MALHORN: CAPITOLO II

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  A quell'ora il paese stava già  per chiudersi nelle proprie case quando Albert entrava al Mek Bar di Malhorn (che era anche l'unico). Aveva l'aria di un locale che non avrebbe seguito il coprifuoco vigente in tutto il resto del paese.
  Visto da fuori poteva sembrare un bar come tan­ti altri, inserito in una strada come tante al­tre, in un paese come tanti altri.
  Era proprio il paese, Malhorn, che stonava. Da quando usci' di casa circa tre ore fa, il solo avvicinarsi al paese che distava circa dieci mi­nuti,  lo faceva sentire a disagio. Il primo ag­glomerato che incontro' era formato da alcune villette monocolore, piuttosto squallide. Poi proseguendo sulla strada principale, si accorse che pur cambiando colore le case erano tutte co­struite allo stesso modo, soltanto i negozi si distinguevano per le loro insegne variopinte; per il resto tutto era piatto, amorfo . Le persone che Albert incontro' erano tipica gente di monta­gna, restia ai grandi discorsi e molto abile nell'evitare gli estranei.
  Due cose molto strane pero' balzarono ai suoi occhi; la prima era che le strade di quel posto non avevano nome, la seconda che si sentiva os­servato da tutte le persone che aveva incrociato e malgrado avesse accennato ad un timido gesto di saluto, non fu degnato nemmeno  di uno sguardo, neanche con la coda dell'occhio. Anzi le persone sembravo offese da tutto ciò.  Questo pero' non aveva alcun valore soprattutto per uno come Al­bert che non credeva a queste cose anzi, lo aveva sbattuto immediatamente in faccia anche a sua ma­dre, anche se effettivamente si rese conto che forse era il caso di prendere in considerazione il fatto che qualcosa di strano esistesse real­mente in questo paese e sicuramente loro, la gen­te del posto, lo sapevano.
  Fu per tutto questo che entro' in quel bar, per cercare di trovare una risposta ad alcune di que­ste domande ed anche per vedere se la gente di questo paese era davvero muta o faceva solo fin­ta.
  Era un locale molto trasandato, si vedeva chia­ramente che di gente ne doveva essere passata pa­recchia nel corso degli anni ma nonostante tutto il proprietario non aveva ritenuto opportuno dare una rinnovata ai locali.
  I tavoli erano in stile vecchia mensa, con quei malefici sgabelli che si infilavano sotto l'asse.
Ora pero', al termine di una giornata, le sedie erano tutte sparpagliate per la sala e sopra i tavoli risaltavano i residui dei pasti e delle bevute del giorno.
  Albert avanzo' nel locale deserto mentre il proprietario del locale era appostato dietro al bancone intento ad ordinare quel gran casino di bottiglie, bicchieri e birra.
  -Salve !- In questo modo Albert cerco' di porre fine al clima di sfida che lo stesso barman gli aveva implicitamente lanciato.
  La risposta pero' fu ancora più  fredda di tut­te le decine di risposte che avrebbero potuto frullare per la testa del giovane.
  - Dipende !-
  - In che senso dipende. Io l'ho semplicemente salutata e visto che in questo paese qualcuno de­ve essere mancato quando il buon Dio ha comincia­to a distribuire il dono della buona educazione, mi sono ...permesso ... di cominciare io in prima persona a salutare le persone!-
  - Giovanotto, diamoci una calmata. Non e' ne­cessario che tu stia qui a spiegarmi ciò  che de­vo o non devo fare. Se sei entrato qui dentro per attaccare briga puoi anche andartene-.
  Nella mente di Albert il primo pensiero volo' immediatamente alla bottiglia di birra che li se­parava e che era a portata della sua mano: con un breve gesto avrebbe potuto facilmente romperla in testa a quell'emerito figlio di buona donna e per di più  montanaro. Poi pero' ragiono' e si ricor­do' di quello che era accaduto poco prima nella sua casa e decise di soprassedere per cercare di scoprire qualcosa di concreto su questa stramale­detta cittadina di Malhorn.
  - Mi scusi signor...-
  - Non importa come mi chiamo!-
  - Comunque mi scusi non volevo assolutamente importunarla. Vorrei una birra per favore!-
  Il barman non si scompose più  di tanto e nep­pure proferì  una parola ma porse immediatamente un boccale di birra ad Albert il quale rimase a sorseggiarlo in piedi davanti al bancone.
  _Poi, all'improvviso, proprio lui, il barman, prese a parlare.
  - Voi siete quelli che abitano nella casa del vecchio, vero ?-
  -  Sì perché ?-
  -  Immagino che abbiate trovato il prezzo della casa molto vantaggioso, visto gli accessori-.
  E proruppe immediatamente in una risata frago­rosa con sottile ironia, come per far capire di conoscere il perché' di tutto ciò  che concerne quella casa. Albert allora, memore dell'errore commesso in precedenza, usando tutto il tatto a disposizione, provo' a fare la sospirata domanda:
  - Lei per caso saprebbe indicarmi una persona qui a Malhorn che conosca la storia di quella ca­sa e di questo paese, diciamo, a partire dal me­dioevo ?-
  Ancora una volta il barman scoppio' in una ri­sata rumorosa che fece capire ad Albert che sicu­ramente questa volta non lo aveva offeso ma che anzi aveva con molta probabilità detto un gran castronata.
  - Devi sapere, mio caro ragazzo che in tutta Malhorn ci sono solo quattro persone che non co­noscono la storia di questo paese e di quella ca­sa e purtroppo non ne hanno colpa perché' sono arrivati proprio oggi- rise di nuovo.
  - Lei vorrebbe dire che tutti qui sanno cosa nasconde quella casa.... anche lei?-
  -  Ti sembra che uno del posto se avesse rite­nuto vantaggioso l'acquisto di quella casa non ne avrebbe approfittato?-
  Albert comincio' a provare una strana sensazio­ne, come di essere osservato senza riuscire a ca­pire da chi.  Aveva capito una sola cosa, c'era di mezzo un grosso guaio. Non poteva essere che una casa del genere potesse essere affittata ad un prezzo stracciato se non vi fosse stato dietro qualche imbroglio. Ecco, potrebbe essere che co­lui che l'ha affittata non era l'effettivo pro­prietario; oppure   il piano urbanistico dell'a­rea prevedeva in quel luogo qualche altra strut­tura che sottintendeva l'abbattimento già  accor­dato di quella casa. In effetti suo padre non fe­ce molte ricerche prima di affittare la casa ma si precipito' subito nello studio notarile a fir­mare il contratto basandosi su delle foto della villetta.
  Già, ma  tutto questo potrebbe essere vero e a conoscenza della gente di Malhorn se non fosse che ciò  che era accaduto in quella stanza della villa non lo avesse sconvolto al punto da andare a cercare una risposta, senza dimenticare  l'at­teggiamento tenuto da sua madre.
  A questo punto le ipotesi erano: o vi era una gabola tecnica che tutti in paese conoscevano a cui loro avevano abboccato, oppure tutto il paese era a conoscenza del segreto nascosto in una del­le sue stanze.
  - Ma cos'ha che non va quella casa?- chiese in­genuamente.  
  -  Vorresti farmi credere che non sai cosa na­sconde quella casa ? Cerca di essere più  onesto soprattutto nei tuoi confronti e poi non farmi domande cosi' stupide. Quella casa non e' di vo­stra proprietà !-.
  - Ma mio padre l'ha affittata. Per poco ma l'ha affittata, e' lui il vero proprietario. Oppure siete a conoscenza di un imbroglio di cui io e la mia famiglia siamo vittime ?-.
  - Cerchiamo di capirci. Io sarò  onesto con te se tu sarai onesto con me. In fondo sei un ragaz­zo e più  di tanto non mi dispiaci, anche se sei un poco ficcanaso. Quella casa e' stata affittata da tuo padre e fin qui non ci piove, ma ciò  che quella casa nasconde, e tu sai bene a cosa mi ri­ferisco, ti assicuro che porterebbe a dire da parte di chiunque che nessuno ne e' il proprieta­rio -.
  Albert fu invaso da un senso di terrore, quel senso che ti porta a credere che davanti ai tuoi piedi si e' aperto un baratro profondissimo e il tuo piede d'appoggio sta pian piano scivolando dentro lo strapiombo. L'adrenalina stava pompando a ritmi vertiginosi nel suo corpo e le sue stesse budella cominciavano a contorcersi quasi come sotto l'effetto del più efficace dei lassativi.
  Come diavolo faceva quel dannato barista senza nome a sapere cosa aveva visto lui e la sua fami­glia se non vi era anima viva la' intorno e ol­tremodo la villa era un po' fuori dal paese ?
  Comunque, escludendo a priori la  possibilità dell'evento fantastico, chiese al barman in quale angolo della casa si era nascosto per non essere visto ed essere poi invisibile nel ritornare al paese senza farsi notare.
  - Ma allora sei proprio cocciuto! Io non ero la questo pomeriggio pero' so' cosa tu hai visto semplicemente perché' me lo hanno raccontato -.
  Albert a questo punto perse la pazienza, sca­valco con un balzo il bancone, fece letteralmente volare con un manata la bottiglia di birra sul bancone e afferro' per il bavero il barman.
  -  Senti un po' brutta faccia da cretino, ades­so mi sono veramente rotto le palle di stare a parlare con un deficiente senza testa. Quindi: primo come ti chiami ?-
Fu in questo momento che Albert si rese conto dell'eta' dell'uomo e soprattutto della struttura fisica dello stesso, magro sui sessant'anni e so­prattutto in questo momento era molto impaurito.
  - Frank. Il mio nome e' Frank - rispose imme­diatamente e subito vide allentata la presa sul collo.
  - E per secondo voglio sapere per filo e per segno tutto quello che sai e soprattutto perché  lo sai-.
  I due girarono intorno al bancone, presero due sgabelli e si misero a sedere vicino ad un tavo­lo, con accanto una bottiglia di birra, poi Frank comincio' a raccontare.

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