Due

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Il telefono suonò più e più volte finchè non mi decisi a rispondere. Una voce lontana dall'altra parte ripetè le stesse parole.

-Mi scusi, posso parlare con la Dottoressa Miretti? Scusi, riesce a sentirmi?

-Sono io la Dottoressa Miretti. Di cos'ha bisogno?

Un attimo di silenzio sembrò interrompere l'entusiasmo di chi mi stava cercando.

-Isabella, sono io.

Mi sentii girare la testa non appena riconobbi la voce di colei che mi aveva chiamata. Come avevo fatto a non capirlo subito?

-Paola!

Urlai il nome della mia vecchia amica così forte che almeno metá reparto si voltò a guardarmi. Mi scusai in fretta e mi nascosi nello sgabuzzino. Afferai il cellulare e cominciammo a parlare, raccontandoci ció che in sei anni ci eravamo perse l'una dell'altra. Ridevamo e ricordavamo i vecchi tempi e una lacrima corse spontanea sul mio viso. Mi mancava, e avevo bisogno di vederla.

Due giorni dopo, con il sole appena sorto ad illuminare i visi di tutti, io e Paola sedevamo una in fronte all'altra, dimenticanti del mondo, concentrate solo sui noi stesse. Lo sapevo che c'era qualcosa tra di noi, come una potentissima forza di coesione che ci univa, ci stringeva e non ci permetteva di liberarci. Eravamo sempre state così: avremmo potuto litigare per i motivi più seri e più profondi, ma sarebbe bastato un abbraccio a fare sbollentare tutta l'ira che ci aveva pervaso. Era l'unica che era sempre riuscita a capirmi, ad aiutarmi, ad urlarmi contro se stavo sbagliando, a rinunciare al mondo pur di stare con me e io avevo sempre fatto lo stesso. Sembrava passata un'eternitá da quei sorrisi tra i banchi di scuola, le corse su e giù dalle scale per vedere i ragazzi che ci piacevano, i tentativi di corruzione nei confronti delle bidelle, i pianti chiuse a chiave nei bagni. Poi c'era stata l'universitá, ma quella era tutt'altra cosa.

-Isa, se ti ho chiamata, l'altro ieri, è per un motivo preciso.

Il suo sorriso brillava di un nonsochè che peró mi piaceva.

-Mi hanno regalato un viaggio, per Natale. Si tratterebbe di andare a Madrid due settimane, tutto pagato: volo, hotel, tutto. Sarebbe per due persone, pensavo di andarci con Marco ma il mese scorso abbiamo rotto e così mi sei venuta in mente tu.

Rimasi zitta per un attimo. Avevo capito bene: andare a Madrid, gratis. Pensai al lavoro, ma arrivai in fretta alla conclusione che avrei chiesto dei giorni di ferie; mi sarebbero stati concessi senza problemi. Sorrisi, felice.

-Sarebbe stupendo!

-Ok, temevo non avessi accettato! Allora mentre io sono via, fai da dogsitter a Tobia?

Sbiancai. Non capivo se fosse seria o meno; se lo fosse stata, mi sarei soltanto fatta grandi illusioni per niente.

-Ah, io credevo, ecco vedi...

-Scherzo stupida! Borbottò lei, le parole coperte dalla sua fantastica risata. Mi rilassai e risi anche io. La insultai dolcemente ma sembró non fare caso alle mie parole.

-Ma quando si parte?

-Ecco, dovrei dirti una cosa a riguardo...

La sua espressione si fece colpevole e io la fulminai con lo sguardo. Ricordai solo allora quanto Paola fosse disorganizzata e ritardataria, così pensai alle peggiori delle ipotesi.

Il volo è saltato e dobbiamo andarci in macchia.

No, troppo drastica.

Per partire dobbiamo andare in un aereoporto a sette ore da qui.

Impossibile, da Malpensa partivano tutti i tipi di volo.

Pensó lei a togliermi ogni dubbio, sollevandomi il peso di dover immaginare situazioni estreme.

-Noi dobbiamo partire domani.

La guardai, poi guardai l'orologio e riguardai lei.

-A che ora?

-Mezzogiorno.

Ok, mi dissi, forza, ce la puoi fare. Devi solo avvisare al lavoro, amici, parenti, salutare tutti, mettere da parte un po' di soldi, fare le valigie e soprattutto prepararti psicologicamente ad un viaggio pazzesco.

Ripensai al liceo e mi rilassai all'istante. Se riuscivo a studiare per le interrogazioni la notte prima e prendere lo stesso un bel voto, quello sarebbe stato un gioco da ragazzi.

Sguardi d'argillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora