« Sono tornato, signora Clarke!»
La signora Clarke era una donna che aveva superato la mezza età e che badava a William da quando era nato.
« Ma guardati, signorino William! I tuoi capelli castano chiaro ora sembrano neri per quanta pioggia hanno assorbito! Poi i tuoi vestiti sgualciti? Ma sai quanto lavoro io durante il giorno? Non ti ci mettere anche tu!»
Il ragazzo, ormai abituato alle puntuali e quotidiane ramanzine che la badante gli riservava, si tolse tranquillamente la giacca zuppa che appese all'appendiabiti, per poi aggiungere con tono apatico: « Mi dispiace, Signora Clarke, non lo farò più »
Poi si diresse nella sua camera, una piccola stanza con un letto attaccato al muro destro e con sopra una finestra chiusa.
« Gliel'avevo detto! Doveva lasciarla aperta!»
Il ragazzo si avvicinò alla finestra e l'aprì. L'albero che la copriva per un terzo evitava che le gocce entrassero nella camera (almeno non sempre) bagnando il letto e il comodino con tutti gli album musicali che possedeva, e William era felice di poter ammirare la pioggia anche da casa, ascoltandola, vedendola e odorandola.
« Signorino! E' di coccio! Non deve aprire la finestra quando piove!»
« Allora che senso ha aprila?» l'attaccò « Il sole non si può guardare!»
La badante sbuffò e uscì dalla camera sbattendo la porta. William, aguzzando l'udito, riuscì a sentire che borbottava qualcosa non appena ella uscì, ma non riuscì a capire cosa.
~~~
« Oggi non c'è...» osservò il ragazzo guardandosi intorno.
Era tornato nel parco, il pomeriggio seguente. Pioveva ancora, e, seguendo ciò che diceva il meteo, lo avrebbe fatto per tutta la settimana.
Questa volta, però, William si portò un ombrello, perché la pioggia era più furente del giorno prima. Si risedette alla solita panchina, sotto ai soliti alberi, nella solita piazzetta spopolata.
Si guardò di nuovo intorno. Quella ragazza non c'era, e William aveva due ipotesi al riguardo: la prima è che stava dall'altra parte del parco, di fronte al lago, quindi non l'avrebbe incontrata se fosse rimasto là; la seconda è che quella ragazza non esisteva e lui se l'era immaginata perché si sentiva solo.
In effetti, William era proprio un ragazzo solo. Nessuno in classe sua e nella scuola gli rivolgeva la parola, neanche i professori ci tenevano ad interrogarlo; i suoi genitori non c'erano, non li aveva mai conosciuti, e l'unica persona che gli parlava era la badante Clarke, che lo rimproverava per qualsiasi cosa, senza mai chiamarlo "figliolo" con un tono di voce di altezza media. Era solo una grassa signora dai capelli rossi e gli occhi di fuoco alla quale piaceva urlare.
Ma il giorno prima una ragazza (la quale esistenza era incerta) si presentò a lui. Una ragazza misteriosa, enigmatica e molto strana. Nascondeva qualcosa, qualcosa di grave, che la turbava e che forse l'aveva trasformata. Magari prima era una persona diversa. William voleva conoscerla.
Aspetta, ma era davvero sicuro di conoscerla? L'aveva appena incontrata! Non sapeva quasi nulla di lei e di certo non sarebbe stato come bere un bicchier d'acqua scoprire il resto!
« Ehi!»
« AAH!»
William zompò dalla panchina e si alzò in piedi, dove di fronte a lui c'era lei, Catherine, ilare.
« Ti diverti, eh?»
« Sì. In effetti è stato molto divertente vederti prendere un colpo »
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Rain
Short Story« Mi chiamo William, amo la pioggia e sono un tipo scorbutico, ansioso, incoerente, pessimista e irascibile » « Io mi chiamo Catherine, amo il silenzio e sono una tipa perfezionista, strana, noiosa, fissata e realista » « Beh, piacere » « Piacere...