La giornata passò velocemente e io e Paola conoscemmo un gruppo di ragazzi e ragazze che, dopo averci dato informazioni sui migliori ristoranti della zona, ci chiesero se avessimo voluto unirci a loro. Così, tra un bicchiere di vino e una risata, cominciammo a comprendere qualcosa di più in spagnolo e imparammo almeno a farci capire. Scoprimmo che in Spagna, solitamente, si va al cinema la sera tardi, dopo cena, così, congedateci dal simpatico gruppetto, guardammo una commedia appena uscita.
La mattina seguente decisi di fare una sorpresa a Paola. Scesi nella hall con indosso solo una leggera vestaglia e vidi Pablo intento a lavorare al computer. Mi avvicinai e cercai di sfoderare la mia pronuncia migliore, insieme ad un bel sorriso.
-Hola.
-Hola!
Notai come lui alzò maliziosamente un angolo della bocca e cercai di distogliere lo sguardo. Era attraente ma la sua aria da saccente mi dava sui nervi.
-Tu sai dov'è una pasticceria?
Mi aiutai con i gesti più assurdi, sperando che riuscisse a capirmi. Per indicare la pasticceria, gli mostrai un volantino con la foto di alcuni splendidi cupcake che solo a vederli profumavano di zucchero.
Pablo scoppiò a ridere e chinò il capo, poi tornò a guardarmi, arieggiandosi come se fosse Dio sceso in terra. Sostenni il suo sguardo per un po' e fu lui il primo a guardare altrove.
Mi spiace bello, ho vinto io.
-La mia preferita è a pochi metri da qui, e vende anche i muffin, se ti interessa.
Ci misi qualche secondo a capire cos'era successo. Lo guardai con gli occhi sbarrati, incredula.
-Ma tu non eri quello che fino a ieri non riusciva nemmeno a pronunciare il mio nome in italiano?
-Non avevo capito foste italiane. Sono stato in viaggio studio per un anno a Milano e quindi lo so parlare abbastanza bene.
-Ma non te la cavi bene con l'inglese. Quelli sono cupcake, non muffin.
-Dittagli!
-Dettagli, al massimo. E comunque, stavamo dicendo, dove sarebbe questa pasticceria?
-Sembri di fretta.
-Sono di fretta, e non ho la benchè minima intenzione di perdere il mio tempo a parlare con te. Se, cortesemente, ti sbrighi, magari posso portare a termine i miei progetti.
Quanto mi irritava quel ragazzo. Non credevo che non avesse capito qual'era la nostra nazionalitá, io e Paola avevamo parlato diverse volte tra di noi in sua presenza. Qual'era il vero motivo che lo aveva spinto a mentire? Chi era Pablo veramente? Sulla sua giacca non compariva di nuovo nessun cartellino.
-Non pensavo fossi così acida.
Usava anche i verbi nel modo corretto. La scusa dell'anno in vacanza non reggeva proprio. Dovevo capirne qualcosa di più.
-Devo andarmene. Se hai intenzione di darmi un indirizzo bene, altrimenti chiedo a qualcun'altro.
Mi voltai e presi la porta, ma contro ogni mia aspettativa lui non mi fermò. Era più astuto e in gamba di quanto pensassi. Sorrisi all'idea e uscii di fretta dall'albergo.
Al mio rientro fu piuttosto facile riconoscermi. Avevo in mano un vassoio stracolmo di cupcake, fette di torta e dolci di ogni tipo che volevo portare a Paola per farle una sorpresa. Sapevo bene che li amava. Entrai nell'ascensore e mi accorsi che la hall era stranamente vuota. Mi resi anche conto che non profumava di colonia come al solito ma di un acido profumo da donna. Era incredibile quanto gli ambienti potessero cambiare in base a chi vi vivesse. Salii al quarto piano imprecando contro l'acensore troppo lento ed aprii la porta lentamente. Posai il dolce vassoio su un comodino e mi nascosi nuovamente sotto le coperte.
Era strano l'effetto che Pablo aveva su di me. Era una sorta di repulsione mista ad un desiderio immenso ed irrefrenabile quello che provavo per lui, era una di quelle persone che schiaffeggieresti con potenza prima di baciare appassionatamente. E il mio stomaco, la mia pancia, il mio umore risentivano di tutto ciò e cominciai a rendermene conto.
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Sguardi d'argilla
RandomRimanemmo per un po' fermi così, ognuno perso negli occhi dell'altro, navigando in un mare di chissá quante parole non dette.