Capitolo dodici

2.3K 66 13
                                    

Capitolo dodici

 

Berlino, dicembre 1940.

Erano passate due settimane ormai da quando Anna aveva inviato la lettera a Wilhelm e lui non le aveva ancora risposto.

Il giorno del saggio si avvicinava sempre più e lei era sicura che non avrebbe suonato se non avesse ricevuto una risposta dal ragazzo che era sicura di amare. Non ne valeva la pena, pensava. Non voglio suonare. Preferisco dire addio alla musica invece di lasciare per sempre Wilhelm.

Nella sua ansia, a malapena di era accorta della dolcezza che Boris le riservava ogni volta. Non si accorgeva nemmeno dell'ombra di delusione che passava sul viso del suo futuro marito quando lei non lo degnava della sua attenzione.

Non riusciva a convincersi che Wilhelm non la odiasse. E perché ci sarebbe dovuta riuscire? Juliane arrivava a scuola ogni giorno senza nessuna busta in mano. Era chiaro come il sole che non volesse più avere a che fare con lei. Ma rassegnarsi a quell'idea, per lei, sarebbe stato come morire. Sarebbe morta, scomparsa per sempre quando avrebbe sposato Boris. Avrebbe dovuto accantonare per sempre i sentimenti che sentiva, quell'amore impossibile.

A volte le sembrava di essere in quella tragedia di Shakespeare, Romeo e Giulietta. Certo, la famiglia di Anna non odiava quella di Wilhelm e viceversa, ma il loro amore sarebbe sempre stato contrastato; sarebbe sempre stata una relazione da tenere nascosta, la loro. Ma Anna si sarebbe arresa anche a quello, pur di stare con Wilhelm. Avrebbe rinunciato per sempre al suo sogno di diventare pianista pur di sposare lui e non Boris. Avrebbe detto addio anche alla propria famiglia, se fosse stato necessario.

Ma i giorni passavano, la neve cadeva ogni giorno e, ogni giorno, nessuna traccia di una risposta.

Perfino Juliane le diceva di smettere di sperare, di lasciar perdere e di concentrarsi su Boris, perché dopotutto era lui il suo destino. Così ti fai solo del male le ripeteva ogni giorno, quando Anna abbassava lo sguardo, triste, quando la sua migliore amica si presentava a scuola a mani vuote.

Ma quella mattina, qualche giorno prima del saggio di musica prima delle vacanze natalizie, Juliane le aveva infilato tra le mani un foglio ripiegato, un enorme sorriso che le illuminava il viso. Anna aveva alzato lo sguardo su Juliane e aveva sorriso a sua volta, non riuscendo a credere a quello che aveva tra le mani.

«Non leggerla qui» le disse Juliane sorridendo. «Aspetta di essere a casa e poi aprila.»

Anna annuì, eccitata come mai era stata in vita sua. Lo sapeva nel suo profondo, sapeva che prima o poi la sua attesa sarebbe stata ripagata. Sapeva che Wilhelm non la odiava. Non poteva, dopotutto lei non voleva sposare Boris.

Nascose il foglio sul fondo della borsa, le mani che tremavano senza posa.

Prestare attenzione alle lezioni fu un'impresa ardua. Riusciva a malapena a concentrarsi su quello che un insegnante diceva che subito si ritrovava nel suo mondo, quello in cui poteva stare con Wilehlm senza problemi.

Perfino tornare a casa accompagnata da Boris, quella sera, non le fu di peso. Si sentiva leggera, aveva voglia di saltellare come faceva da piccola, con un enorme sorriso sul viso. Ma si era contenuta. Non avrebbe di certo potuto comportarsi così davanti a Boris, aveva paura delle conseguenze che i suoi gesti avrebbero avuto una volta che suo padre avesse saputo tutto.

Quella sera aveva pure trovato la voglia di chiedere a Boris come stesse andando con il lavoro e con suo padre e aveva ascoltato la sua risposta senza provare ribrezzo.

Boris, dal canto suo, era sorpreso di quel comportamento. Sapeva che non doveva starle simpatico, che lo sopportasse giusto per evitare punizioni dal padre, ma sperava non fosse così. O, almeno, di poterle far cambiare idea in qualche modo. Sapeva che, appena avesse appreso la notizia del loro matrimonio, Anna non saprebbe più stata la stessa, che avrebbe rischiato di perdere anche quella minuscola parte di lei che non lo trovava odioso. Sapeva che sarebbe cambiato tutto, magari per sempre, e che forse si sarebbe ridotta come la madre, a vivere rinchiusa nella propria stanza per evitare la vista di coloro che era costretta a chiamare la mia famiglia. Ma ora – ora che lo guardava con un enorme sorriso in volto – si sentiva in paradiso.

L'amore ai tempi della guerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora