Capitolo 9

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Quella piccola e paffuta bambina non avrebbe mai voluto sentire le pesanti parole che pronunciò quel giorno la sua mamma mentre era sul letto d'ospedale. Dietro l'opaco vetro della porta che separava la stanza del malato dalla sala d'aspetto, non c'era più quella donna dalle gote rosse ed il sorriso gentile, con i capelli che ricadevano sulle spalle. Non c'era più. Da pochi secondi.

Ho provato a cercare quella bambina dentro di me, quella bambina che pensava al paradiso come un luogo di pace e serenità che si trovava fra le nuvole, abitato da angeli dalle bianche ali e dalle arpe dorate.

Ho provato a pensare a quel posto come il luogo in cui riposava mia madre, ma non funzionò.

Riuscivo solo a vedere il volto pallido e scavato della donna che mi aveva allevato, le guance non più rosee e gli occhi azzurri fissi nel vuoto, spenti dalla scintilla che si accendeva appena sulle sue labbra appariva quel bianco e luminoso sorriso.

Non avrei mai dovuto varcare quella soglia, non avrei mai dovuto aprire quella porta.

Quella bambina se ne andata, è scomparsa lasciando il posto a un'adolescente scontenta che non sa cosa vuole nella vita, che vive i sogni degli altri guardando il mondo dall'esterno, sperando di vivere come gli altri hanno fatto finora.

Al suo esterno, al posto del suo viso da bambina sorridente c'è solo una misera maschera rovinata dal tempo. Non c'è stampato un sorriso: solo una linea dritta al posto delle labbra e due occhi sempre aperti, vuoti e spenti da molti anni.

All'interno una persona fragile che piange ininterrottamente appena ne ha occasione, proprio nel momento in cui nessuno la guarda.

E se ne andrà proprio davanti agli occhi di tutti, solo che in quell'istante nessuno la guarderà.

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