I rumori si fecero più vicini e, dalle porte di vetro, Ivy intravide il tenue bagliore di qualcosa che si avvicinava. Sembrava una torcia, ma non credeva possibile che gli animali in soli trecento anni si fossero evoluti tanto da saperne costruire una e accenderla.
Udì dei sibili, uniti a degli schiocchi di mano, suoni aspri che alle sue orecchie apparivano come degli ordini. Le sembrò quasi che si fossero materializzati nella realtà un gruppo di orchi. Tuttavia, mentre il cuore batteva all'impazzata e lo zaino minacciava di tirarla a terra, pensò che potessero essere alieni.
Quanto erano le probabilità che lo fossero? La Terra era stata invasa dagli omini verdi che per anni avevano popolato solo film e serie tv?
La voglia di sporgere la testa sul vetro e cercare di capire era forte, ma il suo istinto di sopravvivenza ebbe la meglio. Suo padre era solito dire che i guai trovavano sempre un modo per raggiungerla e in quelle circostanze lei se ne stava zitta, guadandosi bene dal replicare.
Da qualche parte doveva esserci una svolta nel corridoio principale perché le creature cambiarono direzione e lei tirò un sospiro di sollievo. Da un mobile vicino si affrettò a prendere un paio di bisturi che, in assenza di meglio, avrebbe potuto utilizzarli come armi. Con circospezione fece forza sulla maniglia della porta e con un sonoro click quella si aprì verso l'esterno.
Luci di emergenza sfarfallavano in quel caos di corridoi, porte blindate e schermi di computer spenti. In alcuni punti i muri erano anneriti e lampade al neon disseminavano il pavimento di frammenti di vetri. Fili elettrici spuntavano dal soffitto e piccoli topi facevano lo slalom tra i macchinari abbandonati e divelti a terra. L'aria era stantia e non c'era segno di alcuna finestra. Doveva trattarsi di un edificio sotterrano.
Ivy tese le orecchie ma non sentì rumori che potessero indicarle dove fossero e cosa stessero facendo le strane creature.
Trova un'uscita, si ripeté come un mantra, facendo vagare lo sguardo sui muri.
"Eccoti lì" sussurrò alla pianta dell'edifico.
Dovette scavalcare un mobile caduto e inclinato per poter raggiungere la cartina con le indicazioni planimetriche del piano. Strappò dal muro la cornice in cui era stata messa e cercò di capire in che punto dell'edificio poteva trovarsi.
A sinistra erano visibili due accessi per gli ascensori, il problema era che sulla piantina ne erano segnati altri quattro e tutti a coppia di due. Utilizzarli dopo ben trecento anni era impensabile e la scala a fianco era inagibile per via dei detriti. Si accorse che ogni locale era segnato con lettere alfabetiche seguite da numeri. Dovette tornare indietro e cercare delle targhe appese al fianco delle porte per capire in che zona fosse della cartina. Trovò l'informazione che cercava solo diversi minuti dopo.
La targhetta di ottone penzolava obliqua dalla parete e la porta era stata abbattuta da qualcosa e abbandonata sulle piastrelle impolverate. Il laboratorio ZA3 era un cumulo di macerie e provette ridotte a mille schegge di vetro. Sul fondo c'erano dei computer fissi e dei camici abbandonati sullo schermo, come se gli scienziati avessero dovuto abbandonare in fretta quella struttura.
Suo padre aveva girato dei video, ricordò.
Ivy si morse il labbro inferiore, indecisa se tentare la sorte con quei vecchi oggetti tecnologici così come aveva fatto con le docce. Sul buon senso, vinse la curiosità. Aveva bisogno di informazioni e c'era una remota possibilità che quei computer funzionassero. Il primo monitor che scoperchiò aveva lo schermo crepato, il secondo il motore danneggiato, al terzo mancavano dei cavi come se qualcuno gli avesse rubati.
Era sempre stata un persona pratica, complice essere la figlia di due scienziati, così scollegò lo schermo del secondo e lo collegò al primo computer. Le era sempre piaciuto sperimentare con i cavi del televisore, del pc, e dei piccoli robot domestici per le pulizie di casa. Non c'era mai stato un vero motivo per cui lo facesse, semplicemente le piaceva capire come funzionassero le cose.
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Synchron
Ciencia FicciónQuando Ivy Price si risveglia in una capsula medica non può immaginare che sono passati più di trecento anni dall'ultima volta che ha visto il mondo con i suoi occhi. Nemmeno potrebbe pensare che l'Europa è un continente nel caos e il resto delle n...