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C'è freddo, quel genere di gelo che ti prende le ossa, facendoti sentire stanca e pesante, quasi come se stessi diventando di ghiaccio.

La macchina oscilla a causa della strada ghiaiosa, e ho paura che, a causa di tutto questo ghiaccio, presto andremo fuori strada.

E quasi preferisco questa opzione, molto meglio che essere rinchiusa per un anno in questa clinica sperduta fra le montagne dell'Alaska.

Lo so, i miei genitori sono spaventati da me, ma non penso di meritarmi di essere cacciata dalla mia comoda casa nell'Alabama per essere rinchiusa come una pazza pericolosa.

Non ho mai fatto male a nessuno, se non a me stessa, eppure mi trattano come se fossi una criminale.

E io sono così arrabbiata.

"Miss, siamo quasi arrivati." L'uomo dalla faccia rugosa mi sorride con i suoi denti gialli dallo specchietto, sistemandosi il bavero della giacca sporca di terra.

Martin, così si chiama l'uomo, è il guardiano del Linton Care Centre e, se è davvero l'apparenza quella che conta, stiamo iniziando davvero male.

Torno a guardare fuori dal finestrino, osservando il panorama montuoso e nevoso: mi sembra quasi di essere stata catapultata in una cartolina di Natale.

Non mi fido delle cose così belle, così eteree, perché nascondono sempre qualcosa di brutto, di imperfetto.

La verità non è mai bella, solo la menzogna lo è.

La macchina varca dei grandi cancelli di metallo che si richiudono al nostro passaggio, e, dopo pochi istanti, finalmente ci fermiamo.

Martin corre fuori dalla macchina per prendere la mia valigia mentre io esco a mia volta, rimanendo subito perplessa davanti all'imponente castello a più piani in pietra grigia.

A chi verrebbe in mente di costruire una casa di cura in un castello ottocentesco?

"Il signor Linton mi ha detto di portarla nella sua stanza." Dice, affannato, l'ometto, venendomi al fianco "Però prima mi dovrebbe consegnare il materiale illecito."

"Il materiale illecito?" Chiedo, perplessa.

Lui sgrana i suoi occhi, sottolineando il suo strabismo.

"Arnesi elettronici, medicinali e armi."

Armi?

Consegno il mio telefono e i miei tranquillanti senza troppe storie, tanto non ho mai usato davvero nessuno dei due.

Martin sorride e se li infila in tasca, riprendendo la valigia "Mi segua."

E io lo faccio, passando per le varie sale decorate gioiosamente e i corridoi tetri e scuri.

"Camera sessantaquattro." Dice, con un bel sorriso sdentato.

Prendo la mia valigia, sentendo subito la maniglia umida a causa del sudore dell'uomo.

"Grazie."

L'uomo sorride e saltella via, zoppicando da una gamba.

Scuoto la testa, ancora sconvolta, ed entro nella stanza, ritrovandola gia occupata.

Una ragazza dai capelli rosa decorati con margherite e gli occhi azzurri mi sorride da uno dei letti.

Noto che sta facendo un rebus, ed ogni casella è scritta con un colore diverso.

"Hei." Mi saluta, felice come una pasqua, facendo un gran sorriso.

È carina, per quanto troppo magra nel sul vestitino rosa a collo alto.

Il ragazzo nell'ombra {Dylan O'Brien}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora