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«Li odio! Io li odio!»

Urlò Hinata in lacrime tra le braccia dal moro che lo tratteneva, mentre il cadavere del suo amico veniva portato via dall'ambulatorio.

«Dovrebbero sparire! Ecco cosa dovrebbero fare...»

Continuò infuriato il più piccolo, con il volto rigato dalle lacrime di dolore causate dalla perdita.
Kageyama tentò in tutti i modi di farlo calmare, ma i sensi di colpa lo stavano martoriando dall'interno.
Era stato lui ad uccidere quel ragazzino, una sera in preda alla fame. Si era lasciato prendere dal suo istinto e aveva ferito il suo amico, che ora si stringeva a lui cercando un po' di conforto.

«Perché proprio Kenma...»

Disse con ma voce incrinata dal pianto, alzando lo sguardo.

Kageyama non rispose, limitandosi a negare lentamente con la testa, posando poi la fronte sulla sua. Non riusciva a vederlo in quello stato, soprattutto sapendo che fosse per colpa sua.
Non si sarebbe più lasciato governare dalla fame, a costo di mangiarsi un dito.

Coccolò il suo Hinata fino a che non si calmò, poi lo accompagnò fino a casa, salutandolo.

«Kageyama... »

Il diretto interessato fermò i suoi passi, girandosi verso Shoyo.

«Dimmi.»

Dopo qualche secondo di esitazione, rispose.

«No... Niente. Buonanotte.»

E corse in casa.
Hinata, dentro di se, aveva percepito che quello fosse il momento adatto per dichiararsi, dopo una giornata per lui orribile voleva ringraziare Tobio per essere rimasto al suo fianco, ma come al solito, fu troppo codardo per rivelare i suoi sentimenti.
E ancora una volta, si nascose sotto le coperte con il petto pesante.

Il giorno seguente Hinata saltò scuola, con il permesso della madre ovviamente. Kageyama l'aveva immaginato.

In classe si ritrovò immerso nei suoi pensieri. Scavò nel suo passato, cercando di capire quando e come aveva iniziato a provare qualcosa per il suo migliore amico.

Tutto era iniziato quando si trasferì con i suoi genitori in una modesta cittadina del Giappone, vicino a Kyoto. Non conosceva nessuno, quindi spesso e volentieri si ritrovava a giocare tutto solo al parco.
Poi, un giorno, un raggio di sole entrò a far parte della sua vita.
Un bambino dai folti capelli arancioni gli rivolse per primo la parola, chiedendogli se volesse giocare con lui.
Aveva lo sguardo innocente, come adesso d'altronde, gli occhioni castani brillanti e pieni di vita. Aveva un accenno di lentiggini sulle guance e sul naso, che con il tempo si erano perdute. Iniziarono a vedersi tutti i giorni per giocare. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana il loro legame si rinforzava, fino ad arrivare ad oggi, più forte che mai. L'amore che provava Kageyama per Hinata, non è un colpo di fulmine, una cotta, attrazione. Quello che provava per lui era molto di più.
Era nato lentamente, come un senso di protezione verso di lui, ed era cresciuto piano piano, senza che nemmeno se ne accorgesse.
Kageyama era innamorato di Hinata, ed era sicuro che il suo amico ricambiasse, ma non voleva fare la prima mossa. Voleva lasciarla fare all' altro, per quanto gli fosse difficile. Doveva farcela.

————

Tobio suonò il campanello dell'appartamento di Hinata, attendendo risposta che non tardò ad arrivare.
Salutò cordialmente la madre per poi dirigersi in camera del suo amico.

«Ehi.»

Shoyo rispose con un mugolio, distratto dal telefono che stava usando.

«Stasera usciamo?»

Andò dritto al punto.

«Mhmh, certo. Stai qui ora?»
«Come vuoi. Più tardi devo parlarti di una cosa. Una cosa molto importante, molto.»

Sottolineò la parola molto, riuscendo ad attirare le attenzioni del rosso.

«Cosa?»
«Ne parliamo questa sera.»
«Ma ora sono curioso.»
«Dovrai aspettare, per favore. Non è una cosa semplice da dire.»
«Oh... Okay, come vuoi.»

Borbottò Hinata arrossendo leggermente, alzandosi dal letto ed avvicinandosi al suo amico.

«E ora che facciamo?»
«Guardiamo un po' di tv?»

In risposta annuì, alzandosi e andando in salotto seguito da Tobio.

Alla televisione la mamma stava guardando il telegiornale che parlava dell'attacco di un ghoul.

«Secondo le analisi delle secrezioni del kagune, possiamo constatare che si tratti di un bikaku.»
«Non capirò mai tutte queste cose, i ghoul sono così strani e complicati.»

Sbuffò Shoyo, incrociando le braccia al petto.

«No.»
«No?»
«No. Sono molto semplici da comprendere, in realtà.»
«Tu sai cosa significhi bikaku?»
«Si. I ghoul hanno un organo in più rispetto a noi, chiamato kakuhou, che contiene le cellule Rc.»
«Cosa sono le cellule Rc?»
«Sono cellule speciali che i ghoul sono in grado di cristallizzare a loro piacimento. Quando succede, creano la Kakune.»
«Ma come? Cioè, come fanno ad uscire?»
«Perfora la pelle.»
«Oh... Come fai a sapere tutte queste cose?»

Kageyama pensò per qualche secondo alla risposta.

«Mi piacciono, più o meno. Mi affascina il modo in cui il loro corpo lavora, ecco.»
«Okay! Quindi, spiega.»

Sorrise, scompigliandogli poi i capelli arancioni.

«Ci sono 4 tipi di cellule Rc: Ukaku, Koukaku, Rinkaku e Bikaku. Ukaku si trovano sulle spalle ed assomigliano a delle ali. Koukaku si trova sotto la scapola ed è molto più pesante e complicata da controllare rispetto alle altre. Rinkaku si sviluppa intorno alla vita, sulla schiena, ed è simile a dei tentacoli. È più fragile degli altri tipi di kagune, ma anche la migliore, i ghoul rinkaku sono più veloci, con capacità rigenerative migliori, hanno maggiore resistenza e riflessi. Poi ci sono i bikaku, che prende la forma di una coda ed è molto resistente, di solito si trova intorno alla zona del coccige.»
«La più figa è sicuramente quella con i tentacoli.»

Disse Hinata ridacchiando e alzandosi in piedi sul divano, iniziando ad urlare e imitare un combattimento.

«Si beh... Però i Rinkaku sono molto più violenti rispetto agli altri ghoul.»
«Figo anche questo!»
«Non proprio.»
«Sono come i boss dei videogiochi!»

Kageyama non capì esattamente la sua frase, ma decise di annuire in assenso.

Verso le sette di sera i due uscirono di casa, salutando la donna con i capelli rossicci.
Hinata era coperto fino alla punta del naso: con la sciarpa di Grifondoro, il cappotto di una taglia più grande di lui e il cappello con tanto di pompom.
Uno affianco all'altro, si incamminarono per le buie strade di Kyoto.

«Allora, uhm, Kageyama... Cosa mi volevi dire?»
«O-Oh...»

Il moro sperava con tutto se stesso che Hinata si fosse dimenticato di quello, temeva di riverargli chi fosse veramente, quale fosse la sua vera natura. Un predatore, un bullo, ecco cos'era.
Gli si contorse lo stomaco in una morsa, mentre il suo visò sbiancò.

«Io... C'è una cosa che non ti ho mai detto...»
«Lo sai che puoi dirmelo, vero?»

Kageyama annuì, mandando giù a fatica il groppo alla gola.
Prese per il braccio il suo amico, trascinandolo verso un quartiere poco affollato, al sicuro da orecchie indiscrete.
Si posizionò davanti a lui, prendendogli entrambe le mani.

«Io non sono chi pensi che io sia.»

Ghoul [Kagehina]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora