CAPITOLO TRE (NUOVA VERSIONE)
Norimberga, 25 dicembre 1990
Suzanne era così contenta di esser finalmente riuscita a far parlare la nonna che ora era anche disposta a cacciare in malo modo chiunque avesse deciso di suonare il campanello proprio in quel momento. Temeva che, se si fosse allontanata anche per un solo secondo, la bocca della nonna Rina si sarebbe chiusa e sigillata senza che lei riuscisse a fermarlo.
«Torno subito,» sospirò alzandosi, ma fu come se l'anziana donna non avesse sentito le sue parole. La nipote riusciva quasi a vederla riflessa nei suoi vecchi occhi chiari, l'Anna Schmidt di cui le stava raccontando, e sorrise. La nonna era rimasta là, nel novembre del 1940, e lei non avrebbe rischiato di perderla.
La madre Therese era quasi riuscita ad arrivare alla porta d'ingresso, quando Suzanne le sfrecciò davanti e si attaccò alla maniglia in ottone. Le scoccò un'occhiata e la donna sospirò esausta. Non parlava con sua figlia da quasi una settimana, se si escludevano le risposte a monosillabi che la ragazza le dava quando decideva di scendere dal piedistallo su cui si era posizionata da sola.
Suzanne spalancò la porta ed era stata pronta a convocare tutti i santi del Paradiso, quando rimase interdetta.
«Franz?» domandò confusa.
Dietro di lei sentì sua madre sospirare di nuovo prima di allontanarsi per il corridoio immerso nella penombra.
«Suzi.» Il ragazzo davanti a lei sorrise mentre i suoi occhi azzurri cercavano di rimproverarla, fallendo.
Di un anno più grande di lei, conosceva Franz da una vita. Non riusciva nemmeno a ricordare il momento preciso in cui avevano deciso di presentarsi e di iniziare a parlare. Certo, all'inizio non si erano sopportati più di tanto. Erano stati innumerevoli, i loro litigi iniziali, le volte in cui le aveva tirato le trecce e in cui lei gli aveva riempito le braccia di pizzicotti, ma con il passare del tempo l'inimicizia era sfumata sempre più in un'amicizia pacifica e poi... Be', poi un giorno, forse, avevano finalmente capito che avrebbero potuto trarre reciproco vantaggio dalla presenza dell'altro nella propria vita e avevano stabilito una tregua che ancora non era stata spezzata.
«Ti ho aspettata per quasi un'ora, alla pista di pattinaggio,» rivelò Franz, allacciando le mani dietro la schiena e inclinando la testa di lato.
Suzanne cercò di trattenersi dal colpirsi la fronte con il palmo della mano e si limitò a chiudere gli occhi per un paio di secondi. «Cavolo, me ne sono dimenticata!» sospirò. «Il fatto è che è arrivata mia nonna per Natale e l'ho supplicata di raccontarmi una storia. Non mi ero accorta che il tempo fosse passato così in fretta. Scusami.»
Franz scrollò le spalle e le sorrise. «Ora sei pronta a uscire? Se ci sbrighiamo riusciamo a farci un giro sulla pista prima che si riempia di gente.»
Suzanne deglutì e si girò a guardare all'interno della casa. Le luci del soggiorno erano ancora accese e sperava che la nonna non si fosse mossa dalla sua sedia davanti alla finestra. «In realtà...»
«Vuoi restare a casa?»
«Mi dispiace, Franz, davvero. Ma la storia sembra interessante ed è la prima volta che riesco a far dire a mia nonna qualcosa che non si riduca a una sola frase... Domani la pista sarà vuota e potremo pattinare tutto il giorno, ma oggi vorrei restare qui.»
Un sospiro. «Posso entrare? Mi avevi promesso un pomeriggio e visto che non hai intenzione di uscire vorrei sentire anche io questa storia tanto speciale.»
Suzanne non rispose e si spostò per lasciarlo passare. Appese la sua giacca sull'attaccapanni e sistemò i suoi scarponi sotto il calorifero per asciugarli. «Mi dispiace davvero, Franz.» Gli prese la mano per catturare la sua attenzione, ma – quando si girò a guardarla – il ragazzo non sembrava arrabbiato.
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L'amore ai tempi della guerra
Historical FictionNella follia dei suoi diciannove anni era perfino giunta alla conclusione di non essere nata per vivere la sua vita, ma per rivivere quella degli altri, quella di chi aveva perso qualcosa, quella di chi ancora cercava il proprio tesoro, di qualunque...