OH, UNA PISTA DI PATTINAGGIO!

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A: Simo

Scendi, fa freddo, muoviti.

Mi levai il casco e sistemai i miei capelli ricci, mentre aspettavo che il mio amico uscisse di casa, sperando che non ci mettesse troppo: era il pomeriggio del 23 Dicembre e si congelava, in più eravamo in motorino. Io e Simone avevamo deciso di andare a comprare gli ultimi regali per il resto del nostro gruppo di amici, quindi ero andato a prenderlo a casa sua, ma, essendo ancora minorenni, l'unico mezzo che avevamo era il mio scooter.

«Scusa, scusa! Quando arriviamo ti offro una cioccolata calda!» mi promise Simone quando, finalmente, mi raggiunse.

«Con la panna, grazie» ridacchiai, passandogli il casco che avevo portato in più per lui.

Se lo mise ed io lo imitai, poi si sedette dietro di me e mi abbracciò: «Vai!» esclamò, convinto.

Partii ed il vento freddo subito mi gelò il viso, sentii Simone stringersi ancora di più a me, riparandosi sulla mia schiena, e quella sensazione non mi dispiaceva affatto. Arrivammo al centro commerciale e, dopo aver parcheggiato ed aver posato i caschi, corremmo dentro per ripararci da quell'aria gelida; il posto era davvero molto affollato, così ci rassegnammo a dover perdere tutto il resto della giornata.

«Che regali ci mancano?» domandai, sedendomi ad un tavolino di un bar.

«Che stai facendo?» chiese il mio amico, guardandomi confuso.

«Mi hai promesso una cioccolata calda, ricordi?».

«Giusto» rise, andando ad ordinare e tornando da me, «comunque... Ci mancano: Fada, Lory e il Losco».

«Hai qualche idea? Io pensavo ad un profumo per quel vanitoso di Fada» proposi.

«A Lory un cappello? O una collana?» suggerì.

«Non so, vediamo cosa troviamo» risposi, ed in quel momento arrivarono le nostre cioccolate con panna.

Le bevemmo lentamente, per non scottarci, poi ci avviammo verso i negozi ed entrammo in tutti quanti, alla ricerca del regalo perfetto per i nostri amici. Comprammo un profumo per Fada, un orologio per Lorenzo ed un iPod per il Losco, poi, proprio mentre stavamo per uscire, Simone urlò, fermandosi: «Devo prendere qualcosa anche al mio cuginetto!».

«La fila al supermercato non la faccio!» mi lamentai.

«Andre, dai!» mi implorò, tirandomi per un braccio.

Cedetti a quelle suppliche e lo accompagnai ai giocattoli: «Oh, una pistola a pallini! Perfetto, andiamo!» esclamai, prendendola e dirigendomi alle casse.

Simone mi fermò: «Non fare il cretino! Poi ce la porti te sua sorella in ospedale con una pallina nell'occhio?!».

«Va bene, ho capito, cerchiamo qualcos'altro» mi rassegnai, riposandola sullo scaffale.

«Grazie!» disse, spingendosi contro di me e facendo il ruffiano.

Alla fine optammo per comprare un robottino e, dopo quaranta minuti di coda alle casse, finalmente uscimmo da quel caos.

«Oh, una pista di pattinaggio!» esclamò il mio amico, estasiato.

In quel momento anche io notai quella struttura, che prima non avevamo visto: non era enorme, però era davvero invitante, piena di lucine colorate dappertutto, e la musica che accompagnava i pattinatori. Era il primo anno che la montavano in quel centro commerciale, e non potevamo non provarla, così: «Facciamo un giro? Offro io» ammiccai.

«Non so pattinare» rispose, spaventato, facendomi ridere.

«Ti tengo io, Simo, non ti fidi?».

«Mi hai convinto, ma se cado me la paghi!» mi minacciò.

Ridacchiando, andammo al banchetto che distribuiva i pattini; pagai per due ed aiutai Simone ad allacciare i suoi, poi misi i miei e mi alzai, ma lui rimase seduto, a fissarmi: «Come si fa?» domandò, confuso.

Gli porsi una mano: «È più facile di quel che sembra» lo esortai, quindi si aggrappò a me e si sollevò, traballando.

«Avevi ragione» affermò poi, fiero.

Risi e lo trascinai verso l'ingresso della pista; salii per primo, dopodiché gli presi le mani e lo aiutai ad entrare, ma lui, nonostante i miei sforzi, continuava a vacillare. Solo dopo una ventina di minuti, riuscii a farlo staccare dal bordo, così, barcollando appena, raggiungemmo il centro della pista; non passarono neanche due minuti, che una ragazzina sfiorò il gomito di Simone, sfrecciando accanto a noi; lessi il terrore nei suoi occhi, mentre cercava di aggrapparsi a me, ed insieme cademmo rovinosamente sul ghiaccio, io sotto e lui sopra di me. Istintivamente lo strinsi, poi tentai di rialzarmi, aiutando anche lui; lo tirai ancora di più al mio corpo e lo guardai negli occhi: «Ti sei fatto male?» chiesi, preoccupato.

«No, tranquillo, ora puoi lasciarmi, credo di aver ritrovato l'equilibrio» blaterò, imbarazzato.

Non feci come mi aveva detto, anzi, lo abbracciai ancora più forte; ciò che stavo per fare non era assolutamente nei miei programmi, ma non potevo più tenermi tutto dentro, quei pensieri su di lui erano diventati un tormento, però non avevo mai avuto il coraggio di confessargli tutto per paura di rimanere deluso dalla sua risposta.

Presi un bel respiro, dopodiché parlai: «Simo, tu mi piaci, forse sto per rovinare tutto, ma provo qualcosa per te dal nostro primo incontro, due anni fa».

Lui continuava a guardarmi, confuso ed un po' a disagio, ma sembrava felice, quindi: «Ehi, dovresti rispondere, tipo un “mi piaci anche tu” o un “non voglio mai più vederti” o un “meglio rimanere solo amici”, scegli tu, basta che dici qualcosa perché sto impanicando» aggiunsi, spaventato.

Simone rise, poi appoggiò le mani sul mio viso, avvicinandolo al suo, e mi baciò. Fu dolce, lento, tenero e delicato, tutto proprio come me l'ero sempre immaginato.

Prova di STORIA D'AMORE di _doubled_

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