Capitolo III - Umiliato

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Bzzzz-Bzzz. Non potevo contenere il mio imbarazzo. Quell'uomo mi odiava. E adesso era lì, di fronte a me. Cosa stava succedendo?

"Pro-professore?!"

"Esatto.. Sei stata davvero brava, Sissy." mi disse guardandomi dritto negli occhi, facendomi vergognare ancora di più. Quell'uomo mi aveva sempre odiato. Ne ero convinto sin dalla prima lezione, in cui mi aveva mandato alla lavagna mettendomi in difficoltà davanti a tutti. Non ne avevo mai capito il motivo.

"Io.. non mi chiamo Sissy! E non può rivolgersi a me al femminile... Io.. Può chiamarmi così soltanto il mio..."

Scoppiò in una fragorosa risata. "Ah, davvero? Eppure mi pare che soltanto cinque minuti fa ti eccitasse che ti chiamassi così, mentre ti facevo godere come una cagnetta... Come puoi dire di non essere una femmina?" Chinai la testa per l'imbarazzo. "Guardati, indossi un'uniforme femminile."

Mi sentivo umiliato. Non mi azzardai a dire più nulla.

"Dalla prima volta che ti ho vista arrossire a lezione, ho capito che dovevi essere mia. Ed è cresciuta in me la voglia di assaggiarti. E questo è solo un assaggio, Sissy."

In realtà, quel professore mi aveva sempre attizzato, e non poco. Volgeva verso gli 'anta, ed era un bel miscuglio di diversi animali. Si chiamava Dario Bullonesi, era un bel manzo fisicato, con i capelli appena brizzolati da daddy ed una bella barbetta da orsetto, e quegli occhiali da nerd coronavano le fantasie che aveva suscitato in me in passato. Spesso mi trovavo a fantasticare su di lui durante le lezioni, per poi toccarmi appena arrivato a casa nel segreto della mia cameretta. Nelle mie fantasie, il professor Bullonesi mi impartiva ripetizioni private a casa mia, appena dopo la scuola. Finchè un giorno non mi umiliò in aula davanti a tutti. Le mie partecipazioni alle sue lezioni si fecero sempre più sporadiche, e finii per saltarne parecchie.

"No, non è solo un assaggio... non accadrà mai più" riuscii soltanto a sussurrare con la voce bloccata in qualche angolo del mio petto.

"Tu dici, Sissy-chan? A me risulta che tu non abbia ancora sostenuto l'esame della mia materia. E non è un esame facoltativo. A meno che tu non abbia intenzione di lasciare la facoltà, io ti consiglio di non prendere decisioni affrettate. Tanto tu con lui non decidi proprio un bel niente, vero Sissy-chan? Far decidere agli altri è la cosa che ti riesce meglio.." Non risposi. "Cosa direbbe il tuo padrone se sapesse come hai osato rivolgerti a me? Lo sai che devi fare tutto quello che ti ordina. Tu non hai il diritto di opporti" disse con un sorriso maligno stampato in volto, ed io rimasi impietrito da quelle sue parole: era stato davvero lui a contattarlo, a dargli istruzioni su come usarmi e quando. Erano amici?

"Ah, e per la cronaca, te lo ripeto, questo è solo un assaggio. Non ti ho praticamente nemmeno sfiorata..."

Detto questo, si voltò ed uscì dall'aula, chiudendosi la porta alle spalle.

Chi era quell'uomo per parlarmi così? Lui non sapeva niente di me. E del mio rapporto con Lui. Però era pur vero che doveva averlo mandato da me. E io avevo paura che fosse così.

Bzzzz-Bzzz... il telefono vibrò ancora una volta.

"Mi sono goduto tutto lo spettacolo. Spero ti sia piaciuto il mio regalo.. Ma la risposta la conosco: ho visto quanto hai goduto anche tu. Brava la mia Sissy."

Caddi sulle mie ginocchia. Tutto ad un tratto mi sentivo ridicolo in quella divisa, da solo, dopo aver fatto sesso con uno sconosciuto, con le mutandine ancora impiastricciate di sperma.

Non prendevo decisioni. È vero. Vivevo trascinato dal vento. Volevo soltanto piangere.

***

Mi ricomposi ed uscii dall'auletta con l'umore sotto ai piedi. Percorsi il corridoio in penombra e mi avviai a scendere le scale, quando sentii un rumore in lontananza, come di libri caduti da uno scaffale. Mi voltai di scatto e feci soltanto in tempo a vedere una figura sparire dalle scale esterne. C'era qualcuno in quell'ala dimenticata della scuola oltre a me, e a quanto pareva, aveva tutta l'aria di non volersi far riconoscere dal sottoscritto. Ma non mi azzardai a rincorrerlo: ormai avevo paura di incontrare qualcun altro di conosciuto.

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