Capitolo 07

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Ivy ricordava bene i vecchi film che guardava la sera prima di andare a dormire: storie d'amore, thriller psicologici, racconti di mondi inventati... Così per una buona mezz'ora finse. O meglio, si macchiò di omertà, come se il non dire nulla potesse proteggerla dalla tempesta che l'avrebbe certamente colpita.

Stoica, quasi si trovasse davanti a uno schermo, si sedette a gambe incrociate e non spiaccicò alcuna parola fino a quando Siza le piazzò tra le mani una rudimentale ciotola di terracotta traboccante di una minestra acquosa. Ivy osservò pigramente i pezzi di verdura galleggiare sulla superficie e si sentì partecipe del loro dramma. Anche lei era un qualcosa che andava alla deriva, pronta per essere divorata al primo sbaglio.

E Jack, rigido e con un perenne sguardo accusatore, le sembrava esattamente colui che l'avrebbe annientata. Lui sedeva tra Siza e il bambino, la spada posta sulle ginocchia come ammonimento, ma lei aveva intuito l'antifona da un pezzo così si limitava a prestare attenzione ad altro.

Ad esempio, alla montagna di giornali sbiaditi che erano ammucchiati in ordinate pile fin quasi al soffitto e che talvolta Lukas gettava nel camino. Ivy aveva dovuto trattenere l'impulso di gettarsi su una di quelle colonne e strappare una manciata di giornali per capire da quale periodo storico provenissero. Li fissava con avidità e sebbene Siza e Jack dovevano essersene accorti non fecero commenti.

Ivy ingoiò un cucchiaio di minestra.

"Ti piace?" le domandò l'altra ragazza.

"È saporita" mormorò in risposta. Non poteva dire che fosse malvagia, ma nemmeno buona. Tuttavia, il suo stomaco si placò e quello fu sufficiente per infonderle maggior fiducia verso i tre sconosciuti.

"Sei carina..." mormorò il bambino, sbadigliando subito dopo.

"Ah... uhm. Grazie?" ribatté, non ben sicura di cosa dover dire. Nel fuoco un tozzo di legno si spezzò in due, creando un sciame di scintille che si spinse verso l'alto del camino.

"Posso... Posso fare una domanda?" trovò il coraggio di chiedere.

"Certam-"

"Siamo noi a doverti fare domande" intervenne Jack, zittendo Siza. "Smettila di trattarla come un'ospite. Non lo è."

Ivy si incupì, infastidita dall'atteggiamento indisponente di Jack. Non che non avesse ragione a trattarla come una minaccia, ma anche con quella consapevolezza era ugualmente irritante.

Doveva cominciare con le cose semplici, decise Ivy. Quesiti basilari che avrebbero potuto chiarirle la situazione. "Dove mi trovo?"

Il computer del laboratorio aveva detto Vienna, ma lei non aveva potuto verificare quell'informazione in alcun modo.

"Non sai dove siamo?" commentò il bambino, mostrando uno sbadiglio.

"Hai sbattuto la testa mentre fuggivi dai Synt?" si premurò di informarsi Siza con la fronte aggrottata. "Cosa è successo? Per quale ragione ti trovavi nella dimora dei Figli?"

"Io... io non lo so" ammise affranta. Era la verità. A dispetto di come Siza volesse chiamare il laboratorio sotterraneo lei non aveva idea di come avesse fatto a finire lì.

"Mente" decretò Jack. Fu conciso nel dare quella risposta. Non la stava guardando, ma il riflesso del fuoco nei suoi occhi lo faceva apparire come una creatura appartenente a un altro mondo. Non era spaventoso come i synt che Ivy aveva affrontato al laboratorio, ma c'era qualcosa in lui che le impediva di definirlo umano.

"Sei fuggita di casa?" Siza le aveva nuovamente riempito la ciotola con la minestra e lei ingoiò un pezzo di carota. Rischiò di strozzarsi.

"Sarebbe stato meglio..." borbottò tra un boccone e l'altro.

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