DISCORSI.

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Il mattino seguente, il cinguettio dolce degli uccellini mi risuonò nelle orecchie mettendomi di buonumore. L'aria fredda che trapassava la piccola metà lasciata aperta -per evitare di causarci un soffocamento nelle ore di sonno- del finestrino posteriore, mi creò uno strato di pelle d'oca. Tolsi il braccio da sotto la testa e lo protesi girando la manovella per chiuderlo definitivamente, trovando qualche difficoltà con il braccio di Adam stretto attorno ai miei fianchi.
Lo levai poggiandolo sul sediolino e cambiando fianco, studiando i suoi lineamenti. Il suo pallido volto aveva assunto un colorito più che roseo sullo zigomo, facendomi sentire la responsabile della ferita cicatrizzata presente sul sopracciglio e sulle sue carnose labbra, il dolore che aveva subìto all'addome -che gli spuntava da sotto la maglietta che si era alzata- e della situazione in cui lo avevo messo. Ma non era il momento per colpevolizzarsi.
Dovevo trovare un modo per farlo uscire da quella situazione ed evitare che potessero esserci altri scontri tra lui e Daniel.
Storse leggermente le labbra e strizzò gli occhi per quei raggi di sole che attraversavano i finestrini e che davano fastidio.
Distolsi lo sguardo per non farmi cogliere mentre ero ferma ad osservarlo.
<<È inutile che cerchi di nasconderti, lo so che mi stavi osservando>> - disse aprendo a fatica gli occhi - <<spero tu abbia impresso bene in mente anche il più piccolo particolare>>. Fece un piccolo sorriso.
<<Pff... io non stavo guardando te>> - alzai gli occhi al cielo per il suo egocentrismo - <<guardavo, la meraviglia del sole che sta sorgendo>>. Cercai  di ribattere e di non mostrare la verità ma la mia mente poco attiva di prima mattina e la mia voce tradirono il mio intento.
<<Che banalità, inventatene una migliore la prossima volta!>>, fece la sua solita risatina di vittoria.
<<Non è una banalità>>.
<<Vanessa Collins, nella vita potrai fare tutto tranne che l'attrice>>, passò ai posti davanti.

Adam frenò davanti casa mia.
<<Grazie per non avermi fatto dormire sotto un ponte, Adam>>.
<<Di nulla>>, fece un mezzo sorriso, <<Non mi sarei mai permesso di lasciarti sotto un ponte con quello che è successo>>, abbassò lo sguardo sul manubrio diventando serio.
Aveva i pugni serrati e la mascella tesa.
<<Ad ogni modo...>> - distolsi lo sguardo nervosamente - <<vorrei che non dicessi nulla a nessuno riguardo anche a quello che è successo>>.
<<Tranquilla, dirò di essere caduto per le scale>>, scherzò.
Risi ringraziandolo nuovamente e poi andai davanti alla porta per bussare.
Guardai di sfuggita alle mie spalle un attimo prima che mamma mi aprisse, per essere sicura che Adam fosse andato via, e la salutai.
<<Buongiorno>>, sorrisi togliendomi le scarpe.
Mi sorpassò con indifferenza andandosene in cucina ed io la seguii.
Raccolse due fette di toast dal tostapane mettendole nel piatto. <<Dove sei stata?>>, ricambiò il saluto con la rabbia percepibile nel tono.
<<Mi si è rotta la chiave e così sono andata a dormire da Rebecca>>, presi una mela e la morsi.
Si fermò dinanzi a me con i piatti in mano, <<avresti potuto bussare oppure chiamare>>, consegnandomeli abbassando e alzando gli occhi su di me. Spalancò gli occhi allarmata dal mio ginocchio sbucciato, <<e quello come te lo sei procurato?>>.
Posai i piatti sul tavolo, <<non volevo svegliarvi. Per questo ho evitato>>.
Presi gli altri due piatti che aveva preparato, mettendone uno al centro del tavolo perché io non avrei fatto colazione. <<E per rispondere alla tua domanda su come mi sia procurata questo>> - alzai il ginocchio mentre tornavo con lo sguardo su di lei - <<sono scivolata sul prato>>.
<<Ultimamente, tu e Daniel siete diventati piuttosto sbadati>>, picchiettò le dita sulla superficie di vetro grigio della cucina.
<<Cosa stai insinuando?>> - incrociai le braccia - <<anzi, lascia perdere. Adesso, dovrei andare a cambiarmi>>. Le voltai le spalle prima che potesse aggiungere altro e corsi in camera.
Mi spogliai lasciando tutti gli indumenti per terra ed entrai in doccia lavandomi in fretta, bestemmiando di tanto in tanto per l'acqua che scivolava sulla ferita facendomela bruciare.
Indossai velocemente una t-shirt grigia su un paio di jeans neri strappati sul ginocchio e delle Converse nere. Raccolsi la mia borsa mezza vuota e scesi al piano di sotto silenziosamente, perché per il momento non ero in vena di continuare ad affrontare lei e le sue insinuazioni - che puntavano a delle risposte che si sarebbero aggiunte alla massa enorme di bugie che le avevo raccontato - ed andai direttamente in giardino dove avrei aspettato Daniel per farmi portare a scuola.
Mi poggiai sul cofano della sua macchina parcheggiata davanti al garage, pensando a quanto stesse diventando pesante l'intera situazione. Specialmente con il secondo membro venuto a conoscenza di un pezzo del puzzle riguardante il mio passato.
Adam.

A STEP AWAY FROM YOU.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora