Versi d'antrace, vergini d'ossigeno,
tormenti prensili, aria, respiro.
Mura di vetro tenniste d'eco,
sedie in circolo ad un metro da me.
Un bacio di cellulosa
riempie il caffè di fumo grigio,
un altro respiro, stavolta smorzato.
Passanti occasionali chiassano i vicoli,
le stille picchiettano i larghi ombrelli,
ospiti volontari alla Torre di Londra,
memori di lividi al gracchiare dei corvi.
Qualche volta si fermano a scambiare due parole,
in questo piccolo caffè
dall'aria rarefatta e dalle sale buie;
qualcuno di tanto in tanto
è attirato dal profumo del posto,
diventando a tutti gli effetti
un nuovo avventore.
È qui che libero i miei polsi a morsi,
sporcando di me i fogli, prima d'allora bianchi,
persone ormai care assistono alle ferite,
pronte a spogliarsi pur di tamponarle.
E d'un tratto non sento più voci estranee,
solo anime affini che si nutrono delle mie strofe,
poesia danza di sangue annienta le distanze,
tra i clienti un po' crepati del Glass Caffè.