13. jack

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Ho un solo pensiero fisso nella mente, e non è Caleb, o la verità sulla sua vita o il suo branco.

Il mio unico pensiero è l'oggetto rubato da Jack al suo branco, su cui ho uno strano presentimento.

Accendo la luce della sua stanza, ritrovandomi subito straziata dal silenzio e l'insolito ordine presente: se Jack fosse ancora qui, nemmeno un oggetto sarebbe al suo posto, così come non ci sarebbero tutti questi strati di polvere e l'odore di chiuso.

E' la stanza di una persona che non c'è più, che se ne è andata, e, in questo momento, la solitudine si fa sentire più forte che mai.

Jack era il mio migliore amico, la mia spalla su cui piangere, la mia roccia, e il vedermelo strappare via da un momento all'altro è stato come se una parte del mio cuore se ne fosse andata con lui.

L'unica cosa che mi faceva stare meglio era il pensare che fosse morto facendo il suo lavoro, la cosa che più amava, ma ora, scoperti i rapporti col branco di Caleb, inizio a pensare che le cose siano state molto più tragiche.

Infondo, il suo corpo non è mai stato trovato.

Dio, Jack, che cosa ti hanno fatto?

Apro con lentezza il suo armadio scricchiolante e subito sorrido, ritrovandomi davanti tutti i suoi vestiti, che ancora portano il suo profumo agrodolce.

Passo la mano sui vari capi, ruvidi a causa del tempo ma con ancora i suoi ricordi arricciati fra i fili di tessuto, e devo ammettere che, per quanto provi a trattenermi, una lacrima scende involontaria lungo il mio viso.

La scaccio col dorso della mano, cercando di calmarmi: non sono qui per piangere, ma per risolvere un dubbio.

Affondo le mani fra i vari capi, arrivando fino sul fondo, dove riesco a stringere le mie dita sul piccolo oggetto avvolto nella stoffa morbida, che riporto alla luce.

Lo appoggio con delicatezza sul letto, scoprendolo e rimanendo meravigliata per la seconda volta.

Un piccolo quadro rettangolare che raffigura una spiaggia colpita dalle onde del mare all'alba.

Questo è stato l'ultimo regalo che Jack mi ha spedito, e ricordo di esserne rimasta sorpresa, perché, essendo stazionato in Alaska, in mezzo ai boschi, non mi sarei aspettata questo genere di paesaggio, per quanto mi avesse colpito.

E' davvero bello, ma ho notato subito che non fosse raffigurata la firma dell'artista, e l'ho trovato strano perché è davvero un bel dipinto, sia come soggetto che tecnica.

Alla fine, dopo la sua morte, è finito, come tutto il resto, nel mio armadio, cercando così di limitare il peso dei ricordi e della nostalgia.

Passo la mano sul quadro, sentendo subito la stessa insolita sensazione della prima volta.

E' come se ci fosse qualcosa di nascosto sotto la vernice, qualcosa di ruvido ma fine, quasi come una polvere.

Prendo il quadro e lo metto sotto la luce della lampada, osservando come una leggera lucentezza cerca di emergere da sotto il colore: polvere di perla.

E' una tecnica che alcuni usano per dare brillantezza al dipinto, ma qui sembra quasi che, più che altro, la vernice sia solo un modo per nascondere la polvere, e la cosa mi confonde.

Queste perle devono essere davvero importanti.

Sobbalzo, spaventata dal rumore del campanello: ma chi può essere?

Sistemo il quadro sul letto, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta prima di scendere al piano di sotto, bloccandomi, però, sulla rampa delle scale.

Cuore di cenereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora