senza incrociare Bridget, ma me la sono trovata davanti alla porta, mentre portava a scuola la piccola Susie, con i capelli biondissimi legati in due lunghe trecce. Ho salutato entrambe con un nodo al cuore. Fare le cose di nascosto è una cosa, ma farsi i fatti degli altri e mentire... Beh, è tutt'altra cosa, non trovi Steve? La giornata a scuola è volata. Non ho molte amiche. Diciamo che ne ho solo una: Fiona. Non viene più a scuola, ora fa le pulizie. La vedo ogni mattina quando porta i suoi fratellini a lezione. Sono sempre stata una persona molto introversa e ho sempre preferito far sapere il meno possibile di me alle persone, ma giuro che stamattina avrei voluto raccontarle tutto. Dallo strano discorso che avevo origliato a quello che sarei andata a fare quel pomeriggio. Menomale che ci sei tu, Steve. A te posso dire sempre tutto. Dunque, come ti dicevo prima, la giornata a scuola è volata. Mi sono catapultata al concerto, sicura di essere in ritardo. Stranamente ero in perfetto orario. Era un concerto di beneficienza per un orfanotrofio. In un attimo, la piccola sala dove prendo lezioni di piano, si è riempita di persone di ogni età. Io e Gustav, il mio insegnante, siamo stati i primi a esibirci. Il brano era tratto da un film molto importante per me, di cui ti parlerò più avanti. Io ero al piano, mentre Gustav al violino; è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Una volta terminato si sono alzati tutti in piedi e, sempre se la vista non mi inganna, avrei giurato di aver visto qualche signora asciugarsi le lacrime. Questo è quello che voglio fare, Stevy. Emozionare la gente con la musica. Era tardissimo però, dovevo muovermi per fare quella cosa. Sono corsa fuori, tra gli sguardi stupiti di tutti, quando mi sono sentita prendere per un polso. Era Dave, suona il clarinetto. "Sei stata magnifica.", mi ha detto e poi mi ha sorriso e poi mi ha anche messo in mano un bigliettino!! Non avevo tempo per pensarci. Sono corsa fuori dall'edificio e mi sono infilata nella prima metropolitana. Mi ero studiata per bene la strada che dovevo fare su Google maps, la sera prima. Distava esattamente venti minuti e cinquantasei secondi, contando anche il pezzetto a piedi dell'uscita della metro al famoso indirizzo, ma io quel pezzo l'avrei fatto correndo, perciò contavo di arrivarci in un quarto d'ora... è molto importante che ti dica l'indirizzo? Perché ora il bigliettino non ce l'ho più e non vorrei dirti una stupidaggine. Posso dirti con certezza che è nei pressi di Piccadilly Circus, in una via secondaria, praticamente introvabile. Ho cambiato metro due volte e stavo per risalire in superficie e iniziare la mia corsa, ma purtroppo il Karma mi ha beccata. Un vento gelido si era alzato e portava con se pioggia e neve. Naturalmente io avevo i jeans stracciati, (non per moda, vissuti), un maglione e le all star consumate e fradice. Che sfiga, eh Steve? Ma non mi sono fatta scoraggiare, sai? Ho messo la mappa sul telefono e ho iniziato a correre come una matta. Ho rischiato di scivolare non sai quante volte, ma avevo l'adrenalina alle stelle e non ci ho fatto nemmeno caso. Ero spinta da una curiosità che non avevo mai provato fino a quel momento. Correvo, correvo, non facevo nemmeno più caso ai piedi fradici e quelle povere dita costrette a stare lì dentro e che ormai non riuscivano a muoversi. La mappa mi ha fatta entrare in una via strettissima, tra due edifici. Proprio sotto le scale anti incendio, c'era l'unica porta di tutta quella... "via" mi sembra eccessivo, diciamo "stradina tra due palazzi", che rende di più l'idea. Non c'era nessun campanello, ma io sapevo di essere nel posto giusto. Non sai quanto sono rimasta là fuori a tremare come una foglia, Stevy. Non so nemmeno io che cosa stessi aspettando, se un segno divino, o magari semplicemente un po' di coraggio. Spinta dal freddo ho bussato. Più per istinto di sopravvivenza che per altro. Non scherzo se ti dico che stavo congelando lì fuori. Il vento, la pioggia e la neve non si decidevano ad andarsene. Mi batte fortissimo il cuore se ripenso a quel momento, Steve. La porta si è aperta piano piano, all'inizio, poi si è spalancata e io mi sono trovata davanti... Jake. Sentivo che sarei potuta svenire da un momento all'altro. "Pe... Peter Finn?", ho balbettato. Non mi ha risposto, mi ha solo presa per un braccio e mi ha trascinata dentro. Mi sono fatta avvolgere dal calore. "Stai congelando, cazzo.", mi sfregava le braccia con le mani, poi mi ha portata sul divano. Era proprio un bel divano, marrone e morbissimo. Ci sono letteralmente sprofondata dentro. "Aspetta qui.". Ma chi si muove? Avrei voluto urlargli. Non so se fosse per il freddo o per lo shock, ma non riuscivo a smettere di tremare. "Penso sia ora che tu te ne vada!", l'ho sentito urlare. Ci ho messo un attimo a capire che non parlava con me. Una ragazza mezza nuda era comparsa dietro al divano e sembrava a dir poco infuriata. "Sei proprio uno stronzo, sai?", poi si gira a fissarmi. "Ah, vuoi fartela con le minorenni adesso, okay!", prende la giacca e se ne va sbattendo la porta. Io torno a stravaccarmi. Non sai che goduria stare lì... Jake, o Peter, torna da me con una felpa rossa molto grande e molto asciutta. Solo in quel momento mi sono accorta che era senza maglietta. Ha un fisico muscoloso e asciutto, un bel vedere insomma. "Mettiti questa". Non ho esitato a togliermi il maglione e a infilarmi la felpa calda e morbida. Non ho provato vergogna, chissà quante donne nude ha già visto! Di certo non si scandalizzerà a vedere me. Mi tolgo anche i pantaloni, per stare più comoda, e lui si mette a ridere. "Fai pure come se fossi a casa tua", ha una bella risata. "Posso sapere come hai fatto a trovare questo posto?". Gli do il biglietto insieme alla ricevuta e se lo mette in tasca, ecco spiegato il motivo per cui non ce l'ho più io. "Scusami... Non erano affari miei.", gli ho detto. Non mi sembrava arrabbiato. "Quanti anni hai?", dovevo togliermi questa curiosità. "Venti, quasi ventuno in realtà". Guardo l'orologio. Era tardi, troppo tardi. Se non fossi tornata a casa entro mezz'ora, Bridget si sarebbe arrabbiata da morire. "Parlo io con Bridgy, okay?". Sono sicura che legga nel pensiero. Lo sento al telefono ma non capisco quello che dice. "Io ora devo andare a lavoro, tu resta qui. Tornerò per le nove e ti porto a casa, okay?". Annuisco. Appena esce, tiro fuori il diario. Da quando ho iniziato a scriverti me lo porto sempre dietro, sai? Anche se poi finisco sempre per scriverti la sera... Sono quasi le otto. Approfitterò della sua assenza per ispezionare un po' la casa e domani ti racconterò il resto della serata. Ciao Steve, sei un amico... a domani.

P.s. Sono le nove e dieci e ancora non si è fatto vivo.

Il Diario Dei Sogni.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora