X. Ammissione

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Carla si mise supina nel letto e lentamente aprì gli occhi. Le pareva di stare nella stessa situazione di smarrimento di quando faceva le nottate brave a Marina di Carrara tornando a casa il pomeriggio successivo, andando a dormire due orette prima di cena e svegliandosi non capendo nemmeno quale giorno della settimana fosse. In questo caso, la piccola differenza stava nel fatto che, in quel momento, Carla pareva aver dimenticato in quale anno si trovasse e questo pensò fosse decisamente più grave. Si stropicciò gli occhi sbadigliando e, presa coscienza di essere nella camera degli ospiti dello zio, inspirò tutta l'aria che poté e la rilasciò in un sospiro lunghissimo: voleva assicurarsi di essersi veramente svegliata in quella realtà e di non essere ancora persa nei vaneggi del dormiveglia.

Sopra il comodino alla sua sinistra, ritrovò con lo sguardo la minuta clessidra dalla sabbia verde, che nella sua immobilità sembrava emanasse silenzio. Carla l'aveva posizionata appositamente lì sopra in modo che, qualora le fossero venuti gli ennesimi dubbi sul perché e sul per come si trovasse lì, con una sola occhiata avrebbe prima maledetto e poi ringraziato l'oggetto per averle ricordato che sì, si trovava senza via di scampo nel 2009.

"Senza via di scampo..." mugugnò Carla girandosi sul lato destro dalla parte della finestra aperta. Constatò che il sole era sparito dal cielo già da un po' e allora consultò immediatamente l'orologio al suo polso per capire per quanto tempo si era assentata da tutte le preoccupazioni che, altrimenti, l'avrebbero assillata. Lesse a mente "8:34" e rimase con lo sguardo fisso fuori dalla finestra a contemplare le Alpi Apuane che si stagliavano fiere a pochi chilometri da lei, avvolte dalla seta del cielo all'imbrunire. La mente di Carla stava vagando con la stessa leggerezza di quelle poche soffici nuvole che macchiavano il cielo e viaggiava così velocemente da oltrepassare le barriere spazio – temporali: all'improvviso davanti ai suoi occhi, un palco e migliaia di persone gremivano l'area circostante. Poteva sentire la musica un po' ovattata crescere nelle sue orecchie che lentamente le si riempirono di quelle note che conosceva a memoria e di quella voce un po' sporca che riusciva ad imprimere, assieme alle parole, i sentimenti sulla pelle. Intorno a lei c'era ora un boato assordante, continuo, la gente gioiva, urlava, piangeva, rideva finché non iniziò a scemare pian piano, fino a che Carla si rese conto che quello che stava ascoltando era il frinire continuo delle cicale nel giardino del condominio. Rimase immobile chiudendo nuovamente gli occhi, sforzandosi di tornare a sentire l'eco di quella voce che riusciva a trasportarla ovunque, anche in posti che a lei non sarebbe mai venuto in mente di visitare, soprattutto i luoghi del suo inconscio, dove proprio in quel momento si stava dirigendo, e senza nemmeno l'opportunità di protestare si trovò a cozzare violentemente contro qualcuno.

"Non pensavo di essere così brutto da far indietreggiare la gente" riecheggiò nella testa di Carla e la risata seguente si sparse come spore in tutto il corpo, tanto che si ritrovò come di riflesso a sorridere anche lei. Cercò quindi di fare dietro front, di premere rewind da qualche parte, voleva risentire di nuovo quella frase e quella risata, quelle parole che anche se erano di circostanza, erano per lei come un tesoro da custodire, ma non ci riuscì, e le immagini proseguirono senza sosta, senza obbedire al suo volere. Si sentiva oppressa dal caldo e faceva quasi fatica a respirare, quando avvertì una forte presa sulla mano che non la voleva mollare e Carla strinse allora di rimando, perché a sua volta sapeva che se l'avesse lasciata, sarebbe nuovamente caduta per terra, ma, di punto in bianco la mano svanì nel nulla e lei si ritrovò a cadere all'indietro nel vuoto.

Carla sobbalzò sul letto e spalancò gli occhi repentinamente, credendo che il cuore le sarebbe uscito fuori, da forte che batteva per lo spavento. Rimase con lo sguardo fisso per qualche secondo, non rendendosi conto che la sua mano destra era ancora contratta a simulare una stretta. Appena ne fece caso, distese il palmo, quasi si vergognasse di quello che stava facendo e si portò le mani al volto scuotendo la testa, come nell'atto di rimproverarsi. Fra tutte le cose che le erano successe, l'incontro - scontro con Francesco era quella che aveva proprio preferito archiviare; voleva fare finta che non fosse mai successo, omettendolo nel racconto a suo zio e negandolo a se stessa. Ma quell'evento praticamente soffocato dalla mente di Carla, diruppe a forza nei suoi sogni, come se volesse farsi valere, come a dire che anche lui aveva importanza. E a Carla non toccò che fargli fronte.

Carla odiava ammettere cose di se stessa che trovava imbarazzanti, preferiva ignorarle piuttosto che accettarle, perché per lei sarebbe stato uno smacco personale confermare coscientemente quello che sentiva dentro. E quello che in quel momento stava provando, per quanto si sforzasse di reprimerlo a forza, stava colando da tutte le parti, da tutti i fori e da tutti gli spiragli del suo animo tormentato.

"Madonna ma nemmeno le dodicenni dai..." borbottò col viso ancora tra le mani, rotolandosi poi a pancia in giù, spalmando la faccia sul cuscino. Carla sapeva che in quel momento i suoi sentimenti erano vicini al punto di non ritorno e le veniva quasi da piangere dal nervoso, perché lei, quella cosa non l'aveva né chiesta né tantomeno voluta, proprio come il fatto di tornare indietro di otto anni. Riguardò l'orologio e, sorpresa, si accorse che erano passati soltanto cinque minuti dall'ultima volta che aveva controllato, quando invece credeva fossero trascorse delle ore immersa nei pensieri.

Tirò le orecchie per sentire se in soggiorno c'era del movimento e le giunse una melodia proveniente dalla tv di cui ricordò di averne abbondantemente abusato durante quell'anno. Si raddrizzò sul letto e decise di palesarsi in sala prima che la canzone finisse, così da poterla ascoltare e canticchiare per bene.

"Oh ben svegliata!" esordì David che era intento ad apparecchiare per la cena, mentre Carla era partita a canticchiare I Gotta Feeling davanti al televisore. Sorrise allo zio che ricambiò e, in quel momento, sarà stata la canzone, sarà stata la presenza rassicurante dello zio o la spensieratezza che le portava cantare, Carla si sentì come se, sebbene di poco, le cose si fossero rimesse al loro posto.

Time will make fool of us againDove le storie prendono vita. Scoprilo ora