Capitolo 6

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Faccio il giro della scrivania e mi siedo sulla sedia girevole, invitando Michael con un gesto della mano a fare lo stesso. Dopo aver annunciato che all’alba ci sarebbe stata la nomina ufficiale del nuovo Beta, ho congedato tutti e chiesto a Michael di seguirmi nel mio studio per poter parlare un po’ da soli. È proprio per questo che siamo qui a fissarci negli occhi: verde contro marrone. Occhi scuri come i Suoi risaltati da una semplice maglietta gialla. Gli addetti gliela hanno consegnata insieme ai pantaloncini che indossa. Per non parlare dei capelli: belli e ricci come i suoi, anche se di una tonalità più chiara. È sempre stato ad un passo da me e io non me ne sono mai accorta. Mi do della stupida e so che non avrei mai dovuto compiere un errore come questo, ma ormai il danno è fatto. Passa un minuto buono prima che mi decidi ad interrompere il silenzio che si era creato tra di noi.

<Ci sono solo due cose che pretendo da te> pronuncio la frase calcando sul “solo”: non chiederei niente ai miei lupi se non fosse di vitale importanza. <Lealtà e Fiducia. Manca ad una di queste e sei morto.>

Sa che non sto scherzando: nessuno lo farebbe su cose così rilevanti. Infatti lo vedo annuire serio e ripetere con voce rauca il motto del branco. Tutti uniti, non s’indugia, sarà forse vero? Spero che sarà sempre così in futuro. Con la mente torno a quell’uomo che ho amato e odiato in egual misura. Lui è stato il primo a non avermi concesso la sua lealtà e, prima ancora la sua fiducia. Ultimamente i miei pensieri mi riportano sempre a Lui, ma non posso certo farmene una colpa: il mio compagno sarà sempre e solo David. Presa nelle mie riflessioni, non mi accorgo che il silenzio è appena ricalato su di noi. Più domande lottano tra di loro per uscire dalle mie labbra, ma è una che vince: il perché della sua esitazione a trasformarsi. La sua risposta, molto profonda e al contempo molto semplice, mi lascia senza parole.

<Io non picchio le donne>. Afferma serio in volto in un iniziale momento <Nemmeno sotto tortura> aggiunge poi come per dire che sarebbe disposto a disubbidire ai miei stessi comandi pur di seguire il suo giuramento. Lo tranquillizzo con gli occhi: non gli avrei mai chiesto niente di simile. Sono pochi gli uomini come lui e so che altri, al suo posto, non avrebbero esitato un attimo ad eseguire gli ordini. Lui no, Lui è diverso è il primo pensiero che attraversa come un lampo la mia mente. Il suo sguardo è quello che il bambino di un tempo non avrebbe dovuto nemmeno sapere cosa . Vorrei alzarmi e andare ad abbracciarlo forte, dicendogli che adesso è al sicuro. Però faccio altro: sorrido e ribatto alle sue parole.

<Mi fa piacere sentirtelo dire,> poche volte prima di oggi parole più vere sono state dette <la nostra chiacchierata è quasi finita. Potrai andare a riposarti per domani, ma ho un’ultima domanda per te.>

Michael si sistema meglio sulla sedia ed io lo imito senza farmi vedere. Ha un po’ di timore, ma annuisce lo stesso e dice: <Ditemi Alpha>. Ed è allora che sgancio la bomba, una bomba che è dura due secondi, quattro parole e un dolore immenso: <Dov’è tuo padre?>. Poi aspetto. Impiega qualche secondo a capire quello che gli ho detto, ma la risposta che arriva mi fa solo innervosire.

<C-come?>

Cosa “come”? mi viene da urlare. È una domanda molto semplice, ma Michael ha perso il contatto con la realtà e fissa il vuoto alle mie spalle.

<Hai capito cosa intendo.> rispondo appoggiando i gomiti sulla scrivania colta da un momento di debolezza. Prendo un respiro per calmarmi: credo che per lui, il padre sia un tasto dolente. < “David Josha Michtmarr” ti ricorda qualcosa?> chiedo più dolcemente.

Non da cenni di avermi sentito e le domande ritornano, di un altro tipo, ma molto più disperate. Perché non è tornato da me? Perché ha scelto lei e non me? Ero lì, a due passi, ma non mi ha voluto. Ho bisogno di risposte e Michael è l’unico mezzo che ho per trovarle. In altri casi mi sentirei in colpa a spremere il ragazzo di fronte a me come un limone. Si dice, però, casi estremi, estremi rimedi. Il mio bisogno di chiudere quel capitolo della mia vita e andare avanti, mi porta a calcare la mano, cosciente purtroppo che David farà sempre parte di me. È per questo che sono pronta a perdonarlo per tutto il dolore che mi ha inflitto, perché so che questo è il volere della Dea. Michael prende un respiro profondo.

<Non lo so> dice. Si perde di nuovo tra i suoi ricordi e comincio a credere che quello sia tutto ciò che ha da dirmi, ma aggiunge <molto lontano probabilmente>. So che questa è la sua risposta definitiva ed è la pura e vera verità.

<Puoi andare.>

Non esita ad alzarsi dalla sedia. Barcolla un po’: segno evidente di stanchezza. Lo guardo negli occhi e lui mantiene il contatto visivo per qualche secondo. Poi china il capo, si gira e se ne va. È cambiato molto dal primo giorno che l’ho incontrato. Mi sembra ieri, ma sono ormai passati quasi vent’anni e quel bambino taciturno si è trasformato in uno splendido uomo. Le sentinelle lo avevano trovato mentre gironzolava nella parte di bosco sotto il mio controllo e lo avevano portato subito da me, chiedendomi cosa fare. Avevo percepito la sua paura come se fosse mia. Avevo accorciato le distanze e, evidentemente, per lui ero troppo vicino; così non ha esitato a trasformarsi. Non gli avrei mai fatto del male ai miei stessi simili: andava contro la mia stessa natura. Occhi più verdi delle cime degli alberi hanno accolto il mio sguardo. Erano così simili ai miei, Lui era così simile a me. Non ho potuto far altro che chiedergli il suo nome e assegnarlo ad una coppia sterile, sicura che lo avrebbe allevato con tutto l’amore possibile. Michael non è più stato un’Omega e i suoi occhi non sono mai più diventati di quel verde così bello quanto condannatorio.
Ho fatto il mio dovere mi dico sono stata un’Alpha.

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