Capitolo II

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Lo schiaccianoci

-Signor Franz, che piacevole sorpresa! Non mi aspettavo che tornasse a Vienna così presto! Signora Margaret, che vestito incantevole, mi permetta di presentarle la signora Duchessa...

Il Signor Wimmer era impegnato a salutare ospiti e conoscenti.
Erano le dieci passate, tuttavia continuavano ad arrivare signori e signore da ogni dove, nobili Viennesi e ricchi clienti del padrone di casa, venuti ad omaggiarlo anche alla Vigilia di Natale, giorno che si trascorrerebbe più piacevolmente con la propria famiglia, pensava Clara.
Sebbene contro la propria volontà e sebbene preferisse di gran lunga rinchiudersi nella propria stanza che sorridere come una principessina davanti a quelle facce vanitose e altere, la giovane passò la serata presentandosi ai conoscenti del padre, attendendo con ansia l'arrivo liberatorio del signor Drosselmeyer, che non tardò ad arrivare.
Alle undici in punto le luci del salone si spensero improvvisamente, gli ospiti si irrigidirono, increduli, le signore si lasciarono scappare qualche "oh, cielo!", mentre uno dei due portoni del gran salone si spalancava, lasciando entrare una folata d'aria gelida.
Non appena il portone si fu richiuso, un'incantevole melodia pervase la sala, tranquillizzando gli animi dei presenti, rapendoli completamente. Quando la melodia ebbe raggiunto la nota più alta, le luci dello splendido carillon dorato si illuminarono, mettendo in mostra il suo incredibile splendore: era un magnifico castello.
Il castello stesso, il fossato, i soldati, i cigni e persino le colombe posate sulle guglie erano di legno, decorati con maestria e precisione dall'artigiano, o dal mago, che aveva dato vita ad una simile creazione.
Mentre la melodia riecheggiava nel salone, ogni elemento dell'ingegnoso macchinario si muoveva, dando ulteriore prova dell'abilità del creatore, che aveva designato ogni singolo corpicino di legno ad una mansione o movimento specifico.
I soldati, a turni di qualche secondo, si davano il cambio per la ronda sulle mura del palazzo; il ponte levatoio veniva abbassato all'arrivo dei cavalieri e successivamente rialzato non appena terminava la fila; i cigni sguazzavano in cerchio nel fossato, mentre le colombe svolazzavano attorno alle torri più alte del castello, all'interno del quale, in una piccola ma sontuosa sala da ballo dame e cavalieri danzavano trasportati dalla melodia del carillon.
Sospiri di stupore e sorrisi comparvero sui visi degli ospiti, che senz'altro non potevano aver mai visto uno spettacolo simile.
Al termine della melodia, le luci si riaccesero nuovamente, e ognuno ritornò alle proprie chiacchiere e discorsi, come se nulla fosse, senza nemmeno curarsi di complimentarsi con l'abile creatore, il signor Drosselmeyer.
Gli unici che accorsero a complimentarsi con lui furono Clara e Louis, rimasti incantati dalla bravura dello zio.
-Zio Drosselmeyer, questo carillon è ancora più bello di quello dell'anno scorso!
Esclamó meravigliato Louis.
-Si zio, dopo il carillon di dolciumi, non credevo che potessi crearne uno ancora più bello, e invece, anche questa volta ti sei superato!
Lo zio sorrise teneramente.
-Grazie ragazzi miei, sono contento di essere riuscito a trasmettere un po' di magia almeno a voi... per gli adulti questi sono solamente aggeggi rotanti.
-Oh no, zio, sono molto di più!
Lo consolò con sincerità la fanciulla.
-Si zio, molto di più!
Ripetè a pappagallo il ragazzino.
-Mi fa piacere che apprezziate il mio lavoro. Non sapete quanto.
Mentre nel gran salone i pavoni e le colombe non davano tregua al loro vociare, i tre si ritirarono nella sala accanto, più piccola e accogliente, dove troneggiava un'immenso albero di Natale decorato fino a scoppiare. Si sedettero vicino al camino, lo zio sul poltroncino, i ragazzi accanto a lui. Chiacchierarono piacevolmente per un po', aspettando il rintocco della mezzanotte e l'avvento del Natale.
-Cari ragazzi, nel mentre che attendiamo che ne direste di spacchettare qualche regalo?
Propose lo zio ed estrasse da una borsina nascosta sotto il mantello due pacchetti rossi legati da soffici nastri verdi, che i due accettarono di buon grado, in quanto i regali dello zio Drosselmeyer erano sempre stati i più belli.
Louis fu il primo a scartare il pacchetto.
All'interno vi trovò ben sette soldatini di legno, tutti muniti di fucili con baionetta, che non esitó ad aggiungere alla sua infinita e amatissima collezione.
-Accipicchia zio! Sono bellissimi! E guarda che fucili! Questi faranno senz'altro parte del primo reggimento!
Drosselmeyer rise compiaciuto.
-Sono contento che ti piacciano, Louis. Ora tocca a tua sorella. Avanti Clara, apri il tuo.
Clara giocherellava con il nastro verde.
-C'è qualcosa che non va, piccola?
Chiese preoccupato lo zio.
-È questa la mia sorpresa?
Chiese timidamente la ragazza, accennando un timido sorriso.
L'uomo la guardò intenerito.
-In parte.
Clara gli rivolse uno sguardo curioso, poi si convinse e scartò il regalo, impaziente di scoprire cosa le avesse donato lo zio Drosselmeyer.
Non appena prese tra le dita il dono di legno, gli occhi azzurri della ragazza si illuminarono di una luce incredibile.
Era uno schiaccianoci.
Persino lo zio si meravigliò di vedere tanto stupore negli occhi della fanciulla.
-...Ti piace?
Le chiese timidamente.
Lei continuò ad osservarlo incantata, a rigirarlo con delicatezza tra le dita affusolate, assaporando la sensazione del contatto con il legno liscio e levigato e la meraviglia che le procurava vedere un oggetto così ben fatto: la giacca, di tessuto morbidissimo, era di un rosso scarlatto, impreziosita da ricami dorati e bottoni di madreperla; i pantaloni, dipinti, a differenza del pezzo superiore, erano di un color blu di Persia estremamente acceso, stesso colore con cui era stato dipinto il cappello, dalla forma simile ad un copricapo napoleonico, sul quale spiccava una gemma, anch'essa di legno, dipinta d'oro. Ma ciò che più affascinò la giovane furono i dettagli del viso, in particolare gli occhi della bambola di legno, azzurri, come i suoi, e vivi, non spenti, come quelli delle altre sue bambole. Le parve addirittura di scorgere un luccichio all'interno di quelle gemme celesti.
-...Clara?
Solo allora la ragazza si riscosse.
-...s-si?
-Ti ho chiesto se ti piace.
Clara lo osservò ancora qualche secondo.
-...È bellissimo...
Sulla bocca dello zio comparve un sorriso di gratitudine e di speranza.
-Davvero zio, è... è meraviglioso... sono senza parole...
La giovane gli volse uno sguardo incantato.
-Come hai fatto a... voglio dire... a farlo così?
-Così come?
Clara riflettè un momento.
-Così... vivo...
Louis s'era allontanato per aggiungere i nuovi soldati al suo battaglione, ma nonostante fosse dal lato opposto della stanza, Drosselmeyer volle comunque avvicinarsi all'orecchio di Clara per risponderle:
-Mi chiedi come ho fatto a farlo così bello?
Lei annuì.
-Beh, non l'ho fatto.
La ragazza aggrottò la fronte.
-Come hai detto?

-Hai capito bene. Non l'ho fatto.

Clara non capiva.
Cosa intendeva dire lo zio Drosselmeyer?
Vedendo l'espressione persa della nipote, l'uomo aggiunse:
-Se vuoi comprendere ciò che ti ho detto, mi spiace dirtelo, ma dovrai aspettare che se ne siano andati tutti, inoltre dovranno essere scoccate le due perché tu possa avere le risposte che cerchi. Ah, dimenticavo. Vedo che indossi il tuo abito preferito. Bene, allora scoprirai anche perché ti ho chiesto di indossarlo.
Finito di sussurrarle ciò nell'orecchio, la guardò con un'aria piacevolmente soddisfatta, si alzò dal poltroncino e si avviò verso il portone.
-Buonanotte Louis, mi raccomando, non far disperare la governante.
Gli scoccò un tenero bacio sulla fronte e si volse verso la giovane, paralizzata da mille domande e pensieri che le vagavano per la mente, salutandola facendole l'occhiolino.

-Buonanotte anche a te, Clara.

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