Diego
Mi piacerebbe dirti che per nove anni sei stata fuori dalla mia testa, che non ti ho pensato nemmeno un istante, che quando aprivo l'annuario di scuola non mi soffermavo troppo sulla tua foto. Un volto come un altro, un'adolescente come un'altra. Ma tu, come le altre, come tutti gli altri, non lo sei mai stata.
Eri una legione di mostri chiusa in un corpo, un pantano di meschinità in cui mi sono infilato fino alle ginocchia.
No, non è vero che per nove anni ti ho messo da parte, anche se mi sono convinto del contrario. Sei sempre stata con me, a ricordarmi che se avessi avuto un po' più di coraggio tutto avrebbe brillato, sei sempre stata con me, a rovinarmi le giornate. Sei sempre stata in tutte le parole che non sono riuscito a dire. Nelle parole che uscivano come lamenti afoni.
Non ti ho mai dimenticato Enola, sei stata il male che mi ha corroso da dentro e il bene che mi ha rimarginato. Non ti ho mai dimenticato anche se avrei voluto farlo, avrei voluto dimenticare le cose belle che mi sono perso.
Ti ho visto in televisione tempo fa. Stavo guardando il telegiornale, come avevo promesso a una carogna anni prima. Era appena iniziato lo spazio cultura del tg, e in quel salotto ovale, davanti a quel presentatore saccente, seduta su una poltrona rossa, stavi tu. Ho avuto un colpo, un battito si è fermato a metà. Eri tu, con le gambe accavallate, e serena, e con paio di vertiginose scarpe rosse che forse costavano quasi quanto tutto il mio salotto.
Mi è passato davanti in un attimo tutto il liceo, tu e le tue Converse bianche, le tue maglie del mercatino, le unghie con lo smalto rosa sbeccato e lo zaino pieno di scritte di Milena e Nadia. Mi è passata davanti la diciottenne che eri, con quell'aria imbronciata e i sorrisi tirati, le occhiate di bieco e la bocca schiusa che di casto non prometteva nulla. Mi è passata davanti e ho pensato che non c'entrava nulla con quella donna in carriera stretta in un tubino nero, con i suoi capelli lunghi fino alle spalle e dalla piega impeccabile. Non c'entrava nulla con quella donna che sembrava spendere dal parrucchiere lo stipendio medio di un lavoratore.
Quel presentatore non mi è mai andato a genio, troppo pieno di sé, e sì, è un uomo colto, ma ostenta troppo la sua cultura e sminuisce gli altri appena ne ha la possibilità.
Sembravi una squillo di lusso e proprio come una puttana ti avrei voluto scopare. Ti avrei voluto afferrare le caviglie sottili, aprirti le gambe e venirti dentro. Che succede se rimani incinta, Enola? Che succede se rimani incinta di nostro figlio? Te la toglieresti quell'espressione da donna che ha conquistato il mondo? Ti placheresti per stare dietro a qualcosa di più grande? Credo di no, saresti andata a lavoro fino alla fine, fino a quando non ti sarebbero rotte le acque sulla sedia del tuo ufficio. Avresti partorito sulla tua scrivania, un cesareo con il tagliacarte.
Avevi l'espressione serena, sbattevi le ciglia lunghe con grazia come se nella vita ti fosse andato tutto bene. Ma tu sei una sfigata, la tua vita è un lazzaretto come la mia. Senza di me, senza di te, non puoi essere felice, non posso essere felice. Levatela quella maschera da principessa, che al massimo sei il boia.
Accondiscendente, affabile, hai vinto il Nobel per la pace?
Eri tu, ma non eri tu. Non ti riconoscevo più. Che ti hanno fatto Enola, dove sei? Mi manchi da morire. Sei ossigeno, ma poi te ne sei andata. E hai portato con te anche i miei polmoni. Troppo artefatta e impostata, un manichino con la tua faccia. Non eri quella per cui avevo perso la testa.
E quel cretino continua a parlare delle Guerre Puniche per far vedere che sa la storia, e tu che cazzo ci fai lì? Lavori per la Novelli finalmente, c'è scritto in basso sul televisore. Stai lì per promuovere il lancio di un libro sulla storia di Roma, e quello non ti lascia fiatare. Tu lo lasci parlare. Perché stai zitta? Ti sta trattando come se fossi un'ignorante. Tu non lo sei, dimostraglielo, Enola. Perché ti stai facendo mettere i piedi in testa?
E allora, era stato come se mi avessi ascoltato. Hai guardato in direzione della telecamera.
Sorridi, Enola, sei in mondovisione.
Ma tu hai solo alzato un angolo della bocca imbellettata. Mi è partito un brivido dalla nuca e mi è arrivato fino ai piedi. Eccoti, strega.
Eri tu, eri sempre stata tu. Lo stavi facendo parlare di PIL e crisi economica, della realizzazione dei Fori Imperiali e del Vaticano per poi umiliarlo. Eri tu, lo stavi lasciando pavoneggiarsi prima di tirargli il collo e fargli fare una figura di merda nazionale.
Uccidi, Enola, sei in mondovisione.
Hai cambiato posizione sulla sedia, la gonna ti si è alzata un po' di più e qualcuno da casa avrà preso il suo amico in mano - chi l'ha detto che la cultura è noiosa?
Quello parlava, come diavolo era arrivato a spiegare la Guerra di Secessione? Hai iniziato ad annuire, a sorridere, a squadrarlo da capo a piedi.
Eccoti, stai per creare il panico, hai l'Italia che ti guarda. Dai Enola, che sei tu, spaccagli la faccia che ne sei capace.
Hai aspettato che finisse un discorso. Hai dissigillato le labbra e...
«Ma che bravo... Hai finito adesso?»
Ho avuto un'erezione. Devastante. I miei boxer quasi non contenevano più nulla. Sei stata afrodisiaca nella tua atrocità. Ho iniziato a inspirare più forte, hai accavallato le gambe dall'altro lato. Ti sei morsa un labbro, ti sei accarezzata il collo come se per te fosse stato un disagio correggerlo dinanzi al mondo. Ma tu sei bugiarda, e falsa, e quel sorrisino appena accennato ne era la prova. Stavi godendo come la troia che sembravi. Stavi godendo come me che ero sul punto di venirmi nelle mutande. Il presentatore, colpito e affondato, ha riso nervosamente, ha provato a continuare il suo sermone, a pavoneggiarsi ancora un po', senza essere più credibile. Con te che lo guardavi con sufficienza ormai, e l'Italia accasciata sui divani a ridere, l'unica cosa che ha potuto fare è stata mandare la pubblicità.
Sei sparita, sostituita dallo spot della pasta molisana. Ho fissato i campi di grano allucinato.
Torna indietro, Enola. Sconvolgimi ancora una volta. Sai farlo, sono banale e scontato, mi basta vederti e tutto diventa nuovo anche se l'ho già fatto mille volte.
Asia era accanto a me. Stava leggendo Vanity Fair. L'ho guardata qualche istante, cercando nei suoi tratti qualcosa di tuo. Devo averla fissata troppo, perché a un certo punto ha abbassato la rivista e mi ha rivolto uno sguardo interrogativo. L'occhio le è caduto tra le mie gambe, sul pigiama che tirava troppo.
«Che hai?» ha chiesto maliziosa.
Me ne sono uscito con un romanissimo «Amò, c'ho voglia.»
Era abbastanza predisposta quella sera a lasciar prendere le redini a me. Me la sono scopata da dietro, non la volevo vedere in faccia. Poi ho spento anche la luce, perché lei aveva i capelli biondi e tu li avevi quasi neri. Nel semibuio della camera da letto glieli ho afferrati mentre le sprofondavo dentro.
E per ogni maledetto attimo ho pensato che ci stessi tu lì, piegata davanti a me, che fossi tu a pregarmi di non fermarmi, a boccheggiare il mio nome con la faccia schiacciata contro il cuscino.
«Di' il mio nome...» aveva supplicato Asia, tra un ansimo e un gemito.
Mi devono ammazzare prima che lo dica.
«Diego...» insistette.
«Stai zitta, cazzo.» gli ho intimato in un orecchio, mentre con i pollici cercavo sopra il bacino le fossette di Venere che tu avevi così pronunciate.
L'ultima frase ha avuto ancora più effetto del suo nome scandito lettera per lettera. Asia ha avuto un orgasmo violentissimo, si è accasciata su se stessa mentre io, disperato, pregavo che fossi rimasta incinta di nostro figlio.
Alla fine Asia era appagata e più felice che mai, a pezzi si è addormentata.
Io, invece, ho pianto.
Ho inserito questo capitolo su Anche ora-Uncensored per il linguaggio e le scene forti. E' un insieme di riflessioni che credo aiutino a capire come la convivenza con Asia non sia stata esattamente elettrizzante, Enola lo ha tormentato lo stesso D:
Il prossimo capitolo sarà sempre dal punto di vista di Diego e vi anticipo che sarà ambientato in ospedale.
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ANCHE ORA-Uncensored
RomansaQuesta storia contiene una doppia versione di alcuni capitoli dell'opera ANCHE ORA-Il castello del tempo.