VI

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Non si parlavano da molto. Catherine era ancora arrabbiata. William sperava lo fosse con sé stessa, perché non poteva sopportare il fatto di esser stato così stupido da ferire i suoi sentimenti in questo modo, non voleva possedere questo peso sulla coscienza. Anche se, in caso contrario, sarebbe stato più che comprensibile. Ormai tutti i giorni, sia piovosi che non, li passava in casa, a sentire musica deprimente davanti alla finestra chiusa. Non riusciva più a vivere, non riusciva più a vedere, ascoltare e odorare la pioggia, come faceva prima. E tutto questo perché aveva perso la persona più importante della sua vita, se non l'unica.

I giorni senza Catherine erano ormai solo tempo sprecato.

« William!»

La badante entrò bruscamente in camera sua.

« Che c'è?» chiese con tono apatico il ragazzo disteso sul letto.

« Si tratta di Catherine.»

~~~

Quella fu in assoluto la corsa più sfrenata che abbia mai fatto nella sua vita.

Quattro parole. Solo quattro parole preannunciavano una caduta nel vuoto oscuro e totale.

Non poteva essere vero. Non gli era mai piaciuto come aveva deciso di giocare il destino. Era perfido, malvagio e sadico. E questa volta aveva deciso di colpire lei. Proprio lei.

Però basta pensare. Altrimenti le lacrime gli avrebbero appannato la vista.

~~~

L'ospedale era davvero un posto cupo, alle volte silenzioso, alle volte chiassoso. Pieno di gente con malattie di ogni tipo, con problemi di ogni tipo... se si voleva imparare ad essere insensibili, quello era il posto adatto.

William cercava di pensare a qualsiasi cosa oltre che a quella. Pensava a cosa ci sarebbe stato a cena, a quando avesse chiuso la sua libreria preferita e perché, a quante serie tv doveva ancora vedere...

« Puoi entrare, vieni » disse con monotonia un'infermiera robusta che uscí da una stanza chiamata "aula rosa".

'Che nome strano' pensò William.l, entrando timoroso nella stanza.

Catherine era sveglia.

Tre parole che gli volarono per la testa. Solo tre parole che erano riuscite a fargli vedere la luce dopo la caduta nel vuoto.

« CAT!!!»

Le lacrime sgorgarono, rigarono le guance rosse del ragazzo che si gettò a capofitto verso l'amica, stringeodla in un abbraccio impulsivo.

« William...»

« Mi dispiace! Mi dispiace per qualsiasi cavolata io ti abbia fatto o detto, mi dispiace di essere stato stupido! Io ti voglio troppo bene per poterti perdere!»

Le lacrime caddero sul lenzuolo del letto sul quale era stesa la ragazza. Era muta. Emozionata, ma muta.

« Non dici niente?»

Il ragazzo si staccò da lei e si sedette su una sedia che stava accanto al letto.

La ragazza si guardò le mani che si stavano attorcigliando l'una all'altra giocose ed elettrizzate.

« Mi ero solo spaventata troppo. Ero arrabbiata e triste e non ho retto. Mi dispiace di averti fatto preoccupare così tanto... »

Will si asciugò le lacrime. « A cosa hai pensato... da quando sei qui?»

Cat arrossí leggermente. Avrebbe voluto rispondere "a te", ma, essendo troppo imbarazzante, decise di rivelargli l'altra parte di verità.

« A cosa capiterà... dopo »

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