Le cose che non abbiamo detto

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"Verranno a cercarci
A disturbare il sonno
Ad oscurare il nostro giorno
Come una fitta improvvisa sotto il costato
Le cose che abbiamo ignorato
Che non abbiamo detto."

Come ogni giorno, la sveglia delle 7.00 interrompe il mio amato sonno.
Mi lavo, mi vesto e so già che questa giornata sarà lunga ed estenuante. Appena esco di casa, mi dirigo verso la caffetteria.
Le prime luci di Londra sono bellissime. Il ritmo frenetico delle persone è ancora sul loro cuscino e la città si sta appena svegliando. La quiete prima della tempesta è così pacifica e catartica. Nessuno sa ancora di quello che accadrà, degli incidenti che avverranno, delle litigate, dei licenziamenti. Mi spunta un sorriso quasi a volermi beare di quest'aria.

Dentro la caffetteria il ritmo ricomincia, ed ecco che vedo già entrare i primi clienti. Tra di questi c'è Alice, la prima persona che ho conosciuto qui a Londra. Ha i capelli biondi, molto lunghi e gli occhi verdi. È una bellissima ragazza e con lei sono subito entrata in empatia. Lavora in un negozio di dischi poco distante da qui ed è lì che l'ho conosciuta.

"Allora nessuna novità?" Mi sorride.

"Nessuna. La solita mono..." Mi fermo e lo vedo dietro la vetrina che mi guarda. Quando incontro il suo sguardo, lui fa come per abbassarsi e non capisco il perché non è ancora entrato.

"Che succede? Hai visto un fantasma?" Mi guarda divertita.

Poi gira il suo sguardo verso l'uomo e dopo neanche un secondo mi dice:

"La solita monotonia? Mi stai nascondendo qualcosa per caso?"

"No, ma che dici. Ieri è venuto a prendersi un cappuccino e si è messo a fare domande strane. Gli ho detto che non era il caso perché altrimenti mi avrebbero cacciato se avessimo continuato a parlare. Lui mi ha detto che sarebbe ripassato domani per "finire il discorso". Ma ora è lì fuori e non capisco perché non voglia entrare."

"Mh, forse perché ci sono io qui a parlare con te? Penso voglia parlarti mentre sei da sola. E poi, cos'è questa storia che ti licenziano se parli a lungo con i clienti?"

"Tu vieni sempre presto, precisamente alle 7.45. A quest'ora la caffetteria è quasi semi-vuota e quindi non è un problema parlare con te. Ma ieri lui era qui in un orario di punta. L'ho dovuto mandare via perché altrimenti non potevo servire gli altri. E questo significa probabili sgridate dal datore e io non voglio.
Comunque non penso di essere così importante per lui. Siamo due sconosciuti."

Quando rialzai lo sguardo vidi che non c'era più. Una fitta leggera al cuore si fece sentire e un sospiro uscì dalla mia bocca.
Aspettative.
Una vita di aspettative che non sono mai arrivate.

Senza neanche girarsi Alice mi guardò:

"Se n'è andato vero?"

"Si. Ma non pensare male."

"No. E invece io penso. Ti piace, l'ho sentito bene quel sospiro. Ieri avresti voluto che rimanesse ma tu non riesci mai a cogliere l'attimo. Non perdere le opportunità Marghe."

"Stai già viaggiando troppo con la mente Ali. Non c'è niente. Nulla di nulla."

La gente iniziò ad entrare nel negozio. Alice mi guardò, mi mandò un bacio e se ne andò via.
Si, ci rimasi male.

Finita la mia giornata di lavoro, decisi di andarmi a mangiare una pizza. Le strade ora sono affollate; le persone tornano a casa per mangiare un pasto magari in compagnia di qualcuno. Sinceramente, la solitudine si fa sentire proprio a quest'ora. Non c'è nessuna madre che ti prepara a mangiare o che ti accoglie con un "com'è andata?". Niente di tutto questo. Avresti dato oro, tempo fa, per zittire quella voce eppure ora non vorresti altro che una persona che ti aspetti per ora di cena. Semplicemente una persona che ci sarà nonostante tutto, nonostante i tuoi ritardi.

Proprio dietro l'angolo c'è una pizzeria italiana che mi fa sentire un po' a casa. Ora che mi sento così spaesata ne ho proprio bisogno.

Mi siedo al tavolo mangiando la mia pizza margherita, come me.

La campanella della pizzeria posta sulla porta, segna l'arrivo di un nuovo cliente. Ogni tanto alzavo lo sguardo per vedere chi fosse entrato nel paradiso. Ma in quel momento ero intenta nel mordere la mia pizza e nel tentare di non fare un casino con la mozzarella filante. Fallendo miseramente.

"Ti sarei venuto a parlare"

Una voce roca irruppe nel locale e mi parve di aver perso qualche battito. Non mi piaceva perdere il tempo. Un'altra fitta al cuore.
Che figura di merda.

Alzai lo sguardo e con il viso tutto sporco di pomodoro lo guardai.
I miei occhi persi affondarono nei suoi. Ci sarei mai riuscita a nuotare?

"Eri lì a parlare. Anche a lungo devo dire. Sinceramente mi sento offeso. Ma nonostante questo, ti ho seguita fin qui. Voglio sapere."

Si avvicina e prende posto al mio tavolo. Con il fazzoletto mi pulisco la bocca cercando di rallentare i miei battiti e di non far vedere quanto mi tremino le mani.

"Era presto stamattina. E quella era la mia migliore amica. Non devi offenderti."

"Sei sempre così acida? Cioè intendo, io voglio che sia un piacere parlare con me."

Arrossii improvvisamente ed abbassai lo sguardo. Mi stava mettendo in soggezione.

"Non sono acida."

"Sembra che ti debba tirare fuori le parole di bocca. Ti vergoni?"

Si avvicinò improvvisamente quasi a volermi stuzzicare.

"Forse è perché sei uno sconosciuto? Ma cosa ti passa per la testa?"

"No, non sei una sconosciuta. Ti vedo esattamente ogni giorno. Vedo come osservi le persone, come le scruti e sono quasi sicuro di capire anche cosa pensi quando le guardi. I tuoi cappuccini sono molto buoni la mattina mentre nel pomeriggio ti lasci un po' andare. Ti vedo ogni giorno, perché quella è la mia caffetteria preferita e perché quando posso, dopo le prove in conservatorio, vengo a prendermi qualcosa. Ti ho sempre vista mentre canticchiavi una canzoncina sotto voce. Quel tatuaggio l'ho visto un milione di volte e un milione di volte mi sono chiesto cosa significasse. Poi ieri te lo sono venuto a chiedere di persona."

Tornò al suo posto, un po' infastidito. Si passò una mano tra i suoi capelli e sospirò.
Non trovavo le parole e lui le stava attendendo.
Si alzò tutto ad un tratto e girò le spalle.
Ecco, un'altra fitta.
Le parole di Alice rimbombavano come la grancassa di una batteria. "Tu non riesci a cogliere l'attimo".

"Dovresti rimanere."

Nel cassetto dei miei erroriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora