Capitolo I - Nudo

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Clap. La portiera della solita macchina metallizzata mi si aprì accanto. Un microclima tropicale mi avvolse appena salito a bordo, lasciando alle mie spalle il freddo glaciale di metà dicembre. Ancora battevo i denti.
"Però, stavolta ti sei proprio impegnata.. brava la mia puttanella".
Non risposi. Affondai la testa nella calda sciarpa di lana ben avvolta attorno al collo che non lasciava scoperto alcun punto del mio torace, entrambe le estremità ben fissate sotto la cerniera del parka color fango. Chiusi gli occhi, assaporando per bene quel tepore.
"..A parte per questi pantaloni". Sentii la sua mano pesante prima colpire la mia gamba sinistra, poi sfiorarla lentamente e infine dirigersi verso l'interno coscia per chiudersi in un doloroso pizzico che mi fece sussultare.
"..Ti sbagli, guarda meglio".
Percorrendo la gamba fino in fondo fu felice di apprezzare la nudità del mio inguine liscio come seta.
Avevo davvero fatto un ottimo lavoro: nessuno avrebbe mai immaginato che sotto a quella sciarpa, sotto al lungo parka non c'era nient'altro che il mio corpo nudo.
"Sono nuda come mi hai ordinato. Ma ho dovuto mettere le autoreggenti per coprire le gambe in mezzo alla folla - dissi - ...nuda e liscia."
"Beh.. Sapevo che non mi sarei dovuto preoccupare. Sei la mia fedele troietta" mi disse, mentre un sorrisetto sconcio gli si dipingeva in faccia.

Mi maltrattava, mi insultava, mi umiliava, era un porco, uno stronzo. Era tutte queste cose, ma non mi importava. In fondo tutto quello che volevo era sentirmi importante per qualcuno. E mi abbandonai ai miei pensieri voltandomi verso il finestrino, lasciando che le luci della città scorressero davanti ai miei occhi. Erano lucciole di colore che danzavano alternandosi e scontrandosi con i miei pensieri cupi. Mi aiutavano a rischiararli un po'.
Dove mi stava portando.. neanche questo mi interessava.

***

Accostò l'automobile e spense il motore e le luci, ma non la musica da night club che tanto lo eccitava, e rimanemmo nel buio più assoluto, eccetto per la blanda luminosità dello schermo e delle rifiniture dello stereo, e delle spie dell'aria condizionata accesa a tutto spiano.

"Spogliati e scendi."
Aprii la portiera e misi un piede a terra ma subito mi sentii strattonare il braccio per immobilizzarmi.
"Ho detto prima spogliati e poi scendi" mi disse in tono minaccioso "puoi tenere solo le calze e le scarpe, visto che mi è piaciuta la tua trovata."
Così abbassai la zip del parka e me lo feci scivolare alle spalle sul sedile, srotolai la sciarpa a malincuore ma deciso, e riaprii lo sportello - stavolta venni subito travolto dall'aria gelida e capii perché mi aveva fatto prima spogliare – e scesi dalla macchina.
Percorsi il profilo della macchina andandomi a fermare davanti al cofano. Sapevo cosa dovevo fare: dieci passi in avanti e chinarmi a gambe divaricate a toccarmi la punta dei piedi.
Accese di colpo gli abbaglianti. Ero un riflesso di bianca luna nell'oscurità della notte.
Potevo avvertire il suo sguardo, percepivo la sua eccitazione perversa ed anche io avevo una gran voglia di lui. Lui lo sapeva, mi aveva scelto per questo. Mi muovevo sinuosamente, facevo scorrere le mie braccia sui fianchi, sulle mie curve, cercando di non pensare al freddo pungente, simulando di insaponarmi nella doccia di casa.
Spense le luci. Sapevo cosa stava accadendo. Virai di 180 gradi, feci cinque passi verso di lui e
"Ahi!"
"Shhh.. taci troia" mi sussurrò tirandomi i capelli e spingendomi a terra in ginocchio "apri la bocca"
Si fece strada tra le mie labbra con il suo uccello prima che finisse la frase, ed io mi mantenni con le mani alle sue gambe afferrandole, ma lui me le scostò prontamente e per non perdere l'equilibrio dovetti appoggiarle a terra.
"Ecco, devi stare a quattro zampe, in fondo sei una cagna, no?" mi disse, questa volta spingendomelo giù in gola, ma ero abituato a quegli affondi soffocanti, lui mi aveva addestrato a queste situazioni. "Ricordati sempre che sei di mia proprietà"
Non potevo toccarlo, e non potevo toccarmi. Non potevo fare altro che leccare quel suo cazzo con assoluta devozione, e nel farlo lo guardavo negli occhi dal basso, come fanno i cagnolini. L'avevo pur sempre accettato io di essere la sua Sissy, ed era proprio così che mi chiamava lui. Ero la sua sorellina, la sua troietta fedele, e la mia priorità era quella di soddisfare ogni suo desiderio.

Era un uomo virile in tutto e per tutto, aveva mascolinità da vendere, così tanta che senza il minimo sforzo accanto a lui avevo l'illusione di essere una donna a tutti gli effetti, di esistere esclusivamente per essere la sua bambolina, ma allo stesso tempo quella era l'unica cosa che mi faceva sentire vivo. In altre parole, era questo il senso che avevo trovato alla mia vita.

Mi fece unire le mani sotto al mento. Lo sentii ansimare sempre più forte e a tratti ravvicinati, allontanai il viso e mi ritrovai le mani piene della sua calda sborra.
"Spalmatela sulla fichetta" mi ordinò. Era un'abitudine, raccogliere il suo sperma, portarlo in basso fra le mie gambe e spalmarlo sui genitali, con attenzione particolare al mio clitoride, come lui amava chiamare il mio pene, che doveva sempre essere avvolto alla base da un nastro di seta rosa annodato molto stretto, tanto da provocarmi dolore se avevo un'erezione, e questo lo eccitava tantissimo.
"Sei mia".

***

Tornando in città mi portò a casa sua. Ero stata brava ed andavo premiata. Sul suo letto c'era un bellissimo completino da cheerleader che aveva ordinato on line dagli Stati Uniti. Presi in mano la gonna. Sorrisi guardandolo in quei suoi occhi scuri magnetici. Amava regalarmi divise autentiche, quelle che portavano delle vere cheerleader, delle vere infermiere, delle vere poliziotte, e non mi aveva mai voluto vedere in abiti da cosplay.
"Dai, mettitela"
Mi spogliai. Mi infilai l'ampia gonna, azzurra e corta, sfilai le calze per indossare dei calzettoni di spugna abbinati. Mi arrivavano appena sotto al ginocchio. Mi fece sedere a gambe aperte in modo che la gonna mi coprisse i genitali, ma lasciando le ginocchia completamente scoperte. Rimase in piedi percorrendo con una mano il mio busto vellutato, facendomi cenno di alzare le braccia, sfiorò anche il mio braccio fino alla punta delle dita e mi infilò il top azzurro e bianco, con il logo del college statunitense da cui proveniva quell'uniforme, ed il numero 1 stampato sulla schiena. Mi lasciava l'ombelico scoperto ed intuii che in quella veste mi trovasse particolarmente sexy.
Mi accarezzò i capelli e mi disse "sei bellissima - guardandomi negli occhi - la mia bellissima ragazza".
Avvicinò le sue labbra alle mie e mi baciò. Eccola, la vera ricompensa. Tutto quello che facevo per lui dava sempre i suoi frutti: era un bastardo, uno stronzo, dovevo umiliarmi per lui, ma in cambio lui mi amava.
"La tua... ragazza" sussurrai.
Continuando a baciarmi infilò due dita fra le nostre bocche bagnandole di saliva e le portò sotto la gonna a premere sul mio buchetto. Era un vero maestro con le dita. Le sentii entrare e premere verso l'alto, massaggiarmi prima delicatamente, poi con più pressione la prostata, da lui ribattezzato il mio punto G. Entrava ed usciva, sempre palpandomi una tettina con l'altra mano infilata sotto al top. Mi vedeva godere, mi sentiva ansimare e contorcermi dal piacere e gli piaceva tanto.
"Sì, mia".

***

Ero di nuovo al freddo cercando di arrivare il più velocemente possibile a casa. Avevo il mio nuovo completino sotto al lungo parka, ma indossando delle calze che mi lasciavano scoperte le gambe dalle ginocchia in su chiunque avessi incontrato avrebbe notato che dovevo stare indossando un vestitino. Avevo il terrore che qualcuno se ne accorgesse. Fortunatamente era tardi e non c'era anima viva in giro. Arrivai al portone di casa, presi le chiavi dalla tasca e le avvicinai alla serratura. Avevo le mani congelate e le feci cadere. Mi chinai per raccoglierle e sentii il rumore dell'apertura del portellone scorrevole di un furgoncino dietro di me.
Era il magazziniere del supermercato di fronte. Non so bene cosa ci facesse lì a quell'ora, ma a giudicare dal suo sguardo ero certo che avesse capito che sotto ero nudo, o che nel chinarmi avesse notato la mia gonna. Rosso in faccia, aprii di scatto il portone e me lo chiusi pesantemente alle spalle. Mi vergognavo come un ladro. Entrai nel mio appartamento, mi trascinai in camera e mi sdraiai a letto. Il magazziniere.. che vergogna. Ci pensai ancora qualche minuto, poi caddi in un meritato sonno ristoratore.

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