Capitolo ventidue

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Capitolo ventidue

 

Berlino, gennaio 1941.

Fin da quando erano tornati a casa, quel primo giorno dell'anno, Wilhelm Neumann aveva iniziato a tormentare i pensieri di Boris ancora più spesso di quanto già non fosse solito fare. Ora che lo aveva incontrato di persona non poteva fare a meno di soffrire e avere più paura di quanta non ne avesse prima.

Aveva paura di perdere Anna, e non sapeva se sarebbe mai stato in grado di uscirne se ciò fosse successo. Credeva che sarebbe finito a fare la stessa vita che conduceva la madre di lei, rinchiusa nella sua stanza ad aspettare il fantasma di quello che una volta era stato il suo amore.

Una parte di lui continuava a dirgli che non c'era alcun motivo di temere. Lo aveva visto oppure no il modo in cui quella ragazza aveva iniziato a guardarlo già da qualche tempo? L'aveva sentita ridere divertita oppure no, quella sera nella sala da ballo, quando le punte dei piedi di lei erano sulle proprie e sembrava che al mondo non ci fosse nessun altro a parte loro due?

Scosse la testa e smise di camminare avanti e indietro nella propria stanza.

"E comunque, anche se dovesse scegliere lui, io non potrei farci nulla" pensò. "Non ho alcun diritto di imporle qualcosa a cui lei è contraria." Si guardò nello specchio del comò e si tirò uno schiaffo, dandosi dello stupido per aver anche solo pensato di impedire ad Anna di non vedere più quel ragazzo. Se lei avesse scelto Wilhelm, lui avrebbe dovuto farsi da parte e farla felice, accettando – come poteva – quella sua presa di decisione. "Non sarò di certo io a rovinarle la vita" decise, quasi a malincuore.

Nei giorni a seguire cercò di comportarsi come se nulla fosse, come se non avesse mai né conosciuto né tanto meno incontrato quello che considerava quasi come il suo rivale in amore.

Sperò di non aver lasciato trapelare, quella sera, come in realtà si era sentito scoprendo chi fosse il Wilhelm della lettera. Certo, nessuno gli aveva confermato "Sì, è lui!", ma quante possibilità c'erano per cui poteva pensare che quel ragazzo che Anna non era riuscita a guardare negli occhi non fosse anche quello che – di certo involontariamente, anche se non credeva che questa fosse una scusante valida – l'aveva spinta a ferirsi?

Aveva paura di non riuscire più a stare in compagnia della ragazza senza far sì che lei scoprisse a cosa pensasse continuamente. Aveva paura che lei venisse a conoscenza del fatto che lui aveva scoperto il suo segreto. Aveva paura di lasciarsi sfuggire qualcosa riguardo la lettera che aveva trovato sul pavimento della sua stanza e, così facendo, attirarsi tutto l'odio e la rabbia di cui quella ragazza fosse stata capace.

Tutto ciò che voleva era stare con lei, ma ora sentiva che quel peso che si portava dietro da novembre era diventato più pesante, soprattutto più pesante da tenere dentro di sé senza lasciarsi scappare una sola parola di bocca, senza commettere il minimo passo falso, senza rischiare di far crollare il muro che aveva costruito intorno ad una parte di sé.

Un giorno le avrebbe parlato di ciò che aveva trovato nella sua stanza il giorno in cui aveva fatto a pezzi uno specchio prendendolo a pugni e le avrebbe chiesto spiegazioni. Le avrebbe chiesto se amasse veramente Wilhelm e se volesse stare con lui. L'avrebbe posta di fronte alla scelta non perché voleva vendicarsi di ciò che lei provava per quel ragazzo – e ne era geloso, questo non poteva negarlo in alcun modo –, ma perché era il minimo che avrebbe potuto fare per tentare di renderla felice. Obbligarla a sposarlo non era e non sarebbe mai stata la migliore delle opzioni, anche se a lui sarebbe piaciuto. Quindi, se avesse preferito Wilhelm... "E che Wilhelm sia!" pensò e sospirò sconsolato, sedendosi sul letto e fissando il proprio riflesso nello specchio di fronte a sé.

L'amore ai tempi della guerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora