Capitolo 1

25 3 0
                                    

La pioggia continuava a scendere sempre più forte, il rumore dell'acqua che colpiva il suolo era la colonna sonora della tempesta che sfuriava fuori quelle mura. Le finestre erano come rigate da quel temporale, il freddo gelido di quella notte filtrava da queste ultime, semiaperte a causa del volere del padrone di quella stanza.

Si voltò verso il suo letto: le coperte erano sparse come i suoi stessi pensieri in quel momento, i cuscini erano perfettamente allineati lungo il bordo del letto. La luce emanata dalla sua piccola lampada illuminava parzialmente la scena che presentava la sua camera. Era abbastanza grande per lui, forse troppo. L'armadio occupava almeno metà della parete laterale, e solo le sue Dee sapevano quanti vestiti ci fossero lì dentro, tutti cuciti su misura dai sarti migliori del suo grande Impero. Dal lato opposto si trovava il suo bagno personale, le mattonelle bianche spiccavano anche adesso, nonostante la notte offrisse solo nuvole pronte a coprire la luna, luminosa come sempre. Quella sera, però, non si sarebbe presentata a schiarire il suo viso come faceva quando si alzava irrequieto in queste ultime notti.

Quell'enorme stanza, così piena di oggetti, mai come in quel momento gli era sembrata più spoglia e vuota.

Diede un ultimo sguardo al suo letto, dove continuava ad immaginare l'odore di sua moglie e i suoi capelli biondi come l'oro prima che si alzasse per mettere in atto ciò che avevano deciso di fare. Era un piano folle ma strabiliante allo stesso tempo, un'idea che solo una mente come la sua donna poteva partorire.

La sua mente venne attirata nuovamente dal paesaggio infernale che si stagliava lì fuori. Gli alberi si muovevano come a volersi liberare dal loro tormento, le foglie schizzavano via dai loro rami e volavano via, lontane dal suo campo visivo. I suoi occhi catturarono solo in parte il territorio che lui stesso aveva creato ed aveva aiutato a evolvere, il Regno che tutti adoravano e nessuno aveva intenzione di distruggere. Prima di lui, suo padre fece crescere questo piccolo bambino e suo padre ancor prima di lui. Un'intera dinastia di re e principi aveva governato su queste terre e le aveva rese ricche e fertili, i loro sudditi li adoravano senza aver timore di loro, i figli dei loro cittadini vivevano felici e senza paura. Tutti prosperavano, tutti sapevano cogliere i problemi e li sapevano affrontare.

Si ritrovò a sorridere, un sorriso amaro e stanco. Tutto arriva ad una fine, anche le storie più belle trovano un punto nella storia. Anche i migliori presto trovano la pace, persino un re come lui avrebbe trovato una fine, anche se questo significava sopportare un dolore lento e penoso.

Le prime grida di quella notte arrivarono alle sue orecchie come un suono ovattato e privo di energia. Poteva sentire i suoi lupi ululare e uscir fuori gli artigli, senza però muovere un passo. Lui era i suoi lupi e loro erano lui.

Sapeva che stavano arrivando, mancava poco prima che gli piantassero un coltello ad un centimetro dal cuore. Prese il suo anello e lo portò alle labbra: era di un argento puro e lucente, il volto di un lupo era stato scolpito alla perfezione dall'artista scelto dalle Dee stesse, vero e stupendo al tempo stesso.

Pronunciò preghiere di supplica, sperando che le sue salvatrici lo ascoltassero e facessero quello che desiderava il sovrano del Regno che loro stesso avevano messo al mondo.

"Sanguis meus effuderit
exercitum meus protegetur
vestra Regnum renascitur"

Immediatamente si sentì stanco e debole, percepiva il cuore di quei mille animali battere all'interno dell'anello. Era caldo, molto caldo, ma non avrebbe permesso ai suoi nemici di trovarlo senza forze. Non avrebbe combattuto, sarebbe stata una battaglia persa ed inutile, ma avrebbe lasciato al suo intero popolo un tesoro che avrebbe ritrovato da solo la propria strada.

Infilò l'anello nell'anulare della sua mano destra, la stessa con la quale aveva inferto innumerevoli sofferenze ai suoi nemici con le miglior armi dell'Impero.

La porta venne spalancata, entrarono tre uomini armati e vestiti di tradimento e disonore, pronti ad aspettare degli ordini. Altri due rimasero fuori dalla stanza, entrambi tenevano stretti le braccia di sua moglie, impassibile e rigida. Le lacrime le rigavano il viso bianco marmoreo, ma leggeva nei suoi occhi lo stesso sollievo che provò lui nel non vedere anche la figura di sua figlia.

"Felice di incontrarti nuovamente Julian."

L'ultimo passo verso di lui venne fatto da un giovane uomo dai capelli neri come la sua anima, almeno quello fu il paragone di Julian in quel momento. Il sollievo che aveva provato fin a qualche secondo prima venne spazzato dai sentimenti contrastanti nei confronti dell'ospite che aveva invitato a casa sua, lo stesso che adesso gli si parava davanti. "Mi dispiace vederti in queste condizioni, sembri... rammaricato."

"Deluso forse, ma mai amareggiato. Questo dovresti saperlo, Jonathan."

Queste parole lasciarono le sue labbra con spietata tranquillità, i suoi occhi grigio-azzurri si puntarono in quelli del suo interlocutore. Il suo cuore, nonostante si mostrasse freddo e rigido come gli avevano insegnato fin da bambino, vibrava ad ogni secondo che passava. Il tempo si prendeva beffe di lui, mai come il quel momento si era sentito così solo e sconfortato.

Nessuno dei due aggiunse una parola in più, nessuna frase avrebbe deviato il destino che le loro stesse Dee avevano scritto per ognuno di loro. Erano tutti delle marionette mosse da un volere superiore al loro, i fili che li legavano erano rossi come il sangue e forti come il ferro. Purtroppo anche il miglior metallo può essere piegato fino a prendere la forma che si vuole.

Jonathan si avvicinò a lui con una lentezza straziante, il pugnale stretto lungo la mano destra. Forse quella mano era destinata ad essere la fine di ogni vita.

Il silenzio che sovrastava le loro teste venne interrotto dal grido supplicante di una bambina, la sua bambina.

Sua moglie girò di scatto la testa verso quel richiamo, un segnale di aiuto che finì troppo velocemente. La testa di Julian cominciò a vorticare sempre più forte. Si voltò verso quel Tiranno mentre la madre della bambina iniziava a scalciare e piangere lacrime che nessun avrebbe mai asciugato. "Che cosa hai fatto..." sussurrò con le lacrime agli occhi.

Jonathan accostò le sue labbra all'orecchio del re, "So bene quanto lei la verità, Mio Sovrano" alzò gli occhi verso quest'ultimo "Girerò tutto il mondo affinchè la mia famiglia sia l'unica a regnare"

La lama del coltello colpì fino in fondo il cuore di Julian. Boccheggiò in cerca di aria, le mani s'imbrattarono di sangue. La sua vista sbiadì, le forze lo abbandonarono per sempre, ma non prima di vedere il suo assassino afferrargli la mano per impossessarsi dell'anello della sua famiglia, la nuova corona.

Sentì per l'ultima volta l'ululato del suo esercito mentre il Regno cadeva nelle mani di un dittatore.

AmatisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora