𝟬𝟮 ┃ 𝗹𝗶𝗻𝗲𝗲 𝗱'𝗼𝗻𝗱𝗮 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗲𝗿𝗲𝗻𝘁𝗶

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La figura del ragazzo scomparve in un istante e con il cuore in gola mi sporsi verso quella finestra dalla quale era balzato, pregando con tutto me stesso non fosse stato talmente idiota da essersi fatto del male.

Per fortuna lo vidi atterrato in sicurezza, con il mio cellulare ancora stretto tra le mani.

«Vieni!»

«Non obbligarmi a scendere e riprendermi il cellulare con la forza» lo minacciai stanco e frustrato; non avevo tempo per quei suoi giochetti, di certo non in piena notte. «Te ne farò pentire»

«Non se non mi vieni a prendere» rispose provocatorio, sporgendosi verso una bicicletta abbandonata proprio contro il muro. «Vediamo se sei davvero così bravo a correre» disse poi, mettendo in salvo il mio telefono all'interno di una tasca con zip dei pantaloncini, per poi cominciare a pedalare velocemente verso la cima della piccola montagna sulla quale sorgeva il villaggio.

Trattenni un ringhio tra i denti, lanciai di nuovo uno sguardo all'orologio da parete, poi alla porta che mi collegava al resto del bungalow ─ e con la camera dei miei genitori ─, poi abbassai gli occhi sui miei vestiti e lanciai un'imprecazione.

«Quando lo prendo lo uccido» sibilai, poggiando le mani sull'infisso e mi sporsi in avanti. «Dannazione»

Saltai giù a mia volta riuscendo per fortuna ad atterrare correttamente ─ nonostante l'altezza non fosse comunque estrema ─ e non esitai nemmeno un istante prima di cominciare a rincorrere quel ragazzo che tanto faticavo a capire. Lo avevo poco più avanti di me e non importava quanto veloce potesse pedalare, nessuno mi avrebbe battuto né in velocità né in resistenza. Di certo non uno magrolino come lui.

Lo notai voltarsi e controllarmi un paio di volte, riscoprendo sul suo volto un'espressione poco alla volta sempre più agitata. Lo stavo per acciuffare.

«Sei morto!» gli ringhiai nervoso, osservandolo trasalire appena e perdere confidenza con il manubrio della bicicletta. Non ero riuscito a vedere se fosse incappato in una buca, in un sasso o se avesse semplicemente perso l'equilibrio, sta di fatto che ─ per sua enorme sfortuna ─ si trovava in cima ad una piccola discesa che finì con il procurargli diversi danni.

Lo avevo visto inciampare in quella stessa bici, cadere a terra con una mano sporta in avanti e l'altra a proteggersi la tasca dei pantaloncini, per poi crollare a terra e graffiare il corpo per un paio di metri.

Aveva fatto un volo assurdo.

Feci un ultimo sprint, sorpassai la bicicletta a terra e lo raggiunsi in fretta, afferrandogli il polso con il quale aveva recuperato il mio cellulare.

«Preso─» ansimai appena, osservandolo mollare di colpo la presa e farsi sfuggire un piccolo urlo di dolore. Eliminai a mia volta ogni contatto e nemmeno mi resi conto di aver ignorato il mio cellulare a terra pur di controllare le condizioni del suo polso. «Che hai? Ti fa male?» domandai, digrignando i denti nel sentirlo mormorare un "credo di essermelo slogato". «Diamine»

Scorsi poi lo sguardo sulla sua figura, notai le ginocchia sbucciate ─ una più sanguinante dell'altra ─ e diversi graffi anche sul braccio.

«Grande e vaccinato ma non sai mantenere il controllo con una dannata bici?!» lo sgridai, facendogli chinare il capo dispiaciuto. «E vediamo di smetterla con queste pagliacciate. Ti sembra normale cercare di entrarmi in stanza a quell'ora, per poi rubarmi il cellulare?!»

«Non cercavo di entrarti in stanza, volevo solamente che potessi venire con me in un posto...»

«Ma io non ho idea di chi tu sia!» sbraitai allora. «Non so chi sei, non ti conosco, non puoi pensare di poter approcciare così una persona e aspettarti che questa ti offra la sua completa fiducia. Chi diamine credi di essere?!» gli spintonai debolmente la spalla, trattenendomi unicamente perché non ero sicuro si fosse ferito anche quella; in una minuscola parte di me, sapevo si fosse fatto male perché distrattosi a causa dello spavento di sapermi tanto arrabbiato quanto estremamente vicino ad acciuffarlo.

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