8

20 4 5
                                    

Soltanto quando misero piede nel bosco smisero di correre.
Camminavano lentamente, col fiatone, strisciando i piedi e le zampe per terra.
- Wow, Bianca... ! Ce-certo che sei una scheggia. - esclamò e le diede una carezza sulla testa. Lei rispose con un abbaio forte e fiero.
Continuarono a camminare.
- Non sapevo s-si potesse entrare qui d-dentro... - si guardava attorno con circospezione, osservando ogni minimo dettaglio. Neanche si rese conto che i suoi passi erano silenziosi come quelli d'un gatto; forse si era abituato a non fare rumore per non farsi notare dal padre.
Gli era tutto così nuovo.
L'aria era fresca e gli alleggeriva il peso sul suo cuore a ogni respiro che prendeva. Sentiva i cinguettii degli uccelli, il fruscio delle foglie, anche il vento che soffiava lieve e che gli spostava tutti i capelli sugli occhi.
Vide una panchina.
- Oh, meno male! Vieni, B-bianca. - la tirò poco per sveltirla e arrivare prima alla panchina.
E finalmente poté sedersi.
Bianca, giustamente anche lei stanca, fece un giro su se stessa e balzó sulla panchina accanto al padrone, poggiando la testa sulle sue gambe.
- Aw... - la coccolava con una mano sulla nuca e sul dorso, anche se gli si impigliarono dei peli nelle bende.
Posò lo sguardo verso la cima dei pini, così alti ed esili, osservando le nuvole passeggere.
Come sarebbe stato essere una nuvola? Lì, nel cielo, a guardare il resto del mondo condurre la sua vita, senza dover dare conto a qualcuno. QUELLA SÌ che era libertà.
Sospirò, cacciando dai polmoni tutta l'aria che aveva al suo interno. E adesso?
Il petto prese a muoversi a scatti.
A casa che gli sarebbe successo?
Gli si irrigidirono i muscoli.
- Cazzo... ! - mormorò con gemito di frustrazione. Si portò le mani dietro la testa, lasciando il guinzaglio di Bianca.
- Q-quella merda... mi u-ucciderà... - ammutiva le parole più tremanti, bloccandole in gola.
" Uccidilo prima tu, allora... che ti costa? "
- Uhm? C-cosa...? -
" Prendi un coltello, lo sgozzi come un maiale e fatto! Lieto fine! ".
Ma lui negava con la testa, tappandosi le orecchie. Vedeva sfocato.
" Mamma sarebbe più felice... Lyra non ti tormenterà e tu potrai essere un ragazzo normale! "
- Shhhhh! Non v-vi a-ascolto! - si curvò, strizzando gli occhi per non far scendere le lacrime.
Sperava che qualcuno gli fermasse la testa: stava vorticando troppo, si sarebbe staccata a momenti.
" Non ti piace l'idea di essere normale? O ti piace vedere mostri, mangiarti le mani e balbettare? Sei così masochista che ti piace averci nella tua testa?! ".
Stava in iperventilazione.
Bianca lo colpì col muso sul braccio, mordendogli la giacca. Guaiva il più forte possibile con la coda fra le zampe.
Si lasciò scappare un verso di disperazione: afferrò Bianca e la abbracciò forte.
Gli faceva male il petto, il cuore più precisamente.
- Zitte... z-zitte... - sibiló affinché si calmassero, ma era del tutto inutile.
Strinse i denti. Perché stava iniziando a vedere nero? E perché sentiva un ronzio nelle orecchie?
- Hey, ti senti bene? -.
Toby fu catapultato di nuovo alla realtà. Alzò lo sguardo, incontrando quello di un altro ragazzo.
Il ragazzo teneva poggiata sulla sua spalla la sua mano coperta da un guanto nero senza dita.
- Tutto apposto? - gli chiese nuovamente. Era inginocchiato alla sua altezza con un' espressione preoccuparta.
Perché gli stava rivolgendo la parola? Perché lo stava toccando?
Bianca si voltò verso lo sconosciuto, scodinzolando.
Non sapeva che dire.
No che non stava bene, stava una vera chiavica!
Rimase a guardarlo impressionato senza emettere suono.
Il ragazzo parve comprendere il suo stato d'animo, però. Si mise a sedere accanto a lui e Bianca gli andò in grembo. La prese per coccolarla come faceva Toby.
- Ho visto che stavi piuttosto agitato, perciò sono venuto per accertarmi che stessi bene. - il tono era così morbido, anche se la voce poteva dar a pensare altro.
- Che è successo? - gli domandò.
Il ragazzo teneva la testa un po' abbassata da un lato, con un lieve sorriso a labbra strette sul viso.
E nonostante sembrasse così gentile, Toby non aveva il coraggio di parlargli. Del resto, parlava solo con la sua famiglia e prima anche con l'insegnante privato. E nessun altro.
Lo sconosciuto aspettò una risposta, ma invano. Sospirò un po' imbarazzato.
- Perdoname, non mi sono neanche presentato: mi chiamo Félix. - gli porse la mano. La ritirò vedendo che Toby ancora non si fidava nè si decidesse a parlare.
Félix, non sapendo come convincere l'altro a parlare, pensò di iniziare prima una conversazione semplice.
- Sai, anch'io ho un cane, a casa. Si chiama Caesar ed è un rottweiler.
Il tuo come si chiama invece? - raccontando ciò, diede un'altra carezza alla cagnolina.
Toby si era portato le gambe al petto e le abbracciava, come per proteggersi dallo sconosciuto.
- ... Bianca. - rispose brevemente, provando ad evitare di far tremare la voce.
- Oh, Blanca... immagino sia un nome italiano o almeno di quel l'origine lì.
È per il pelo, eh? - ridacchió per alleggerire la tensione.
Toby annuì, abbassando le braccia per accarezzare Bianca.
- Come... fai a saperlo? - gli domandò incuriosito.
Era ancora molto diffidente e il suo corpo era come fatto di pietra, ma almeno non si sentiva soffocare a ogni parola che Félix gli rivolgeva.
- Bhe... "Bianca" è molto simile a "Blanca" in spagnolo, che appunto significa bianco. Quindi ho fatto due più due e ecco qui l'ipotesi. - alzò le sopracciglia scure e folte, rendendo il viso ancor più amichevole.
Toby fece cenno di aver capito.
- E perché... conosci lo spagnolo? - domandò ancora. Ogni volta che sentiva che avrebbe balbettato, si prendeva un attimo e poi finiva la frase.
- Sono per metà costaricano e per metà americano: mio padre è di San José. - gli spiegò senza troppi problemi.
Si era accesa una luce di curiosità negli occhi di Toby.
- E tu hai... mai visto la Costa... Rica? - si girò verso Félix, abbassando una delle gambe. Bianca tornò dal padrone dandogli una laccata e accoccolandosi su di lui.
- Purtroppo no, sono sempre rimasto in questa città. Ma mi piacerebbe un giorno visitarla. -
- Mhm mh. E... com'è lo spagnolo? - esitava a farsi più vicino, ma per fortuna Félix non si faceva problemi ad alzare un po' la voce.
- È molto bello, più dell'inglese, secondo me. Anche se per gli altri è difficile comprenderlo. - sorrise mettendosi una mano dietro la nuca.
- Ah, ahm... comunque s-sono Toby! Piacere... ! - si presentò velocemente con la schiena dritta e con lo sguardo misto tra l'imbarazzo e la preoccupazione.
Voleva che Félix almeno sapesse il suo nome. Forse si sarebbe ricordato di lui un giorno... no? Se non si fossero più rivisti, almeno qualcuno al di fuori della sua famiglia sarebbe stato a conoscenza della sua esistenza.
Félix gli sorrise lieto.
- Toby... è bello il tuo nome. -.

Butterfly Effect Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora