La pensione
Dal piccolo attico di via Biasi si vedeva molto bene parte del Colosseo, ma Ludovico, comodamente disteso nella sua cyber-poltrona preferita, guardava le colorate immagini tridimensionali che la telecamera olografica materializzava in una zona della stanza che sembrava illimitata, mentre sorseggiava, irritato, un cognac stravecchio.
Mormorava rapidi cambi di canale, in un sempre più rabbioso zapping verbale, stanco dei protagonisti scontati, delle frasi fatte, di conduttori ripetitivi, di plaudenti pubblici elettronici, della mancanza di fantasia, ma non capitò su nulla di interessante.
A quell'ora della notte era davvero impossibile trovare un programma che non fosse un sito porno o un bazar.
Con uno stanco "Basta!" spense l'olovideo e si immerse nella lettura di un vecchio libro stampato che aveva cominciato solo il giorno prima; erano quasi le due quando sentì chiaramente muoversi qualcosa in cucina.
Viveva completamente solo e, da quando il suo bel gattone, Fiordaliso, era morto di vecchiaia, non aveva voluto altri animali per casa, né veri e nemmeno un cyber-cane, così servizievole e pulito.
Il rumore si ripeté, ancora e ancora, con insistenza.
Di malavoglia si alzò e, senza curiosità, si affacciò in cucina. Tutto era in ordine, come può esserlo l'attrezzata cucina di un single: non c'era una sola cosa fuori posto, anche perché ogni cosa, dopo l'uso, veniva ricollocata in un moderno contenitore a ultrasuoni, che un po' ricordava il vecchio scolapiatti, per la pulizia e sterilizzazione automatica.
Il rumore si udì ancora una volta, ora però sembrava venire dalla camera da letto, ma, anche lì, non c'era nulla che potesse dargli origine.
Era come se qualcuno si tirasse dietro qualcosa.
"Forse una catena." Pensò, sorridendo mentalmente.
Comunque era ora di andare a dormire. Si infilò allora nel suo bel letto condizionato e prese subito sonno.
Si risvegliò di soprassalto. Ancora quel rumore.
Ora lo sentiva giungere da fuori la terrazza. Indossò lentamente una vestaglia blu di termo-lana e uscì fuori, nella chiara notte autunnale.
Tra i ciliegi, i nespoli, i limoni, le palmette e le altre piante che, in quantità, abbellivano e rallegravano la sua piccola terrazza idroponica, gli sembrò di scorgere un'ombra in movimento.
Andò verso di essa, ma la forma, indistinta e sfuggente, prima si nascose dietro la sua magnolia, poi veleggiò lontano, oltre il parapetto, in direzione del Colosseo, magicamente illuminato.
Sorpreso e pensieroso tornò lentamente nel suo letto.
Davvero non credeva che la fine del lavoro attivo potesse generare tali stati di allucinazione.
Era andato in pensione solo trenta giorni prima e si era subito assuefatto all'inattività, e se la stava proprio godendo.
Però, quell'ombra gli aveva riportato alla mente Romano, suo amico e compagno nel corso di tutti gli studi inferiori, superiori e universitari. Poi perso di vista.
Sentì come un forte soffio venire dai piedi del letto.
Questa volta non aveva davvero sognato: la delicata tele-lampada a tulipano, sul suo sottilissimo stelo, stava ancora ondeggiando.
L'ombra passò rapida sulla parete lievemente illuminata e scomparve nel vetro opaco della porta-finestra.
Era la sagoma inconfondibile di Simonetta, il grande amore dei suoi vent'anni. Credeva, allora, che anche lei lo amasse, ma lui non aveva mai saputo o voluto dichiararsi, forse per timore, forse per pigrizia.
In salotto l'olovideo cominciò a parlare.
Strano, eppure era sicuro di averlo spento almeno un'ora prima. Andò di là per controllare, era infatti acceso, lo spense.
Un attimo prima che la zona di proiezione svanisse, chiarissimo, si vide un volto: Alessia.
Si erano amati e sposati quando lui aveva appena compiuto trent'anni e, dopo solo altri due, si erano già lasciati, poi vennero la separazione e il divorzio, ma non riusciva proprio a ricordare perché: doveva essere stato per motivi davvero stupidi. Eppure si erano amati, tanto.
Non gli andava di tornare a letto e si sdraiò allora nella sua poltrona preferita. Aveva appena regolato, a voce bassa e stanca, le luci e la temperatura, quando udì distintamente pronunciare il suo nome, non una, ma venti volte, come in una litania.
Riconobbe chiaramente le voci del padre e della madre.
Non li aveva onorati molto da giovane e poi, da morti, li aveva quasi del tutto dimenticati.
Quanta maggiore compagnia avrebbe potuto far loro se appena avesse capito l'importanza non del significato delle parole, ma del loro suono, soltanto del loro suono.
"Abbiamo creato un mondo" pensò "di gente in coma. Dovremmo tutti parlarci l'un l'altro, continuamente. Chi è in coma non capisce il senso delle parole, ma ne percepisce l' intonazione, l'asprezza, la melodia, e quando nel suono c'è armonia e amore, può anche esserci il miracolo del risveglio. Non sarebbe certo il miracolo di un Dio fuori di noi, ma quello del Dio che potrebbe essere in ciascuno di noi."
Altre ombre passarono davanti agli occhi di Ludovico, altre voci risuonarono nelle sue orecchie, altre immagini si formarono nella zona di proiezione del suo olovideo spento. Tutte immagini di persone con le quali avrebbe dovuto conservare un rapporto, consolidare i legami, rafforzare l'amicizia. E invece no. Il lavoro, le circostanze, il carattere, lo avevano isolato sempre di più, come succede a tanti, forse a tutti.
Capì che quello che gli stava accadendo poteva avere un solo significato: la sua ora era giunta.
Ed era giusto che fosse giunta. Si sentiva davvero troppo stanco. E poi quel lungo mese di pensione se lo era proprio goduto. Non tutti arrivavano a godersi un intero mese. Molti, moltissimi, morivano prima.
La sua era in fondo una bella età: trenta giorni prima aveva compiuto cento anni, proprio l'età minima per andare in pensione.
L'INPS si era da tempo trasformata in IPS, Istituto Pensionamento Sicuro, unico sistema riconosciuto da uno stato generoso ed equanime che, per pareggiare un deficit sempre incolmabile, aveva appunto portato a cento anni l'età minima per andare in pensione.
Ma questo, ricordava Ludovico, mentre gli occhi gli si chiudevano per l'ultimo lungo sonno, era accaduto almeno dieci anni prima, eppure l'IPS, la cui efficienza era garantita da oltre un milione di solerti impiegati, ancora non riusciva ad andare in attivo.
Recenti studi avevano però dimostrato che, con l'attribuzione della pensione post-mortem, si sarebbe riusciti, forse, a risanare il bilancio dell'Istituto, a condizione però che il godimento effettivo del beneficio avesse inizio a decorrere solo dal nono mese dopo la morte, accertata e certificata, del fortunato beneficiario.
STAI LEGGENDO
I Racconti Verità
Short StoryOgni sabato verrà proposto un racconto che ha il sapore della verità, spesso amara, ma, talvolta, capace di esprimere amore e speranza.