Capitolo 3

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Alzo la vista sullo specchio del mio bagno personale e osservo con sguardo perso le occhiaie sotto i miei occhi. Gli stessi occhi verdi che ora mi contrastano e mi accusano. Li chiudo, non riuscendo più a reggere questo scontro continuo, ma li riapro subito dopo e comincio ad osservare il resto del mio corpo. Grosso errore.

Sono orribile è quello che riesco a pensare ora capisco perché lui mi ha rifiutata. Un ammasso di ossa e pelle, ecco quello che riesco a vedere, niente di più, niente di meno.

Non è vero è il secondo pensiero che mi viene in mente e che mi colpisce violentemente. Con non poca fatica, riesco a riprendermi dallo shock iniziale, consapevole che non posso permettermi una simile debolezza in questo momento. Ho il destino di un branco e ancor più persone sulle mie spalle e non ho la minima intenzione di deluderle. Sembra un compito pesante per una ragazza di soli vent'anni, ma la verità è un'altra: niente è ciò che sembra e io, nella bellezza dei miei centoquindici anni, sono al potere da quando ne avevo a malapena diciotto. Ho intenzione di proseguire su questa strada ancora per molto.

So che la maggior parte degli ospiti della serata precedente se n'è già andata e che gli ultimi lasceranno la tenuta subito dopo colazione. Ho assegnato a dei ragazzi il compito d'intrattenerli, in questo modo ho il tempo necessario per andare in ufficio e riordinare le pratiche su cui abbiamo discusso ieri. La routine dei miei giorni lavorativi è quasi sempre la stessa, ma è anche tranquillizzante sotto un certo punto di vista. Qualcuno bussa alla porta. Non mi disturbo ad alzare gli occhi dal foglio che ho tra le mani: un conto delle spese più consistenti che devo approvare per poi stabilire il budget. Mattew Dommarkol, conosciuto anche come Matt, mi pone un foglio ordinato sopra quello che ho già. Alzo gli occhi per fissarlo con uno sguardo interrogativo, a cui lui risponde con un movimento del capo, incitandomi a leggere. È una lettera di dimissioni a cui lui dà una settimana di preavviso. Stento a crederci.

<Sasha è appena entrata nell'ottavo mese. Voglio essere più presente per il mio bambino> e non rischiare la morte ogni giorno proseguo io nella mia testa. Non lo biasimo: vuole essere il padre migliore per suo figlio e l'ultimo dei suoi pensieri dovrebbe essere la mia di vita.
<Mi mancherà non averti vicino in ogni momento> è quello che invece dico. Il suo viso si addolcisce e io mi alzo per poi fare il giro della scrivania. Lui non esita ad abbracciarmi e io ricambio subito la stretta. È come un fratello per me e penso di essere lo stesso per lui.

La porta si chiude alle sue spalle dieci minuti più tardi e io porto gli occhi sul calendario appeso alla parete. Manca poco meno di una settimana all'annuale vestizione: la ricorrenza della discesa di Luna sulla terra. Solitamente in quel giorno rinnovo l'incarico al mio beta e a tutti i gamma, quest'anno purtroppo sarà un po' diverso. Mi rimetto a lavoro e passo tutta l'ora successiva senza alzarmi dalla sedia, vogliosa di completare tutto ciò che avevo lasciato in sospeso. Ma quando noto che si è fatta l'ora di pranzo, sento il peso di queste ore di lavoro e mi dirigo affamata verso la mensa. Impiego pochi minuti e, al mio arrivo, sono tutti pronti per fare il giornaliero ringraziamento alla Dea per il cibo donato e la protezione ricevuta, recitando le nostre promesse. Solo dopo aver ricevuto un mio cenno, ci sediamo e cominciamo finalmente a mangiare.

Molti dei miei lupi cercano di conversare inutilmente con me: oggi ho la testa da un'altra parte. Passo in questo modo tutta la durata del pasto e, quando arriviamo verso la fine, mi riscuoto e so che è arrivato il momento degli annunci. Così lo faccio: mi alzo in piedi, catturando l'attenzione di alcuni e poi di tutti gli altri con un ordine mentale. Non ci vuole molto affinché non si senta più nessun rumore ed è allora che ricordo a tutti la festa che sta per giungere, aggiungendo che quest'anno sarebbe stato diverso dai precedenti. <Quest'anno – ho detto loro – non avverrà il rinnovo della carica del Beta Matteo. Al suo posto ne verrà eletto un altro tramite delle prove>. Vedo già molti farsi avanti, spesso incoraggiati dagli amici. <Ricordo che non è obbligatorio partecipare e che appenderò a breve un foglio a cui bisogna iscriversi> finisco il mio piccolo discorso. Poi ringrazio dell'attenzione e lascio tutti liberi di tornare alle proprie attività, seguendo in un secondo momento il loro esempio.

Appena rimetto piede in studio, non impiego molto a ricominciare a lavorare, anche se vengo interrotta frequentemente dagli aggiornamenti sulla situazione attuale negli altri branchi. Le giornate passano così: lunghe e noiose, senza eventi più rilevanti di altri. È in questo modo che la settimana si trascina avanti, fino al giorno dello svolgimento delle prove, agognato da tutti.
Quando ero più piccola, era una specie di spettacolo e osservavo i vari sfidanti a bocca aperta, curiosa di sapere chi di loro avrebbe sconfitto gli altri pretendenti, vincendo così il premio. Immaginavo un giovane lupo che conquistava a duello la mano dell'amata e tutto questo, nella mia mente di bambina, aveva un ché di romantico. Ma ormai sono cresciuta e ho capito che ogni cosa non è sempre rose e fiori e che sono i gesti ordinati ad essere importanti, non una dimostrazione d'amore nel modo più plateale possibile.
Questa mattina è andata diversamente: ho indossato una tuta larga e mi sto dirigendo verso gli spogliatoi dell'arena. Manca poco più di mezz'ora all'inizio delle prove, ma se all'esterno è tutto tranquillo, dentro tutti sono in fermento e pieni di adrenalina. Faccio poca fatica a mascherare il mio odore ed è nel momento stesso in cui attraverso lo stipite della morta che inizia il primo esame a loro insaputa.

Ci sono sia uomini che donne, tutti intenti a prepararsi e a chiacchierare cercando di alleviare la tensione, ma il mio orecchio cattura subito alcune parole <...dove vai, novellino!>

Non faccio molta fatica a trovare con lo sguardo il povero malcapitato attaccato da Andrea, un lupo arrivato fin qui dall'Italia. L'ho conosciuto in uno dei miei viaggi e l'ho chiamato qui con un compito: testare la lealtà dei miei lupi verso il branco.

<M-mi d-d-dispiace> risponde con timore il ragazzo interpellato. Purtroppo lui, è solo una momentanea pedina e quasi mi dispiace spaventarlo così tanto. Nessuno dei due dice più una parola e il silenzio regna sovrano. Vedo Andrea fare un piccolo ghigno, segno che i giochi sono appena iniziati.

<Non mi interessano le tue inutili parole> dice poi con sguardo rabbioso <nessuno, e dico nessuno, osa venirmi addosso e uscirne illeso>. Si circonda il pugno della mano con l'altra come se stesse assaporando la sensazione di colpire la faccia dell'"avversario" e detto questo si scaglia contro di lui. Fa in tempo a dargli un solo pugno per poi essere respinto da un piccolo gruppetto. Mike è davanti a tutti loro e guida la linea difensiva egregiamente. Annuisco nell'ombra della stanza, felice che qualcuno abbia superato la prima prova.

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