Otto

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Il telefono aveva cominciato a suonare e non pareva intenzionato a smettere. Quella stupida canzoncina sembrava ripetersi all'infinito, rivelandosi terribilmente irritante. Cercai a tentoni il cellulare sul comodino e lo afferrai con noncuranza. Aprii lentamente gli occhi e la luce mi diede terribilmente fastidio: ci vollero un paio di secondi prima che riuscissi a leggere la scirtta sul display. Erano le cinque. Ero quasi decisa a tornare a darmire quando notai che la chiamata proveniva dall'ospedale e subito mi insospettii. Cos', dopo aver esitato ancora un secondo, risposi.

-Dottoressa Miretti?

-Sono io.

Mi vergognai per un attimo della mia voce palesemente addormentata.

-È importante. Un uomo si è buttato dal quarto piano di un palazzo, probabilmente voleva uccidersi. Beh, non ci è riuscito. Lo abbiamo ricoverato e le sue condizioni sono pessime, mi creda. Se non lo opererá lei, in poco tempo morirá.

Rimasi un secondo in silenzio pensando a cosa rispondere, poi inspirai profondamente.

-Io sono via, non posso raggiung...

-Dottoressa, lei è l'unica in grado di operare. Il volo è già prenotato e completamente pagato. Partirà a mezzogiorno e sarà qui subito dopo pranzo, dovrà fare in fretta.

-Potrá farcela senza problemi Pavesi. Il mese scorso è riuscita a salvare la ragazzina che è stata investita, non vedo come non posso farlo nuovamente.

-La situzione è più grave.

Cercai di interromperla.

-Molto più grave.

Chiusi gli occhi insieme alla telefonata. Il sonno mi impediva di pensare ma un'idea si fissò chiara nella mia mente: sarei dovuta tornare a casa. Era incredibile, ormai il mio lavoro si stava fondendo con la mia vita privata e la stava condizionando sempre di più. Dovevo partire o no? Mi alzai in piedi e mi lavai la faccia con dell'acqua fresca, in modo da riuscire a ragionare un po' meglio. Mi accostai a Paola e la guardai intensamente, sperando che intercettasse la mia richiesta d'aiuto.

-Va'. Dei bambini potrebbero perdere il padre per un tuo capriccio.

In un istante mi resi conto che aveva perfettamente ragione: cos'era una vacanza in confronto ad una vita umana? Era incredibile quanto la mia amica fosse sempre riuscita a farmi ragionare utilizzando cos' poche parole. Mi sentii tremendamente egoista per aver pensato prima alla mia vacanza che al mio cliente, cos' cercai di cancellare completamente quelle parole dalla mente.

-Sì, certo che parto, ma ho poco tempo. Devo fare tutte le valige.

-Ti aiuto io.

Anche lei si alzò e questo le richiese un utilizzo di forze immane. Cominciammo a raccogliere tutti i vestiti che erano sparpagliati a terra, le sigarette cadute, tutti i piccoli oggetti seminati sui mobili. Dopo qualche ora di lavoro, lei scese e comprò due aranciate e due caffè e dopo esserci riempite lo stomaco ci sentimmo nuovamente pronte a cominciare. 

-Siediti sopra, io la chiudo.

-Non funzionerà, la devi svuotare almeno un po'.

-Non so dove mettere le altre cose. Ascoltami e siediti.

-Non si chiude, è troppo piena.

-La smetti di darmi contro? Proviamo.

-Ho un'idea. Proviamo e scommettiamo: se vinci tu, bacio il primo ragazzo che trovo una volta uscita dalla stanza, se vinco io lo fai tu. D'accordo?

-D'accordo.

Ci strinsimo la mano per convalidare il patto, ma la mia mente era già altrove. Le parole di Paola mi avevano fatto venire in mente Pablo, il mio Pablo. In un attimo mi resi conto del fatto che non l'avrei più rivisto. Dovevo assolutamente incontrarlo prima di partire.

-Scendo nella hall.

Uscii dalla stanza e chiusi la porta con un tonfo. Riuscii a percepuire Paola che mi chiedeva cosa stavo facendo, ma ormai ero troppo impegnata a correre giù dalle scale senza inciamparmi. Improvvisamente sentii qualcuno parlare, così mi voltai. Una ragazza non troppo alta e mora mi guardava e sembrava atendere una risposta.

-Cosa scusa?

La piccoloetta ripetè in fretta qualcosa in francese, che non riuscii a comprendere a pieno. Il suo sguardo sembrava implorante, così cercai di sforzarmi. Dopo qualche minuto di tentativi mi resi conto che la ragazzina non parlava italiano e non capiva nemmeno l'inglese così inscenai una telefonata e continuai a scendere verso l'ingresso dell'albergo. Mi sentii un po' in colpa, ma avevo davvero fatto di tutto per farmi capire, anche se i risultati non erano stati dei migliori. La hall pareva deserta. non c'era nessuno, esclusa la segretaria bionda. Lo cercai con lo sguardo ovunque e decisi di sedermi sui divanetti, fingendo di aspettare qualcuno. In effetti stavo aspettando qualcuno, anche se, a dirla tutta, non sapevo nemmeno chi fosse. Mi concessi una manciata di secondi per pensare. Il giorno prima ero andata a casa di un ragazzo di cui nemmeno conoscevo il nome e ora ero qui, ansiosa di rivederlo come una quindicenne innamorata. Sorrisi tra me e me. probabilmente se mi avessero detto che sarebbe successa una cosa simile, non ci avrei creduto. Isabella Miretti non faceva queste cose. Isabella Miretti era una donna seria, responsabile, con la testa sulle spalle; non una ragazzina piena di brufoli e voglia di vivere. Isabella Miretti ormai aveva una vita, una casa, un lavoro, cosa pretendeva di più? Forse nemmeno io lo sapevo, cosa pretendevo di più. Mi ero solo resa conto che quel che avevo non mi bastava, non mi soddisfava a pieno. Mi alzai, infastidita, e mi avvicinai alla reception. 

-Scusi, sa dov'è il ragazzo che lavora qui?

La bionda mi guardò dall'alto in basso, con sguardo severo. Mi ricordai solo dopo che probabilmente non capiva l'italiano.

-Nessun uomo lavora qui.

Mi sbagliavo. L'italiano lo capiva e riusciva anche a spiccicare qualche parola, ma non fu questo a sorprendermi maggiormente. Ciò che disse mi sconvolse, tanto che mi spinse a ripeterle la domanda un paio di volte, ma la sua risposta non cambiò. Un  brivido mi percorse tutto il corpo, scuotendomi, svegliandomi.  Mi sedetti di nuovo, sentivo la testa girare e la mia confusione era tale che non riuscivo a distinguere chiaramente cosa avevo intorno. Mi sentivo oppressa, come chiusa in una stanza buia, senza porte e finestre, che lentamente ed ininterrottamente si chiudeva su di me. Un peso sempre maggiore mi gravava sullo stomaco, sentivo le gambe molli. Un enorme punto di interrogativo si era infilato nella mia mente e ora rimbalzava divertito contro le pareti del mio cranio.

Chi era lui?

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 30, 2014 ⏰

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