MALHORN: CAPITOLO VI

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Albert e Susan erano giunti di fronte al can­cello d'entrata della sua casa. Era nel centro di Malhorn più vicino a ciò che a prima vista pote­va sembrare il palazzo del municipio o qualcosa del genere.
    D'altronde le vie e le case di quel paese erano tutte sempre più maledettamente uguali le une al­le altre.
Albert chiese a Susan se potevano rivedersi con più calma in un altro momento, lasciando intende­re che quel momento avrebbe potuto essere molto ricco di eventi imprevisti ma sicuramente molto piacevoli per entrambi. Poi, prima di salutarsi con un bacio leggero sulla guancia, Albert le chiese a bruciapelo dove si trovasse la mitica chiesa che fu teatro dell'inizio delle disgrazie di questo paese.
Susan, senza badare a ciò che Albert stava già elaborando nella propria mente, rispose d'istin­to, anche se da lì a poco avrebbe avuto di che pentirsene - E' là dietro quell'ultima casa, or­mai però è chiusa, nessuno ha più celebrato fun­zioni da quando......-.
- Da quando ? -
- Da quando un tizio del posto, preso forse dalla pazzia, cercò di entrare nella chiesa. Pri­ma di questi nessuno era più entrato sin dai tem­pi di Edwards e Vexania....Non ne uscì più. E nessuno si sognò di andarlo a riprendere; la chiesa venne chiusa ed è là -.
Da quella posizione non si riusciva a scorgere, ma con l'immaginazione e le indicazione di Susan gli pareva già di vederla. Isolata, appena fuori dal centro abitato, nessun tipo di illuminazione se non quella che la luna nelle serate di pleni­lunio le concedeva.
Ed infatti, dopo aver rassicurato Susan che non si sarebbe avvicinato alla chiesa, si incamminò verso quel luogo come sospinto da una forza mi­steriosa, quasi gli ricordasse il cammino che narrava Mark Edwards.
Era proprio come se l'era immaginata, al centro di una radura con alle spalle le colline, nessun tipo di strada asfaltata nei dintorni. Sembrava un vero e proprio spezzato medioevale. Anche l'a­spetto esteriore della chiesa era in sintonia con l'ambiente: mura fatiscenti, colori sbiaditi e soprattutto l'entrata sbarrata.
Erano ormai le nove, le prime ombre della sera del mese di agosto cominciavano a lasciare sul terreno le tipiche ombre lunghe miste ad una co­lorazione arancione. Il pensiero volò subito allo spiazzo nel cui centro si ergeva ora la chiesa ma prima di essa vide uno spettacolo a dir poco or­ripilante.
Sembrava di rivedere quelle scene da guerra con corpi straziati, mutilati. L'immaginazione di Al­bert era aiutata dal ricordo di una scena molto simile vista al cinema nel film Highlander in cui le famiglie medievali dell'alta Scozia si scoten­navano un giorno sì ed uno no.
Anche la stessa musica ronzava nelle orecchie, musica di cornamusa e sembrava pure azzeccata ad una atmosfera così macabra. Le ombre scendevano sempre più e i ciuffi d'erba nell'oscurità ormai calante prendevano le sembianze di mani a forma di artiglio, come se volessero emergere dalla terra e gridare vendetta.
Tutto questo girava per la mente di Albert, ma un pensiero in più ora si stava facendo strada nella sua testa: entrare in quella chiesa.
No, non avrebbe dovuto poiché dopo quello che Susan gli aveva spiegato soltanto un pazzo avreb­be potuto sperare di entrare lì dentro senza per­dere la speranza di tornare indietro sano e sal­vo.
E poi anche senza quel fatto narratogli, a­vrebbe potuto capire da sè che quel luogo tutto rappresentava fuorché una tranquilla chiesa di campagna.
Ma nonostante tutto questo discorso, che passo come vento nella mente di Albert, qualcosa lo so­spinse verso l'entrata.
Non ebbe nemmeno il tempo di pensare all'agire che le sue mani avevano già ricevuto ordine dal suo cervello di levare i sigilli posti sul porto­ne d'entrata di quella chiesa.

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