Admeto e Alcesti

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Tutti gli innamorati dicono alla persona amata "darei la vita per te, amore mio", ma pochi, fortunatamente per loro, hanno l'occasione di dimostrare che le loro non sono solo parole e che, se necessario, amano veramente al punto di sacrificare la propria vita.

Questo mito narra di una donna che ha amato con tale intensità il marito da trovare davvero il coraggio di sacrificare la propria vita per colui che amava con tutto il suo cuore.

Lei si chiamava Alcesti ed era la più bella delle figlie di Pelia, re di Iolco; com'è ovvio per una donna della sua bellezza e status sociale, era richiesta in sposa da molti principi e re, ma Pelia, per non alterare i delicati equilibri politici greci, escogitò uno stratagemma per la scelta del prescelto, indisse una gara apparentemente impossibile da vincere: l'uomo che fosse stato capace di gareggiare con un cocchio a cui fossero aggiogati un leone ed un cinghiale selvatico, avrebbe ottenuto come premio Alcesti. La cosa appariva irrealizzabile a tutti, ma tra i pretendenti di Alcesti vi era anche Admeto, re di Fere, il quale aveva avuto la fortuna di ospitare Apollo quando il dio fu punito da Zeus per aver ucciso i Ciclopi. La punizione consisteva nel servire un mortale per un anno e il mortale scelto da Zeus fu proprio il nostro Admeto, il quale trattò talmente bene Apollo che questi non poté non essergli grato. Infatti non gli negò un aiuto quando questi gli chiese di fargli vincere la gara che avrebbe decretato lo sposo della bella Alcesti. Le malelingue dell'epoca sostengono che Apollo aiutò Admeto anche perché segretamente innamorato di lui; che fosse o meno così, il dio aiutò Admeto, catturò un leone e un cinghiale e li domò, successivamente li diede ad Admeto e questo si presentò alla reggia di Iolco con i due animali, non poteva certo non vincere la gara e così coronò il suo sogno d'amore sposando la bella Alcesti.

Si narra che i due innamorati vivevano felici nella loro unione, nonostante un inizio non proprio da favola, dato che Admeto dimenticò di celebrare i riti ad Artemide com'era d'uso fare prima dei matrimoni, e la dea, offesa, fece sì che Admeto, la prima notte di nozze, anziché trovare nel talamo nuziale la bella moglie, trovasse un nido di serpenti. Ancora una volta Admeto corse a chiedere aiuto ad Apollo e questi, ancora una volta, lo aiutò intercedendo presso la sorella Artemide la quale, una volta ricevuti i sacrifici di rito, placò la sua ira e acconsentì anche, dietro richiesta di Apollo, che quando fosse venuto il giorno della sua morte, Admeto potesse evitare il trapasso se qualcuno avesse preso il suo posto. Ma le Moire avevano in serbo una brutta sorpresa per Admeto; infatti il giorno della sua morte arrivò molto prima di quanto egli stesso pensasse e Thanatos andò a prelevarlo per portarlo nell'Ade. Anche questa volta intervenne Apollo, il quale fece ubriacare le Moire facendo guadagnare tempo a Admeto. Questi si recò subito dai propri genitori chiedendo loro di morire al posto suo, come gli era stato concesso, i genitori non cedettero alle suppliche del figlio e risposero che anche loro volevano vivere e godere delle gioie della vita finché non fosse giunto il loro momento. Vedendo che nessuno era disposto a salvare il marito, nemmeno un soldato ferito sul campo di battaglia, Alcesti, dopo aver stretto forte a sé lo sposo, bevve un veleno e silenziosamente raggiunse l'Ade al posto dell'amato Admeto.

Giunse a Fere Eracle con tutti gli Argonauti e vedendo il vecchio amico Admeto così devastato dalla morte della moglie, gli si avvicinò e all'orecchio gli sussurrò qualcosa, mi piace pensare che Ercole abbia sussurrato una frase del tipo "La riporterò amico mio, è con te che deve stare", ma ciò che disse non siamo tenuti a saperlo.

Passarono i giorni quando ad un tratto si ripresentò Eracle alla reggia di Fere, assieme a lui questa volta vi era una fanciulla, la quale indossava un velo che le copriva il volto; l'eroe la presentò al re ma quest'ultimo con fermezza la rifiutò affermando che sarebbe stato fedele fino alla morte alla sua amata; L'eroe lo invitò a sollevare il velo e dopo averlo fatto, Admeto la vide, era Alcesti, era la sua Alcesti, Eracle infatti era sceso nell'Ade e dopo aver stordito Thanatos con la sua clava aveva preso la fanciulla e l'aveva ricondotta nel mondo dei vivi. I due continuarono a vivere felici e regnarono insieme su Fere.

Di questo amore così profondo, coraggioso e sincero, rimase colpito anche Platone, che nel Simposio scrisse: "Soltanto quelli che amano vogliono morire per un altro: sia gli uomini che le donne. E Alcesti figlia di Pelia offre l'esempio perfetto di questa verità: poiché lei sola volle morire per il suo uomo, che pure aveva padre e madre. Ma a tal punto essa li superò nel legame che nasce dall'amore, che li fece apparire estranei al figlio, e legati a lui solo dal nome. Compì quest'atto, ed esso parve tanto bello non solo agli uomini, ma anche agli dèi che costoro, sebbene abbiano concesso il privilegio di tornare in vita solo a pochissimi fra tutti gli uomini che fecero azioni mirabili, rimandarono Alcesti dall'oltretomba alla luce, ammirati per il suo atto - poiché anche gli dèi onorano più di ogni altra virtù e gloria il bene che nasce dall'amore."



Spazio autore: Ciao ragazzi, come al solito spero che la storia vi piaccia e se così votate e lasciatemi un commentino qua sotto.


Buona Lettura

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